Capitolo 4

828 62 11
                                    

«Caleebb~» lo chiamò una voce femminile, canticchiando.
«M-Mamma...»
«Oh~ Caleeb
Il castano sentì gli occhi inumidirsi. Era sempre lo stesso incubo. Sempre. Ma ogni volta, continuava a non riuscire a non piangere.
«Caleeb... Avevi promesso di proteggermi...»
La voce non canticchiava più. Ora era soltanto piena di dolore, odio.
«I-Io...»
«Sono morta, Caleb. Non mi hai protetta. Mi avevi promesso di proteggermi»
«C-Ci h-ho provato...»
«Non abbastanza, però. Mi hai lasciato morire, Caleb. Non hai fatto abbastanza. Non sei abbastanza. Hai fallito. Non sei stato forte, avevi promesso che lo saresti diventato.

Jude si svegliò perché un piccolo raggio di luce era entrato nella stanza. Aprì un occhio, e vide che la fonte altro non era che la luce del corridoio accesa. Sull'uscio della porta, c'erano Martina e Ila. Entrambe guardavano Caleb, preoccupate. Notandolo, anche il rasta portò lo sguardo sul ragazzo dormiente. Non c'era niente di strano o particolare, apparte che invece di essere tranquillo e rilassato, sembrava teso.
Starà avendo un incubo? si chiese Jude, continuando ad osservarlo.
«Visto...? Sta avendo di nuovo l'incubo...» mormorò Ila, parlando alla sorella.
«Dovrebbe smetterla di sentirsi in colpa... Ha fatto tutto ciò che poteva...» continuò Martina, dispiaciuta.
«Siamo inutili...»
La castana annuì all'affermazione della riccia. Loro due non potevano far niente per il loro fratellone, anche se avrebbero voluto. Ma sapevano che non erano le persone giuste, anche se al momento erano le uniche a star vicino a Caleb sempre.
Le due ragazze tornarono nella loro camera, spegnendo la luce in corridoio, e Jude tornò a dormire, ma non prima di aver lasciato un'ultima, preoccupata, occhiata al castano.

Il giorno dopo, Jude si svegliò sentendo odore di pancake. Scese e trovò a tavola tre piatti colmi di essi. Martina e Ila mangiavano, Caleb finiva di impiattare l'ultimo.
«'Giorno bro» salutò Ila.
«'Giorno Ju-chan» la seguì Martina. Il castano invece lo ignorò e se ne andò in bagno.
«Dici che si taglia...?» chiese Ila.
«Lo strozzo se si taglia» sbottò Martina.
«Strozziamo» la corresse la riccia.
«Tagliarsi...?» intervenne Jude pacato, nascondendo la preoccupazione.
«Lascia stare» dissero le due, in coro, facendo sospirare il rasta. Il ragazzo si sedette con esse e iniziò a mangiare in silenzio la colazione gentilmente e stranamente preparatagli dal punk. Doveva ammettere che il castano cucinava davvero bene, e si chiese come mai. Ma lasciò subito perdere, sapendo che tanto, gli Stonewall erano più muti dei pesci.

«ONII-SAN IO E ILA ANDIAMO A SCUOLA, CERCA DI ENTRARE ALMENO A TERZA ORA!» urlò Martina a Caleb mentre prendeva il suo zaino e lo zaino in cui Ila si era chiusa.
«NON CI CONTARE» urlò di rimando il castano, prima di raggiungerle.
«Non dovresti saltare la scuola» commentò Jude.
«Non dovresti commentare quando non sai un cazzo»
«Sei odioso»
«E tu insopportabile»
«Dai un brutto esempio alle tue sorelle»
«E sti cazzi? Loro sanno crescere da sole»
«Devi andare a scuola, baka»
«Ma sta zitto e vacci tu visto che ci tieni»
«La scuola è importante»
«Invece non serve a un cazzo»
«Sembri un bambino capriccioso»
«Tu una mammina isterica»
«Non devi saltare la scuola»
«Faccio quel cazzo che mi pare»
«Non puoi continuare così, alla fine dovrai pagarne le conseguenze»
«Ma saranno fatti miei oh?!»
Jude sbuffò e uscì, mentre Caleb se ne tornò in camera. Nel mentre, Martina andò alla Royal con Ila nello zaino.

Vita da Stonewall Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora