13. Il ricordo di una stella

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-Prologo-

Il cielo notturno era sempre stato bellissimo, lo sapeva bene.

Come poteva uno sfondo nero, con delle piccole scintille luminose, far sussultare gli animi? Quasi avesse un potere magico, la facoltà di scaldare i cuori e far risplendere i sogni.

Quella notte però era diversa, il cielo sembrava offuscato, le altre stelle tremolavano.

Eppure non gli importava che il cielo nel quale risiedeva fosse confuso.

Tutte le notti, infatti, Atlas era incuriosito da quei piccoli cuori pulsanti che vivevano sulla Terra.

Gli uomini.

Le altre stelle erano diffidenti nei loro confronti, ma non Atlas.

Perché ogni volta che lo sguardo di un uomo si posava sulla volta celeste, che sia per cercare conforto, o semplicemente per cullarsi in una oscurità fatta di pace, sentiva qualcosa.

Nei primi millenni non lo aveva compreso, ma col tempo ciò che sentiva si faceva più nitido.

Desideri.

Arrivavano come fuochi d'artificio, illuminando il suo cuore.

Le stelle rosse gli avevano detto che gli umani avevano molti modi per esprimere futili desideri, avidi e peccaminosi.

Tutti quelli che però raggiungevano il cielo erano diversi. Erano puri.

Atlas li percepiva, sentiva la speranza di una madre perché il figlio guarisca, sentiva la voglia di libertà di un ragazzo oppresso, sentiva la brama di amore di una donna in solitudine.

Sentiva la speranza di una pace utopica, per tutta l'umanità.

E per quello che gli era concesso fare, li esaudiva.

Un giorno, uno di quei tanti che, come gli altri, si perdevano nell'infinità del tempo, successe qualcosa di diverso.

Atlas ancora dormiva, la notte sulla Terra non era ancora calata, quando sentì una voce estranea.

La stella si guardò intorno, ma non vide nessuno eccetto altre stelle.

Poi però, scorse qualcosa.

Era un punto davvero microscopico, con sfumature giallo - arancio.

Atlas era una stella giovane, non gli era permesso di conoscere tutto sull'universo, dunque non sapeva cosa fosse.

Il corpo celeste si presentò come un suo simile.

Era una stella chiamata Sole.

«Perché sei così piccola e così lontana?» chiese Atlas

«Anche tu sei piccola, alla mia vista. Tutto ciò che vedi, parte da una tua scelta»

Atlas non comprese cosa volesse intendere, era davvero troppo giovane e inesperto, ma comprese che quella stella doveva essere molto saggia.

«Ho sentito che chiamavi il mio nome»

«E' così. Voglio darti un'occasione Atlas. Ogni stella l'ha ottenuta, e così come le altre, l'avrai anche tu»

Sole continuò a parlare: «Poiché la tua vita è adibita all'esaudire i desideri degli uomini, io ti concedo la possibilità di esprimere un desiderio per te stesso»

Atlas non sapeva cosa dire, non pensava neanche che fosse possibile una cosa del genere.

Aveva passato millenni ad ascoltare desideri, ed ora poteva esprimerne uno.

Atlas pensò a lungo a cosa potesse chiedere.

Ora che ci pensava... In effetti gli parve strano come molte stelle arancioni tornavano ad essere azzurre.

Avevano dunque espresso il desiderio di tornare giovani.

Dopo una breve riflessione, Atlas parlò.

«Voglio avere la capacità di trasformarmi»

Sole lo guardò perplesso, ma poi accennò ad un sorriso:
«Trasformarti?»

«Sì. La capacità di abbandonare il cielo per raggiungere la Terra»

Atlas sapeva che il meccanismo di un desiderio non era mai diretto, il fine si esaudiva per mezzo di strani sentieri.

Non poteva rinunciare, però, ad un'occasione del genere.

«Ebbene, così sia. Raggiungerai la Terra sotto diverse forme»

Sole si illuminò ulteriormente, e Atlas socchiuse gli occhi.

Pensò di nuovo a come una stella di piccole dimensioni potesse emanare così tanta luce.

Fino a quel momento la sua vita era stata lineare, senza assurdità.

Ma come Sole gli aveva detto, ciò che vedi parte da una scelta.

- CONTINUA... -

La luce oltre il muro - Racconti e PoesieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora