Capitolo 17.

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Mentre salivo le scale piuttosto scettica, elaboravo discorsi che probabilmente non mi sarebbero serviti a niente.
'Siete davvero sicuri?' Domandai non molto convinta del piano di Simone che il cubano aveva appoggiato senza pensarci due volte.
'Devi solo entrare, ti parlerà, vedrai.' Sentenziò il biondo con un lampo preoccupante negli occhi.
Mi fermai improvvisamente e feci dietro front pronta per tornare indietro e lasciar perdere.
Se non voleva rivolgermi la parola non potevo costringerlo ed il piano di Simone era una stupidaggine cioè entrare lì e costringerlo ad ascoltarmi, ovvio come se non ci avessi già provato.
Venni presa sottobraccio dai due con Emma che rideva in maniera sguaiata e mi trascinarono con la forza fino alla porta della loro stanza mentre mi dimenavo come un toro alla corrida.
'You're like a drama queen!' Senteziò Emma ridendo ed io le feci una linguaccia.
Forse ero davvero esagerata a volte, ma non mi piaceva fare le cose per costrizione, dovevo farle io di mia spontanea volontà.

'Per favore, vi voglio bene lasciatemi andare.' Li pregai mille e mille volte ma non vollero sentire ragioni.
Aprirono la porta e mi buttarono letteralmente all'interno. Dico proprio mi buttarono perché con la mia innata goffagine finì per inciampare in qualche valigia messa molto disordinatamente in mezzo alla stanza, e piombai tra le braccia di Filippo che per mia fortuna si apprestò a prendermi al volo.
Certe cose non sarebbero mai cambiate.

'Quella è la mia valigia.' Sbuffò preoccupato che avessi potuto romperla.
'Sei un disordinato del cavolo, stavo per uccidermi.' Sbuffai mandando gli occhi al cielo mentre ero ancora lì tra le sue braccia e non aveva intenzione di lasciarmi andare.
'Sai, questa è la mia stanza e tu non dovresti essere qua.'
'Già..' Sussurrai mentre con la testa mi perdevo.
Guardai i suoi occhi verdi combattuti, era felici che fossi lì ma allo stesso tempo non era una situazione che gli andava particolarmente a genio.
Si inumidiva le labbra ogni tre secondi, segno che si trovava visibilmente a disagio dopo quello che aveva detto ed il cuore gli batteva fin troppo veloce, o forse era il mio che stava scoppiando.
Solo in quel momento notai che fosse senza maglietta e le mie guance si tinsero di un rosso acceso.
'Puoi metterti qualcosa addosso per favore.'
Mi ritrovavo in imbarazzo, un imbarazzo che non mi apparteneva, cioè avevo passato giorni a casa di Angelo e non lo obbligavo di certo a vestirsi, o Simone o Einar, ma con lui era sempre tutto diverso.
'Ti crea problemi?' Domandò con un sorrisetto sbilenco e provocatorio che mi fece solo inorridire.
Non dissi nulla e lui non sembrava avere intenzione di muoversi finché tre secondi dopo non sentimmo la porta fare uno scatto dopo l'altro.
Scattammo sull'attenti ed io mi avvicinai alla porta per appurare la mia teoria.
'Ci hanno chiusi dentro.' Sbuffai dando un colpetto al porta e facendomi addirittura del male. Non mi avevano detto questa parte le piano, maledetti.
Filippo nel frattempo si era degnato di indossare una t-shirt bianca ed io mi sentì più concentrata e sollevata.

Lo vidi mettersi le cuffie e per poco non mi venne voglia di stringergliele intorno al collo.
'Che cavolo fai?' Urlai in preda all'esasperazione e lui con ovvietà mi mostrò il cellulare attivo con la riproduzione casuale di itunes.
'Ho bisogno di parlare con te Filo per favore.' Se non mi avesse dato retta sarei stata costretta a lanciargli fuori dalla finestra quel maledetto telefono.
Lo guardai con gli occhi pieni di speranza e rassegnazione, con gli occhi di chi non ne poteva letteralmente più.

'Ascolta Daphne non credo ci sia bisogno di spiegazioni, riusciremo ad avere un rapporto civile in casetta non preoccuparti.' Si apprestò a puntualizzare le cose e tornò a fare quello che stava facendo.
Presa dalla rabbia, dallo sconforto e dalla voglia di piangere gli tolsi il telefono dalle mani per poi lanciarlo sul letto di Simone.
Mi lanciò uno sguardo omicida che feci finta di non vedere.
'Devi soltanto ascoltarmi, dopodiché chiamo Simone e mi faccio aprire per andare via e potremo anche non parlaci mai più.' Lo sentì deglutire in preda all'ansia e mi fece cenno con gli occhi di parlare.

Nessun grado di separazione [Irama Plume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora