Capitolo 11.

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'Quindi siete davvero una coppia ora?' Mi chiese Simone per l'ennesima volta, voleva esserne sicuro diceva, ed io risposi affermativamente ancora.
Mi strizzò le guance con una forza inaudita ed io quasi piansi dal dolore.
'Belli come sono contento shawty.'
Mi massaggiai le guance doloranti e sbuffai.
Erano state giornate pesanti le precedenti, non facevamo altro che provare o avere ore troppo vuote.
Avevamo dei brani nuovi da poter mostrare ai direttori artistici in aggiunta a quelli che dovevamo preparare di solito.
Per fortuna la giornata era quasi finita e potevamo cambiarci e andarcene in hotel.
Uscì cercando il mio blondie e non lo trovai, gli avevo chiesto di aspettarmi ma ovviamente quello che chiedevo io non lo consideravano mai.
Mi guardai intorno fuori dagli studi e sbuffai ripetutamente per poi iniziare a incamminarmi verso l'hotel quando mi trovai davanti una figura di mia conoscenza.
'Ehi che ci fai qui?' Domandai curiosa guardandolo e lui mi prese la mano.
'Vieni ti porto in posto' Sorrise, uno dei sorrisi più limpidi che io gli abbia mai visto fare e mi sciolsi.
'Filo dove andiamo?' Lui per tutta risposta sbuffò.
'Fai sempre così tante domande.' Mi canzonò ed io gli pizzicai il braccio.

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Camminammo un bel po' e usufruimmo anche della metropolitana. E ci ritrovammo sulla terrazza del Gianicolo.
Da lì potevamo vedere tutta Roma, e Roma era così bella.
Maledì Filippo per il giro immenso che ci aveva fatto fare ma non potei non rimanere estasiata.
Il sole era tramontato da poco e Roma di notte era così illuminata che non sembrava neanche notte.
'Come mai?' Domandai guardandolo, era così impacciato sembrava in ansia.
'Volevo fare qualcosa di romantico.' Abbozzò ed io gli lasciai un bacio sulle labbra.
'Roma è la città eterna, magari ci porta bene.' Continuò ed io risi di gusto.
'Non me lo sarei mai aspettato da lei signor Plume, non la facevo un tipo da queste cose.' Ironizzai e lui si grattò la nuca in imbarazzo. Quel suo gesto mi mandava letteralmente al suolo. Adoravo vederlo così timido.
'C'è sempre una prima volta signorina Lacey.'
Mi appoggiai al muretto e lui si appoggiò a me.
'Sei così bella.' Sussurrò passandomi una mano sul viso e io mi sentì avvampare, poi mi prese la mano sinistra e la intrecciò con la sua.
Si soffermò a guardare il tatuaggio sul mio pollice e sulla mia mano e lo accarezzò con le dita.
Adoravo i miei tatuaggi come adoravo suoi.
Eravamo così strani noi due, così diversi e allo stesso tempo così simili.

'Mi riconosci ho le scarpe piene di passi
la faccia piena di schiaffi
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.'

Canticchiò poi si avvicinò per lasciarmi un bacio sulle labbra.
Portai una mia mano tra i suoi capelli e le sue mi reggevano i fianchi.
La chimica, il bisogno, la passione di quel bacio l'avrei sentita per sempre probabilmente.
Eravamo così bisognosi l'uno dell'altra ma allo stesso tempo troppo orgogliosi per lasciarci andare davvero, per ammetterlo.
Eravamo ancora così impacciati insieme, dal nostro primo bacio erano passati esattamente quattro giorni ma ogni tanto continuavamo ad avere timore dell'altro.
Non sapevo così tante cose di Filippo, come lui non le sapeva di me, e sperai solo avessimo avuto tempo di scoprirle.

'Se solo Einar non ci avesse interrotto quella sera sulle scale saresti stata mia già da un pezzo.' Sbuffò prendendosela con il cubano, si volevano così bene, due anime gemelle.
Ridacchiai e ci pensai su. Aveva ragione, probabilmente non ci avrebbe fermati niente quella sera, ma aspettare ci aveva reso più consapevoli.
'Non prendertela con lui, non è colpa sua se sei impacciato.' Lo provocai ridendo.
Un guizzo luminoso passò nei suoi occhi verdi, e avrei giurato che avrebbe illuminato lui Roma con quegli occhi.
Mi baciò di nuovo, stavolta per provocazione ed annaspai. Mi faceva mancare l'aria e al tempo stesso non avevo bisogno di altro.
'Ah cosa mi fai.' Sussurrò quasi per paura di farsi sentire dal mondo, come se volesse nascondere i suoi sentimenti, cosa che faceva spesso se non sempre.
Si passò una mano tra i capelli come se fosse frustrato, e io mi chiesi se fossi io la causa ma non dissi nulla, non era tempo delle paranoie.
'Che ne dici di tornare?' Mi chiese distogliendomi dai miei pensieri e io mi limitai ad annuire.

Nessun grado di separazione [Irama Plume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora