Il convivio domenicale

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Domenica il gruppo storico di lui si riunisce in uno chalet lì vicino, come tutti i weekend.

Sento che con una doccia lunga e solitaria e una fase di decompressione di almeno un'ora a letto, fissando il vuoto in accappatoio con una tazza di caffè sciacquato fra le mani (sono matta, lo so, lo so, ma è mio diritto esserlo, no?) potrei farcela a sentirmi abbastanza social. 

Lui è contento di restare acasa con me e aspettare che mi passino la paturnie, o mentre mi preparo o, comespesso accade, entrambe le cose. 

So che proietta la mente in un futuro in cui tutto questo sarà normale, in cui il divano su cui temporeggia con qualche canale tv mentre io mi trucco sarà il suo divano, o in cui la doccia prima di uscire sarà a casa sua. Casa nostra. Per ora non se ne parla, ma non è un'idea che escludo per sempre. Un giorno, magari. Non sono mica matta, i bravi ragazzi non crescono sugli alberi.

Ci accoglie la compagnia di sempre con i saluti di sempre.

"Ciaaaaao! Ragazzi, sempre in ritardo! Tu", bacio superfinto, ricambiato di tutto cuore, "sei sempre bellissima."

"Allora è valsa la pena essere in ritardo", Alessio mi aiuta a togliermi la giacca.

"Che cavaliere... non è un cavaliere?", la cugina di Ale si rivolge a suo marito, che annuisce convintamente a qualunque cosa venga detta lungo tutta laserata mentre scorre le dita sul telefono.

"Non ne fanno più di uomini così. Tienitelo stretto."

"Più di così", sorrido. 

Credo che ordinerò da bere per prima.

Gelosia senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora