19. Il ricordo di una stella - Terza Parte

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- Il canto della piuma -

Non aveva mai provato qualcosa di simile.

Non sapeva neanche che potesse esistere qualcosa di così perfido ed empio.

Eppure Atlas conobbe per la prima volta il dolore. 

Non soltanto la sofferenza provocata dalle avide lingue infernali che lo circondavano, logorando ogni parte della sua fisicità, ma anche qualcos'altro. 

Era come se avessero posto un peso al centro del petto, un pugnale freddo come il ghiaccio o un gorgo oscuro e profondo.

Aveva conosciuto il tradimento. L'abbandono. La solitudine. 

Atlas in precedenza avrebbe sicuramente scommesso essere la morte, il peggior nemico dell'animo umano... Forse si sbagliava.

Adesso era immobile. Rigido e in silenzio, quasi non riusciva a pensare.

Qualche immagine forse. Una stella. Un bambino. Un salice. Una fiamma che divampa.

Era stato lungo il suo viaggio, del resto. Non avrebbe mai pensato che una semplice stella, così giovane e inesperta, potesse ottenere la grazia di un desiderio.

Ricordava il nome di quella piccola stella lontana... Sole.

Sì, era proprio Sole. Egli gli aveva donato la facoltà di trasformarsi, di raggiungere la Terra.

Aveva vissuto diverse situazioni, sotto diverse forme.

Per prima quella di un bambino, con la quale acquisì l'umanità. Un turbine di emozioni e sensazioni, che soltanto un essere umano poteva percepire. Conobbe il valore dell'innocenza, e la purezza di una semplice amicizia.

Poi divenne salice, singolo albero di un intero mondo. Respirò per la prima volta, conoscendo la trascendenza della natura che lo circondava e il grande disegno che governava l'universo.

E subito dopo aver imparato ad amare un fratello come fosse proprio, conobbe il dolore, una spirale buia che lo assalì senza minima aspettativa.

Adesso era immobile. Forse avrebbe chiuso gli occhi, lasciandosi alle spalle la stanchezza del viaggio.

Era piacevole, quella tiepida oscurità. Bastava chiudere gli occhi, solo per un momento...



Sentiva qualcosa. Un rumore, ovattato e distante.

Non capiva esattamente quale oggetto o animale stesse facendo quel suono. Ascoltando attentamente, però, percepì una logica in quello che stava sentendo.

Era davvero bello, armonioso. Toni alti, toni bassi. Quale animale faceva un verso simile? O forse qualcuno stava... Rompendo degli oggetti?

Davvero non capiva come un suono così ben definito, melodioso e piacevole potesse provenire da qualcosa di naturale.

Eppure aveva vissuto la vita di un albero, conosceva ogni segreto della natura. 

Lentamente il buio iniziò a svanire, con l'aprirsi progressivo delle palpebre.

Aveva di nuovo gli occhi... Era forse tornato un umano?

Atlas mise a fuoco, cercando di scorgere qualcosa. Vedeva delle aste di metallo, o forse dei pilastri.

Si guardò intorno, era interamente circondato da quelle sbarre. Si sentiva in trappola, e forse lo era... Quella era una specie di prigione? 

Aguzzando meglio la vista capì di poter arrivare ancora più lontano. Vide una grande stanza, provvista di mobili e diversi decori.

La luce oltre il muro - Racconti e PoesieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora