Epilogo

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Quando Peter Parker uscì dalla porta della sua facoltà per liberarsi finalmente dall'opprimente stato di ansia che lo aveva attanagliato per tre lunghissimi mesi, fu attraversato dal vento freddo che quasi gli mozzò il fiato ma, al tempo stesso, fu straordinariamente piacevole.

Scese i tre scalini che lo separavano dal marciapiede, mentre ogni tanto qualcuno gli dava una pacca sulla spalla e gli augurava buone vacanze e lui rispondeva con un sorriso e ricambiava, poi si fermò e si guardò intorno cercando tra l'affollata strada qualcuno che, quando lo riconobbe, gli andò incontro alzando un braccio.

«Meno male che per le prossime tre settimane non ti vedrò, Parker. Sono stufo di venirti a prendere a scuola come i ragazzini di tre anni!», lo salutò Quill, a modo suo come sempre, sfilandosi le cuffiette dalle orecchie.

Peter rise: «Nessuno ti costringe a venire a prendermi in facoltà ogni giorno».

«Sei vicino casa mia. Pare brutto non venire», asserì ancora l'amico, poi sospirò e gli diede una pacca sulla spalla. «Come va?».

«Uno schifo, come sempre», scherzò Peter e gli diede un pugno sulla spalla che l'altro ricambiò. «Tu?».

«Gamora è partita per le vacanze di Natale, l'ho accompagnata poco fa al treno. Dice che quando torna vuole organizzare un'uscita anche con te ma solo se nel frattempo ti sei trovato una ragazza», rispose Quill, che non sembrava tanto felice nel dargli quella notizia e Peter sapeva benissimo che era dovuto alla famosa delusione che gli aveva raccontato tempo prima, quella di un anno e mezzo prima, con Tony Stark.

Peter aveva cercato dimenticare, ma non era successo. Tony Stark era ovunque. Sui cartelloni pubblicitari, sugli opuscoli delle fiere hi-tech, persino citato nel suo libro di microtecnologia. Era un incubo, un ossessione.

Erano successe troppe cose in quel lasso di tempo, così tante che Peter stentava a credere non fossero riuscite a fargli dimenticare quella cosa che lui e Tony avevano condiviso insieme per poi separarsi come se un lampo avesse colpito entrambi a ciel sereno.

Peter Quill lo aveva capito, che si era di nuovo perso nei suoi pensieri, perché gli posò una mano sulla spalla e si morse un labbro.

«Senti, Parker... perché non ci provi davvero ad uscire con qualcuno? Insomma, tentare non costa nulla».

«Non voglio illudere nessuno, non voglio cominciare qualcosa che so di non poter continuare senza che il fantasma di quel... quello... stronzo torni a perseguitarmi», sbuffò, distogliendo lo sguardo e Quill gli diede uno spintone che quasi lo fece cadere.

«Mentre lui ti ha già dimenticato, tu sei qui a pensarci ancora! Ti rendi conto di quanto sei stupido?», lo redarguì e Peter avrebbe asserito che aveva anche ragione, se solo quella frase non fosse uscita dalla bocca di Quill.

«Senti da che pulpito, poi...».

«Dici? Eppure io e Gamora ora siamo impegnati e sappiamo tutti che da impegnati a coppia il passo è davvero breve. Lei comunque non è Tony Stark. Almeno a differenza di quell'uomo, non è un'utopia, Peter».

Già. Tony Stark era un'utopia, a quanto pareva. Non lo era stato nell'estate di un anno e mezzo prima ma ora lo era. Inarrivabile.

Non si erano più sentiti, l'uomo era sparito nel nulla e Peter pur avendo il suo numero aveva deciso di chiuderlo in un cassetto e dimenticarlo. Non aveva nemmeno avuto il coraggio di gettarlo via.

« Ma che cazzo ...?», esclamò Quill, ad un tratto, col suo solito modo colorito di esprimersi che divertiva Peter sempre parecchio, sebbene a volte gli sanguinavano le orecchie per quante parolacce diceva.

Fools In The Rain - StarkerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora