Capitolo VII

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Peter propose di fare un salto alla spiaggia - quella che appunto lo zio gli aveva consigliato di visitare con il loro coinquilino qualche giorno prima - la mattina dopo il chiarimento e Tony aveva accettato non appena gli aveva detto che era isolata, fuori dalla portata di gente sgradevole - «Mi avresti convinto anche senza usare quell'aggettivo», gli aveva detto, ridendo e guadagnandosi un pugno sul braccio per la sua insistente misantropia - e soprattutto l'acqua era pulita.

Non c'era bisogno di nulla a parte del costume, siccome la spiaggia era caratterizzata da piccole zolle di terra arricchite d'erba dove sedersi e difatti ne occuparono una e si accomodarono seduti.

«Perchè continuate a chiamarla spiaggia Parker? Tuo zio ha deciso di monopolizzare il paese? Vuole espandersi a mo' di impero romano a suon di guerre mondiali?».

Peter alzò un sopracciglio poi scoppiò a ridere di fronte a quella battuta. Immaginare zio Ben che cercava di conquistare il mondo con un esercito di uomini vestiti da gladiatori lo divertì parecchio e, sbuffando divertito, riservò a Tony un sorriso intenerito da quel modo di fare, ricevendone in risposta uno altrettanto dolce.

«Zio Ben a volte pensa che le sue siano scoperte sensazionali. La verità è che questa spiaggia fa parte del terreno di casa nostra, la si può raggiungere seguendo il bagnasciuga, come hai potuto vedere. Tutti sanno che è una parte di proprietà privata, tranne lui è continua a chiamarla spiaggia Parker senza sapere che, in effetti lo è davvero ma né io né zia May vogliamo dirglielo. Ci diverte l'idea che questa convinzione lo esalti tanto», spiegò Peter e Tony dava davvero l'impressione di essere interessato a quella storia e, chissà, forse lo era sul serio. «La particolarità di noi Parker è quella di esaltarci per cose sciocche; forse perché è davvero difficile per noi farci notare. Penso sia una specie di superpotere questo lato così entusiasta, quasi infantile che ci caratterizza... ovviamente ogni Parker ha la sua variante», rispose Peter, mentre piegava le gambe e si abbracciava le ginocchia al petto.

Tony sbuffò divertito: «E tu che superpotere hai, se posso saperlo?» , chiese, ancora lo strascico della risata di prima ad alleggerire la sua espressione di solito un po' dura.

Gli occhi di Peter percorsero il suo viso per qualche secondo, con la bocca schiusa per colpa di un breve mutismo che lo aveva pervaso, poi tornò a guardare davanti a sé, dove piccole scintille sul pelo dell'acqua ballavano per la leggera corrente e riflettevano il sole.

Poggiò il mento sulle ginocchia, e sospirò.

«Io... sono invisibile», rispose, sentendosi poi stupido e infantile, ma era difficile spiegare la sensazione che provava quando era a scuola o in giro. Una volta era riuscito a vincere le olimpiadi matematiche passando inosservato. Nessuno ne aveva parlato, nemmeno il giornalino scolastico.

Attese la risposta di Tony, mentre sospirava di nuovo; aspettava un suo Ehi, ma che dici? Tu non sei invisibile!, oppure la frase preferita di zia May che era sempre più o meno un Per me non sei invisibile, Peter! Ti riesco a vedere, e sei speciale!.

«Ti capisco», rispose Tony, invece, poi sospirò e gli posò una mano sulla testa e non aggiunse altro, gesto che Peter apprezzò.

A volte era meglio così. Era meglio sentirsi capito, piuttosto che consolato perché dopotutto era qualcosa che non lo faceva sentire né invisibile, né solo.

Ti capisco, sono come te, non sentirti strano., era il vero significato di quelle parole. O meglio, sono strano anche io.

Tony poi gli circondò un braccio intorno alle spalle e si chinò per dargli un leggerissimo bacio sulle labbra, che si fece più intimo quando Peter affondò di più la bocca nella sua.

Fools In The Rain - StarkerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora