Milano, 17 aprile 1821
"Quale conforto sarebbe stato potermi sfogare con te, amica mia, ma non potevo scriverti finché non fossi rientrata a Milano, costretta a celare a tutti il mio tormento. Ma la recita era destinata a terminare brevemente. Due giorni dopo quella visita terribile, una lettera della contessa Bossi mi annunciava la morte del mio amico: ora potevo liberamente dare sfogo al mio dolore. La zia era stupefatta di tanta disperazione, ma ingenuamente credette che io fossi solo una ragazzina fragile, che piange per qualsiasi cosa. La spia di mio padre credo avesse intuito la vera ragione del mio dolore, ma ormai non era più necessario un suo intervento, e il suo compito ora era di riportarci in fretta a Milano. Desideravo rivedere il mio amico, poterlo salutare un'ultima volta, ma mi fu impedito dai Bossi, che non volevano che mi spaventassi. Potei solo assistere alla messa funebre nella cappella privata della loro villa, e partimmo subito per Milano. A volte penso che il convento mi sarebbe di grande consolazione. Piuttosto che sposare mio cugino. Ma mio padre non me lo permetterebbe mai: gli serve il suo denaro.
Almeno in patria avrò la consolazione della tua amicizia: forse sarò già a Milano quando riceverai questa lettera".
Milano, 19 aprile 1821
"Ieri sono rimasta al parlatorio fino al Vespro. Tu mi ascoltavi senza interrompermi, capendo quanto avessi bisogno di sfogarmi.
Tu mi alletti con l'idea di condividere con te la clausura, e dipingi la tua prigione come l'anticamera dell'Empireo. Quest'idea si è insinuata nel mio animo indebolito: ricordo ancora con gioia il sentimento di sicurezza, serenità e persino affetto provate ai tempi in collegio verso le care suore! Il mio educandato è stato il periodo più sereno della mia non lunga esistenza.
Dopo seria riflessione, oggi ho trovato il coraggio di esternare ai miei genitori il mio nuovo proposito, scegliendo il momento apparentemente più adatto, ovverossia al dopo pranzo, quando entrambi erano nella sala grande a sorbirsi il caffé.
Mia madre trasecolò: nonostante la sua fervente religiosità, non aveva mai pensato di mandare una figlia in monastero. Il mio Sig. padre rispose con il consueto cinismo: <<Che buffonata è mai questa? ma a Messa non fai altro che sbadigliare! sarà stata quella tua amica monacata ad avertelo messo in testa. E se anche fosse una tua idea, io non getto il mio denaro in una dote passiva.>>
<<Ma Anna, cioé Adele: come puoi rinunciare al mondo, ad una vita comoda e piacevole, ai bei vestiti, ai gioielli, alle pettinature, alla vita di società, ai concerti, alle opere d'arte, a tutte le cose che ti piacciono, per seppellirti lì? E poi non vuoi avere dei bambini?>> cercò di farmi ragionare mia madre.
<<E qual'è l'alternativa: sposare Giovanni?>> risposi sgarbatamente.
<<Tanto ormai è tutto stabilito: le nozze sono tra due settimane, di cui quasi una per arrivare a Venezia. A proposito quando arriva il sarto per la prova dell'abito?>>tagliò corto mio padre.
<<Domattina. Adesso andiamo a provare il vestito di tua sorella Adele, cioè, di tua sorella Amalia, così vediamo subito quali modifiche vanno fatte.>> fece mia madre, alzandosi dal divano.
<<Non potete costringermi: ho quasi 21 anni.>>
<<Appunto, quasi. Per questo ti sposi subito, non fra tre mesi!>> esclamò mio padre con un sorriso insopportabile.
Capii che con lui era impossibile parlare, e tentai di convincere mia madre: per prendere tempo, le dissi che avrei rinunciato al convento se essi mi avessero permesso di scegliermi il marito, se mi avessero concesso di frequentare la società come fecero le mie sorelle, e sperare così di conoscere un uomo che mi potesse piacere, e che mi garantisse un futuro dignitoso, sebbene cosciente di non riuscire a dimenticare l'Aloisi. Mia madre ascoltava, ma dal canto suo non capiva cosa avesse di tanto male il cugino promesso: <<In fondo vi conoscete da sempre, siete sempre stati in buoni rapporti, vi scrivete almeno una volta all'anno; in oltre la ricchezza di lui ti garantirebbe una vita decisamente benestante>>.
<<Lo so, ma io vorrei col tempo poter amare l'uomo che sposo, e finora per lui non ho mai sentito alcun trasporto. E poi ogni volta che discutiamo, le nostre opinioni sono sempre all'opposto: questo potrebbe essere un motivo per avere degli argomenti di conversazione, ma lui è sempre dell'idea che la mia opinione sia errata, e la sua sempre giusta, dalla banalità al significato del vivere.>>
Mia madre, che aveva compreso il senso generale del discorso, provò senza troppa convinzione a riferirlo al consorte, il quale inveì immediatamente:<< e cosa ne sa quella ragazzina? non voglio più sentir nominare questa storia. Fra due settimane sarà tutto accomodato, grazie a Dio.>>
Il mio Sig. padre ha fretta di chiudere certi suoi conti".
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Lettere, lettere... 1821
Ficción históricaUna storia d'amore italiana, ambientata tra Milano, il lago Maggiore e Venezia, durante i Moti carbonari del 1821, sotto forma di romanzo epistolare. Quasi un Jacopo Ortis al femminile.