Milano 3-6 dicembre 1821

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Milano, 3 dicembre 1821

"Sono tornata a Milano per le festività di S.Ambrogio, sentendomi così diversa! mi pare come se fossero passati vent'anni, non pochi mesi, da quando ho lasciato la mia città; mi sento una donna senza futuro e precocemente invecchiata, che maschera negli abiti sontuosi e nel troppo belletto le rughe di un'espressione di perenne amarezza. Mi sembra di essere diventata un automa senz'anima, incapace di provare nulla fuorché insofferenza, sempre celata però. Ora sono la copia più giovane delle mie sorelle, accomunate dall'identico destino, finalmente e tragicamente loro pari.

La festa che più mi legava alla mia città forse poteva ricordarmi la letizia del passato, con i suoi colori, le risa, i giochi, i dolciumi, le castagne arrostite. Invece il contrasto tra quel tempo spensierato e l'oggi aumenta una sottile angoscia, che a poco a poco mi forma un nodo in gola, e mi provocava un leggero tremito nelle mani. Perché mi sento tanto a disagio, tanto estranea a tutto ciò che prima mi era familiare?

Domani sarò da te: ho bisogno del tuo conforto."


Milano, 5 dicembre 1821

"Dopo un pomeriggio di pianto liberatorio assieme a te, che giornata terribile ho vissuto oggi!

Mentre passavo a piedi nella piazza del Broletto vidi due uomini che parlavano vicino alla Loggia degli Osii, uno dei due mi stava osservando. Come mia abitudine, ignoro deliberatamente gli sguardi maschili, giacchè l'indifferenza è il miglior modo per scoraggiarli. Ma qualcosa mi obbligò a voltarmi di sfuggita, e per un attimo mi parve di esser preda di un'allucinazione. L'uomo che m'aveva guardata con occhi severi attraverso lenti ovali, sebbene il volto celato da baffi curati, pareva il simulacro dell'Aloisi! Ma lui è morto, e nessuno può resuscitarlo dopo otto mesi. Mi voltai ancora, convinta che sarebbe scomparso, fantasma o frutto della mia immaginazione: invece era sempre lì a parlare con il suo interlocutore. Ero come paralizzata, incapace di qualunque movimento. Potevo solo osservare con crescente stupore quel volto pallidissimo, la magrezza, la fronte corrucciata, gli occhi turchini che volevano fuggire dai miei, i serici capelli. Le spine di dolore che mi erano entrate sotto pelle l'ultima volta che l'avevo visto vivo, ora ferivano i miei occhi e la mia mente, facendomi credere ormai di essere giunta alla follia. Una forza senza il mio permesso mi costrinse a tornare indietro ed avvicinarmi a lui per fugare ogni dubbio. La voce mi mancava, ma alla fine lo chiamai per nome. L'uomo, che dimostrava qualche anno in più del mio perduto amico, mi guardò con freddezza.

<<Aloisi!>> ripetei.

<<Credo che mi abbiate scambiato per qualcun' altro.>> e si allontanò con un cenno di capo, lasciandomi in uno stato di orribile turbamento. Guardai il cielo carico di neve, e mi sembrò che fosse più pesante del piombo, mi sentii schiacciare. Mi appoggiai al basamento della Loggia per non cadere, celai il volto nei guanti che coprivano le mie mani ghiacciate, e piansi con una disperazione pari se non superiore a quella di mesi ormai lontani. Non riesco a capire se la mia angoscia è dovuta al terrore di essere sul punto di uscir di senno, o se, per l'assurda ipotesi che fosse lui, per essere sconvolta dalla sua indifferenza".

Milano, 6 dicembre 1821

"Barbara, ho fatto come da te consigliato, e grazie al laudano stamane penso di aver solo sognato la somiglianza tra quel giovane e l'Aloisi, e provo vergogna per essermi comportata con tanta irrazionalità. Ti confesso però che, pur certa di essere stata preda di un'allucinazione, ho tutt'ora paura di uscire di casa nell'eventualità orrifica che si ripeta l'apparizione. Devo addurre continue scuse per non accompagnare mia suocera e mia madre nelle loro passeggiate quotidiane: loro, almeno, sono radiose come ragazzine. Fortunatamente il mio Sig. marito non insiste troppo perch'io lo accompagni a caccia. Il mio Sig. padre semplicemente m'ignora".

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