Capitolo II

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  Quel terribile fatto legato al rifiuto passato del brevetto di Peter alla Stark Industries sembrava aver scatenato qualcosa nella coscienza del signor Stark. Pareva che l'uomo si sentisse in colpa per averlo ignorato ma che da una parte cercava di fingere che non era così, che la cosa non lo aveva toccato.

Peter si chiese se davvero quell'uomo pensasse che era stupido a tal punto da non essersene accorto e fu più propenso ad affermare che magari tutti quegli atteggiamenti erano solo dettati da un'incapacità di chiedere scusa a parole.

Gli ronzava attorno da un paio di giorni, lo osservava ma non era molesto. Succedeva ogni tanto, e quando Peter alzava gli occhi e incontrava i suoi lui li abbassava forse credendo scaltramente di non essere stato scoperto.

Era un atteggiamento strano, ma Peter non ne era infastidito. Era comunque soddisfatto del cambiamento dato dalla notizia di quel rifiuto che comunque a lui non aveva cambiato la vita. Non aveva di certo mandato quel brevetto con la speranza di essere elogiato, anzi. La sua autostima era così bassa che quando era arrivata la notizia che non era stato accettato non l'aveva nemmeno presa così male.

«Quindi te ne vai all'università, dopo l'estate», gli disse Tony, comparendo in giardino come sempre senza salutarlo, ma attaccando subito bottone come se si fosse solo assentato per un attimo, magari per andare in bagno, e dovessero riprendere un discorso e invece era passata un'intera nottata a dividerli da quell'incontro.

Peter, che stava leggendo una rivista di zia May solo per passare il tempo mentre aspettava il pranzo, alzò gli occhi sui suoi, riparandosi con la mano per coprire il viso dal sole.

«Sì, lo spero almeno. Insomma, ho un esame d'ammissione a settembre, che mi auguro di passare», rispose, poi alzò un sopracciglio quando Tony gli riservò un'occhiata sicura e spavalda mentre si sedeva su una sdraio poco lontano.

«Sarebbe ridicolo se uno come te non passasse l'esame di ammissione all'università», assentì, poi poggiò la schiena allo schienale, chiudendo gli occhi e indirizzando il viso verso il sole, nel tentativo di prendere la tintarella.

Peter lo osservò: aveva la pelle scura, olivastra. Non aveva bisogno di creme solari perché forse faceva le lampade durante l'anno o magari era la sua carnagione ad essere così al naturale.

Aveva posato le mani sui bracciolo e poté notare che portava due anelli di titanio. Intorno all'anulare c'era il segno di un terzo anello, che aveva lasciato il segno bianco dell'abbronzatura.

Peter si chiese perché quell'anello non era più lì e gli altri sì, ma non volle indagare, così tornò alla rivista, scoprendo quanto potesse essere noioso leggere dei gossip su gente che non aveva nemmeno mai sentito nominare e, chiudendo il giornale, sbuffò.

«Dura essere un genio in vacanza», lo canzonó il signor Stark, ancora gli occhi chiusi rivolti verso il sole.

Peter sbuffò di nuovo: «Non è passata nemmeno una settimana da che siamo qui... e non sono un genio», borbottò alla fine, pensando davvero di non esserlo sebbene il resto del mondo pensasse il contrario. Lo faceva sentire uno sfigato e forse un po' lo era.

Non aveva molti amici, il suo migliore amico era rimasto a Forest Hills anche se alcune volte negli anni precedenti aveva passato le vacanze con lui nella villa al mare, ma ora era stato bocciato, di nuovo e i suoi genitori non avevano preso la cosa con particolare allegria, anzi...

Condividevano lo stesso nome di battesimo ma di certo non la stessa testa... e l'altro Peter era uno di quelli che decantavano film come Footloose, dicendo che era il miglior film del secolo o che Gamora, la ragazza del quarto anno, era pazza di lui ma si vedeva lontano un miglio che non era così. O almeno la ragazza stava nascondendo fin troppo bene i suoi sentimenti, a detta dell'amico.

Fools In The Rain - StarkerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora