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revisionato

Xavier si alzò svogliatamente dal letto. Anche quel giorno avrebbero fatto allenamenti su allenamenti per prepararsi alla finale. Ancora, però, non riusciva a capacitarsi del fatto che fossero riusciti a vincere contro il Brasile: gli sembrava così irreale essere al FFI e, soprattutto, essere arrivato alla finale. Da piccolo aveva sempre sognato questo momento, adesso il suo sogno si stava realizzando. Peccato che Jordan non c'era. Nei giorni in cui il loro rapporto si stava restaurando, mentre guardava il cielo, aveva pregato i suoi genitori di far sì che lui fosse al suo fianco in quel momento, ormai Jordan era diventato parte del suo sogno, eppure quel piccolo desiderio non era stato esaudito. Forse volevano farlo dannare per le cazzate che aveva commesso in passato contro quel ragazzo.

Si stiracchiò allungando le braccia al soffitto e da sotto la maglietta nera con al centro una galassia - che gli stava un po' piccina - uscì l'ombelico. Si guardò allo specchio e sorrise leggermente ricordando quando Jordan, da piccoli, glielo toccava sempre con il dito perché era all'infuori. Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per rivivere quel momento. Per rivivere Jordan in un modo diverso, magari migliore.

Lanciò la maglietta sopra la sedia e lasciò scivolare i pantaloncini corti e bianchi nel pavimento. Indossò la divisa azzurra della Inazuma Japan e le scarpe da calcio e osservò l'orario dalla sveglia che teneva sopra la scrivania: le 8:14, era in anticipo, stranamente. Aveva preso la brutta abitudine di alzarsi tardi dallo stesso Jordan che occupava i suoi pensieri ventiquattro ore su ventiquattro.

Si sedette sopra la sedia e aprì un cassetto, tirando fuori una busta bianca. Jordan Greenway, lesse nel retro. La aprì e tirò fuori una foto dell'amico che era rimasto in Giappone. Sentì un stretta al cuore rivedendo quegli occhi neri e pieni di luce: gli mancavano da morire quelle sue stelle. La sua posa era un po' strana e vedeva uscire dal basso il tulipano di Claude, segno che il fotografo era stato Bryce. Mentre leggeva le parole dell'amico gli salirono le lacrime agli occhi. Li strizzò più volte per non piangere e rovinare anche l'elegante scrittura del verde.

Ciao a tutti!
In Giappone sono entusiasti per il vostro modo di giocare. Ci stiamo allenando duramente per affrontare gli avversari più forti del mondo: non vogliamo perdere. Anche un viaggio di 1000 chilometri inizia con il primo passo.
Non vedo l'ora di tornare a giocare con voi. Vedrete un giocatore più esperto!
Con affetto,
Jordan Greenway

Xavier si alzò passandosi il dorso della mano sotto agli occhi. Appoggiò la lettera sopra la scrivania e aprì la porta, camminando nel corridoio. C'era uno strano silenzio: forse erano già scesi tutti. La finale li aveva messi in fibrillazione e morivano dalla voglia di allenarsi (non a caso Mark aveva aumentato i suoi allenamenti speciali, come il resto della squadra).

Mentre scendeva le scale, Xavier rifletté sulle parole di Jordan. Dentro di sé non vedeva l'ora di tornare a giocare con lui, ma non tanto per vedere quanto era migliorato, quanto per averlo vicino ancora un'altra volta e avere la scusa per poter toccare la sua pelle liscia. Insomma, per lui era ancora il suo migliore amico. Si sentì ancora triste al pensiero di Jordan: ultimamente gli capitava spesso. Di solito era solo preoccupato, ma pensava di esserlo solo per abitudine.

Entrò nella sala da pranzo e vide che erano già tutti lì. Sorrise leggermente e prese il suo vassoio, ringraziando gentilmente Camelia e andando a sedersi accanto a Mark. «Buongiorno!» esclamò quest'ultimo, masticando un pezzo di cornetto ripieno di Nutella. Intorno al sorriso smagliante era sporco di cioccolata e a Xavier ricordò Jordan mentre mangiava il gelato alla fragola, il suo preferito: si sporcava sempre. Basta pensare a lui!, si ordinò schiaffeggiandosi mentalmente

STARDUST, hiromidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora