La pizza del venerdì

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In macchina quasi non respiro, tra l'odore di origano e il caldo della pizza che appanna tutti i finestrini.

Amo il venerdì sera. Venerdì pizza, dopo una settimana di palestra e insalate rubate alla scrivania. Venerdì è il giorno perfetto, senza le pressioni del sabato, l'obbligo di essere felici e pettinati per bene, in giro con un gruppo di amici che parla tanto e non dice nulla, lontano dalla quieta disperazione della domenica, dall'incubo di ricominciare una settimana sempre uguale. Per non parlare del lunedì. Il lunedì è il giorno in cui metto in discussione ogni cosa. Solo per cinque minuti.

Invece il venerdì lo adoro, almeno finché non si tratta di interrompere il non-flusso di non-pensieri con le solite paranoie sulla gelosia, sui segnali e sulle prove. Questa è la parte che mi manda più fuori di testa. Le prove. Sono completamente inventate. Ma quali prove dovrebbero mai esserci?

"Non sto dicendo che ho delle prove, dico solo che è strano che tutte le volte che c'è Roberto in giro mi sembra che cambi tono di voce, che fai la supersimpatica..."

"Magari cerco di essere gentile con il tuo migliore amico?"

"Non è che deve diventare anche il tuo migliore amico, io delle tue amiche nemmeno ho il numero..."

"Perché le detesti, e loro lo sanno."

"Ma che detesto", infiliamo la strada di casa e magari la tortura finirà, "il fatto è che non mi sono mica fidanzato con loro."

"Nemmeno io mi sono fidanzata con il tuo amico", ho un tono più seccato, e lui lo coglie. Si adatta al volo, lo fa sempre.

"Un giorno di questi mi farete uno scherzetto, voi due, vero?", è la sua chiosa preferita per dimostrarmi che sta scherzando. Ogni alito nella grana della sua voce dichiara l'esatto contrario, altro che scherzi. Questo è il suo più grande incubo.

Non sono riuscita a spegnere l'eco della discussione nemmeno distraendolo con la cena, e così continuiamo a far finta che non stiamo litigando anche davanti alla pizza. Stasera gli è venuta pure un po' bruciata, già odio quando è troppo croccante, figuriamoci così.

"Lo sai che puoi parlarmi di qualunque problema, vero?"

Perché non mi lascia in pace? Voglio solo mangiare, fissare la tv per venticinque minuti e poi andare a dormire con l'emicrania. Anche quella è un irrinunciabile must del venerdì. Ma Alessio non molla, povera me.

"Se hai bisogno di tempo, se hai bisogno dei tuoi spazi, insomma, siamo adulti tutti e due..."

Ho bisogno che chiudi il becco.

"Ma di che spazi avrei bisogno? Sciocco schiocchino", abdico a un po' di tenerezza, magari è quello che ci vuole per disarmare la crisi. 

Da quando mi ha presentato ai suoi amici è iniziata questa tragedia della gelosia finta-vera-finta. Forse stiamo troppo tempo con loro e non facciamo niente da soli, però è anche colpa del poco tempo a disposizione. Magari dovrei concentrarmi più su di lui e meno sul lavoro.

Mentre rifletto su tutto questo mi rendo conto di aver involontariamente lanciato l'allerta sesso.

Mentre con la mente vagavo sulle mie scelte professionali e sugli stravizi che ormai sono abituata a concedermi per via di tutti quegli straordinari, Alessio mi ha piantato la lingua in gola. Non mi sembra cortese declinare l'offerta dopo averlo provocato - sia pure con finalità più platoniche - e cerco di rilassarmi. Magari funziona come l'aspirina.

Gelosia senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora