La mattina dopo mi sento un po' meglio, e riesco anche a gestire un buongiorno piuttosto fisico. Troppo tardi realizzo che sto lanciando un messaggio fuorviante.
"Non è stato male che sono rimasto, no?"
"Certo che non è stato male. Era solo la soluzione più comoda. Ora troverai un sacco di traffico", il mercato rionale del sabato mi dà sempre ottime scuse per tenere almeno un giorno del weekend per me. Ma ancora una volta non realizzo bene cosa sto dicendo. Merda, è colpa del sonno arretrato. Dovevo dormire da sola.
"Sai quale sarebbe una soluzione comoda definitiva?", no, ti prego, non ricominciamo, "Vivere insieme, così nessuno deve tornare a casa sua perché ci si trova già."
"Non posso parlare di convivenza, non ho ancora preso il caffè."
"Ai tuoi ordini", la bacchetta magica per liberarsi di Alessio è chiedergli un favore. Si ucciderà per farlo, piuttosto che fallire.
Mi sistemo di nuovo nel letto, godendomi il silenzio per qualche minuto. Da lontano arrivano i rumori della colazione, l'odore del caffè. Mi piace che sia qui, mi piace saperlo qui, solo che Alessio non ti molla, non ti molla mai.
Non mi permette di sentirne la mancanza, di desiderarlo. So che non dovrei lamentarmi, so che ci sono in giro un sacco di bastardi, dovrei essere grata, e non dovrei mantenere un sacco di atteggiamenti che invece proseguono, lo so, lo so. Ma mi manda al manicomio questo bisogno di conferme continue. E i sospetti, poi. Le prove. Se le inventa, non esistono. Ma ora che ci penso sono già dodici ore che non mi dice che sono troppo gentile con Roberto. Evviva.
"Più tardi ti va se andiamo a fare una passeggiata al mare con gli altri?", mi grida dal piano di sotto. Meno male che non mi ero riaddormentata.
"Non lo so, non so se me la sento di uscire", provo a mandare la voce al piano di sotto ma rinuncio subito. Alla terza sillaba una schicchera di emicrania mi ha trapassato la testa come un ferro da calza, entrato e uscito, ora ci vorranno due minuti per dimenticarlo. Ho bisogno di questo sabato per me, non ce la posso fare.
"Sicura? C'è anche il tuo amico Roberto", Alessio spunta dalle scale con un vassoio da sogno. Mi sento un po' meglio.
Caffè americano, cornetto in busta chiusa, un cioccolatino ripieno. Adoro i sapori plasticosi, sono tutta storta nella testa, lo so. Lui probabilmente avrà ingoiato germogli vivi e spremuto una mela a mani nude. Ci tiene tanto a fare le cose fatte bene, lui.
Conosco la risposta ma chiedo lo stesso.
"Tu non mangi?"
"Mi sono fatto una spremuta di sotto, va bene così. Prendi troppo caffè, piccola", mi scompiglia i capelli e va a pettinarsi allo specchio. Dirmi una cosa che non sopporto e che mi fa venire voglia di litigare, mentre si allontana e si prepara ad abbandonare il campo, il che mi fa venire voglia di ringraziarlo: davvero sleale, ma io sono anche peggio di così, e non lo trattengo. Abbiamo rimandato i saluti di dodici ore, e per quanto mi riguarda può dirmi qualunque cosa se si sta preparando a tornare a casa.
Un paio di baci più tardi di quanto avrei preferito, la porta si chiude dietro di lui. Sono finalmente sola in casa mia. Lo trovo molto più familiare come setting, è così che deve essere. E poi così avrà almeno il tempo di mancarmi, santo cielo.
Mentre mi godo le ultime gocce di caffè freddo - lo so, sono matta - mi programmo la giornata.
Dormire.
Fine programmazione.
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Gelosia senza nome
RomanceSono una donna adulta, ho il mio lavoro, il mio appartamento, il mio ragazzo. Mi sono guadagnata la mia vita dopo una pessima infanzia, me la sono meritata: se solo Alessio non fosse così insicuro, con i suoi sospetti fondati sul niente. Parla di pr...