1. Sono stanca

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~ Un anno prima ~

Niall apre gli occhi di colpo, mordendosi la lingua per non urlare.

Bene... benissimo. Quella mattina è stato un incubo a svegliarlo. Si strofina la mano sulla fronte con forza, perché si dice che se la mattina appena sveglio ti tocchi la testa, ciò che hai sognato svanisce, viene dimenticato. Ma Niall sa perfettamente che quello non è il suo caso e che quelle immagini gli torneranno a tradimento davanti agli occhi per l'intera giornata, bloccandolo sul posto come un idiota.

Un idiota perché sono passati cinque anni e lui sente ancora quella ferita aperta sul cuore. Ogni tanto gli capita di chiedersi se la gente possa vederlo il suo cuore nel petto, come se non avesse pelle e costole a custodirlo e ha quasi paura che gli altri possano notare quella parte nera che è sicuro non dovrebbe esserci nel suo organo pulsante.

Nero non come la morte. Lui è vivo. Nero come il dolore. Vivido, malvagio e qualche volta ingestibile.

Niall sospira e volta la testa verso la sveglia sul comodino. I suoi occhi si spalancano e un piagnucolio esce dalle sue labbra, mentre scatta a sedere e poi in piedi, gettando le coperte di lato. Quel giorno il letto matrimoniale resterà sfatto, perché non c'è più nessuno lì che possa farlo al suo posto e lui è tremendamente in ritardo.

La sveglia non ha suonato? No, probabilmente l'ha solo spenta senza rendersene conto, preferendo dormire.

Non si è neanche vestito. Proverà a farlo mentre veste Rain.

Entra nella cameretta rosa alla fine del corridoio come un uragano, ma il piccolo fagottino seppellito sotto le coperte non si muove neanche.

Niall riesce a vedere solo i capelli chiari sparsi sul cuscino.

«Amore, sveglia.» dice frettolosamente, spostando le coperte.

Rain si lamenta subito, mentre le mani di Niall la afferrano per farla mettere a sedere. «Papà, no.» non è mai stato così irruento per svegliarla.

«Ti prego, piccola. Siamo in ritardissimo. Fa la brava bambina per me oggi.» dodici minuti e la campana della scuola sarebbe suonata.

«No, papi.»

Niall prega che sua figlia non si metta a piangere in quel momento o non ne sarebbe più uscito.

La prende in braccio ed esce dalla stanza.

Rain seppellisce subito il viso nel collo caldo e dal profumo familiare dell'uomo, stringendosi più a lui perché ha freddo, dopo essere stata tirata fuori dal focolare caldo e sicuro del suo lettino.

«Sono stanca.» borbotta Rain e Niall non ci si sofferma più di tanto.

«Lo so, piccola. Anche io.» non avrebbe più permesso di vedere un film fino all'ora tarda della sera prima.

Niente doccia per nessuno quel giorno. Niall fa sedere sua figlia sul marmo accanto al lavello e le sfila la maglia del pigiama.

«Apri gli occhi, tatina.»

Rain infatti li tiene ancora chiusi, come per recuperare un po' di sonno.

Ma non appena li apre, dopo un lamento di troppo, Niall si pente di averla esortata a farlo.

Se ne pente perché sta guardando quegli occhi tremendamente verdi uguali a quelli della donna che ancora non può fare a meno di amare, quando Rain lo ferma e dice: «Papà, mi manchi.»

Cazzo, quella bambina di cinque anni e mezzo ha già vinto.

Niall si sente in colpa. E va bene, la sera prima sono stati svegli e accoccolati più del dovuto, ma proprio perché Niall è stato via per due giorni e ha chiesto a Vivian di restare con sua figlia, anche se quello non è di certo il suo lavoro. Ma Niall non si fida di babysitter sconosciute e Rain adora Vivian.

Hold On ●Niall Horan●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora