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revisionato

Jordan stava camminando per le strade della riproduzione esatta di Inazuma City con le mani in tasca e i pensieri altrove. Prima, per la fretta di tornare a casa senza incontrare Xavier - non capiva nemmeno lui il motivo del proprio comportamento, ma aveva avuto improvvisamente paura di parlarci -, l'aveva guardata con superficialità, ma adesso, dato che era letteralmente stato cacciato fuori casa da un Claude mezzo infuocato per fare la spesa, la stava osservando attentamente: le vie erano le stesse, tutte le case che vedeva gli ricordavano il posto da cui veniva, la propria storia e i mesi prima, dove aveva minacciato l'incolumità dei suoi abitanti.

Strinse le mani a pugno e scosse la testa cacciando in una parte remota del cervello quei ricordi intrisi di dolore. Si era ripromesso di non parlarne mai più, nemmeno di pensarci mentre era da solo e la sua mente vagava in corridoi sconosciuti, tirando fuori cose che era meglio lasciare al loro posto. In quel periodo della sua vita, inoltre, aveva avuto un crollo emotivo piuttosto forte e non voleva riprovare le stesse sensazioni di quei giorni, durante i quali aveva causato infinite sofferenze a ragazzi che volevano solamente seguire i loro sogni, come aveva fatto lui stesso. Non aveva voglia, poi, - o, meglio, gli mancava il coraggio - di affrontare quel dolore. Forse era anche per questo, pensava, che non voleva parlare con Xavier, oltre al fatto che se se lo fosse ritrovato davanti avrebbe dimenticato come si respirava e si pensava.

Si fermò di fronte al mini market più vicino a casa sua e si guardò un attimo alla vetrina, con un leggero sorriso a increspargli le labbra. Aveva avuto giusto il tempo per cambiarsi: indossava infatti un paio di jeans corti e una canottiera simile a quella dei giocatori di basket che gli arrivava a metà coscia (in estate la usava come pigiama per dormire, la maggior parte delle volte). Ai piedi portava delle comodissime infradito e per il caldo aveva deciso di legare i capelli verdi in una crocchia sopra la testa - che gli stava anche bene, sebbene qualche ciuffo era sparso di qua e di là, dandogli così l'aspetto di uno che si era appena svegliato da un riposino pomeridiano.

Diede le spalle alla vetrina e avanzò fino alla porta scorrevole, che si aprì da sola al suo arrivo. Sono davvero così importante allora, pensò e sorrise come un bambino, per poi darsi dello stupido da solo. Dopo essere entrato, prese un carrello e iniziò a gironzolare per il supermercato. Alle volte saliva sopra le ruote del carrello e si lasciava trasportare, come quando faceva da piccolo quando andava a fare la spesa con una delle donne dell'orfanotrofio e qualche suo compagno. Nel frattempo metteva dentro al carrello ora del salame piccante, poi una busta di carote alla julienne - lui le amava -, del pane, un pezzo di focaccia, della pasta e così via.

Ben presto si ritrovò il carrello riempito a metà: decise che potesse bastare così e  camminò fino alla cassa. Aveva preso tutte cose economiche e sottomarca, non voleva spendere troppi soldi per del cibo. Si mise in fila dietro un signore alto dai folti capelli  di colore marrone/viola. Iniziò a canticchiare una delle sue canzoni preferite (The Show Must Go On dei Queen, un gruppo di cui era follemente innamorato), che era stata anche la colonna sonora dell'intera permanenza a Inazuma City con la Inazuma Japan grazie a lui, quando vide che anche l'uomo davanti a lui aveva il carrello pieno. C'erano molte bevande energetiche e si chiese cosa avrebbe fatto con tutta quella roba: poteva sfamarci una squadra di calcio per due giorni.

L'uomo si girò e Jordan alzò lo sguardo. Appena incontrò i suoi occhi, spalancò la bocca  e sentì il respiro bloccarsi sul suo petto. «Allenatore Travis...» mormorò, sbalordito. Percival sbatté le palpebre un paio di volte, poi tornò con la sua solita espressione neutra. Il verde non si fece fermare da quello sguardo apparentemente freddo e lo abbracciò di slancio. «Oh, sono così felice di vederla!»

Travis, dopo un attimo di sbandamento per il gesto tanto affettuoso quanto inaspettato del ragazzo, ricambiò l'abbraccio. «Jordan» disse e sorrise leggermente, mentre gli scompigliava i capelli sulla nuca. «Non sei arrabbiato con me per non averti richiamato?» Dalla voce si capiva che si sentiva tremendamente in colpa per averlo lasciato da parte.

STARDUST, hiromidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora