Four

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"The most beautiful art is
Looking into someone's eyes
When they talk about the
Things they love."

Viktor non era mai stato agitato per un appuntamento, non era il tipo. 
Non aveva visto Yuuri da nessuna parte quel giorno e lo stava aspettando in giardino da quasi venti minuti. 
Quando ormai si era rassegnato e si stava avviando verso la nave sentì una voce chiamare urgentemente il suo nome, Yuuri stava correndo verso di lui trafelato e prima che riuscisse a parlare passò qualche minuto.
 
“M-Mi dispiace c-così tanto Viktor! Il professore mi ha voluto trattenere per parlarmi del pessimo voto che ho preso all’ultima verifica e non voleva lasciarmi più andare. S-Scusa davvero il ritardo, capirò se vorrai andartene e..”
“Sono contento che tu sia qui, Yuuri.” Il russo sorrise aggiustandogli gli occhiali in un gesto quasi automatico “L’importante è che tu stia bene.”
L’altro arrossì abbassando lo sguardo “S-Si, sto bene.” 
I due si sedettero sotto un albero restando in silenzio, ma non era un silenzio imbarazzante, era una di quelli piacevoli che solo con una persona a te cara potevi provare. 
“Sei emozionato per il torneo?” Yuuri lo guardò stringendosi nella sciarpa che gli circondava il collo. 
“Parecchio” ammise l’altro con un sorriso. “È una cosa nuova per me, all’inizio non ero neanche sicuro di partecipare. L’allenatore della squadra non è per niente d’accordo.” Viktor alzò le spalle “Ma il mio marchio è sorprendere il pubblico e non ho intenzione di smettere di farlo.” 
“Quando sei in volo mi sembra che tu stia raccontando una storia, che tu non ti stia limitando a giocare.” 
Yuuri arrossì abbassando lo sguardo sulla neve. “A volte mi sento come se stessi parlando direttamente con me, attraverso le tue coreografie in aria.” 
“Sei la prima persona che mi dice una cosa del genere.” Lo guardò di Viktor era sorpreso, Yuuri aveva centrato in pieno il punto. “Sei la prima persona che lo capisce, Yuuri.” 
Il moro arrossì ancora di più stringendo le ginocchia al petto sia per scaldarsi che per nascondere l’imbarazzo, Viktor lo notò e sganciò il lungo mantello di pelo poggiandoglielo dolcemente sulle spalle “Va meglio?” 
“C-così avrai freddo.” Il più piccolo lo guardò sorpreso mordendosi l’interno guancia, quell'indumento sapeva di lui in ogni centimetro quadrato. 
“Vengo dalla Russia, Yuuri.” Il più grande rise dolcemente scherzando “Questa per me potrebbe essere estate.”
 
Yuuri si fece coraggio e alzò gli occhi nei suoi accennando un sorriso timido
“Come conosci Yuri? Plisetsky ovviamente, so come conosci me” 
Il giapponese si lasciò andare in una risatina nervosa mentre l’altro gli sorrideva tranquillo “Mia madre è morta durante il parto e mio padre se n'è andato circa sette anni fa. Nikolai, il nonno di Yuri era un amico di famiglia e decise di adottarmi per non lasciarmi crescere in un orfanotrofio” Viktor guardava dritto davanti a se, perso nel suo racconto “Legalmente anche Yuri è sotto la custodia di Nikolai, quindi siamo praticamente fratellastri.” 
“Mi.. mi dispiace per i tuoi genitori, Viktor” sussurrò Yuuri, aveva sempre visto Viktor allegro e sorridente, pensava avesse avuto una vita bellissima e solo adesso si era accorto che non era così. 
“E di cosa?” Il sorriso sul volto del più grande era luminoso come sempre “Sono contento di com’è andata la mia vita, non potevo capitare in una famiglia migliore. Nonostante il suo carattere burbero Yuri è una bravissima persona, so che in fondo ci tiene a me. Poi beh, Mosca mi piace.” 
“Com’è San Pietroburgo invece?”
 
Lo sguardo di Viktor si illuminò “Beh, è casa.” Sorrise contento per quella domanda, nessuno glielo chiedeva mai. “Mi è dispiaciuto dovermi trasferire a Mosca, nonostante sia una bellissima città è troppo.. veloce e caotica per i miei gusti. Sento la mancanza della mia città ogni singolo giorno.” Il ragazzo si piegò verso il volto del moro guardandolo curioso. “Tu sei mai stato ad Hasetsu? O hai sempre vissuto ad Edimburgo?” 
“Ci sono stato un paio di volte con i miei genitori” iniziò a raccontare mentre un sorriso nasceva sulle sue labbra. “È una cittadina molto tranquilla, con pochi abitanti e dove tutti si conoscono. Sinceramente penso spesso di andare a vivere li una volta finita la scuola. Edimburgo è troppo grande per una figura invisibile come me.” 
“Ti definirei in moltissimi modi, Yuuri Katsuki, ma invisibile non è tra quelli.” Viktor appoggiò due dita sotto il mento di Yuuri e avvicinò il viso al suo “Riconoscerei i tuoi occhioni nocciola tra mille, ne sono sicuro.” 
Il tassorosso arrossì violentemente e scattò con la testa all’indietro, imprecando a bassa voce quando la nuca andò a sbattere contro il tronco dell’albero. 
Lo studente di Durmstrang rise e gli appoggiò delicatamente una mano sulla parte lesa “Tutto bene?” ad un cenno affermativo dell'altro continuò “Cosa ti piace fare oltre al Quiddich? Hai qualche passione?” 
Yuuri arrossì sentendo le dita dall'altro accarezzargli la nuca e gli sorrise timidamente “Danzo fin da quando ero piccolo, quando sono a casa seguo lezioni da un amica di famiglia, Minako” abbassò lo sguardo lo sguardo ormai abituato alle prese in giro ma il tono di Viktor fece scattare i suoi occhi in alto “Amazing! Mi ha sempre affascinato la danza. Ballerai per me, Yuuri? Magari al ballo del ceppo?” 
Il moro non credeva alle proprie orecchie, quasi si strozzò con la sua stessa saliva “Cosa?”
 
“Vieni al ballo del ceppo con me, Yuuri. Aiutami a sorprendere il pubblico ancora una volta."
L'altro era senza parole “Viktor io..” 
“Se vuoi del tempo per pensarci lo capisco.” Lo sguardo del più grande si fece deluso. “Magari avevi già in mente di invitare qualcuno e..”
“No, no!” Yuuri scattò muovendo le mani in senso di negazione. “Cioè non volevo invitare nessuno e si, si voglio venire al ballo con te” Sussurrò paonazzo mentre l’altro gli baciava le nocche della mano destra con un sorriso luminoso.
Seguirono secondi di silenzio interminabile in cui Yuuri si sentì come se tutto fosse stato messo al proprio posto, il suo sguardo si rivolse verso il più grande “Perché io, Viktor?” 
“Perché sei un opera d’arte, Yuuri Katsuki, ed è ora che qualcuno te lo faccia capire.”
 
 
 

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