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Le Gallerie erano molto buie. E lunghe. I Kaninch avevano portato per noi delle creature molto particolari: potevano correre fino a trecento chilometri orari. Assomigliavano a dei conigli giganti, dal colore bianco sporco. In quel momento ero mezza affondata nel pelo di uno di loro,  e sentivo l'aria premermi addosso. Sentivo solo quella. Era buio pesto. Ma i kaninch e questi animali ci vedevano, al buio. Dietro di me, Jean, che si teneva alla mia vita. Non lo so da quanto stavamo correndo. Da tanto. Sicuro. Non mi sentivo più le gambe.
So solo che la luce improvvisa che apparve in fondo al tunnel mi abbagliò.
Ed eccoci, in cima alla collina in fondo alla valle. Alla mia valle. Ecco il mio castello. Ecco il borgo.
Luna comandava con grande maestria, e la sua voce ci giungeva forte e chiara. Era ormai il tramonto. Saranno state le sei. E dopo dieci ore seduta su una pelliccia mi sentivo abbastanza indolenzita. Jean mi aiutò a scendere e mi sgranchii le gambe.
Ci riposammo fino a quando la luna apparve nel cielo. Poi, ripartimmo.
A passo spedito. Molto spedito.
Sapevo che c'erano delle sentinelle sulle torri. Ma la pelle dei Kaninch e di quelle creature era impenetrabile. E così passammo; i Kaninch scalarono le mura come se nulla fosse. Con una rapidità disumana; con un salto erano già a venti metri di altezza. E le guardie furono a terra, stordite. Avevo pregato loro di non ucciderle. D'altronde, erano pur sempre soldati di mio padre.
Facemmo irruzione nella sala del trono senza sforzo. E non perchè le forze del palazzo fossero deboli.  Semplicemente, i Kanich erano troppo forti. Una formica contro un elefante.
Il pavimento di marmo rosso, i tendaggi blu oltremare dietro al trono. Lo stemma del dragone.  E mio padre seduto là, sul trono. Stessi occhi vacui. Che mi guardarono. Ma non mi videro.  I capelli castani gli ricadevano in disordine sul viso e sulla barba rada. La corona sul capo, storta, di oro e rubini.
E dietro di lui, accanto allo schienale, una donna. Era molto bella: lunghi capelli neri, mossi, lunghi fino alle ginocchia. E occhi verdi. Magra e flessuosa, posò i suoi occhi su di noi e sorrise, mostrandoci i denti candidi dietro le labbra carnose e rosee.
Mi guardò.  E la sua espressione cambiò. Divenne inquietante. E si sciolse come fanghiglia nera, rivelando una donna di corporatura media, con degli occhi azzurri opachi, senza pupilla. Mi ricordarono gli occhi dei pesci quando imputridiscono. E il viso: bianco cadaverico  e coperto da una pelle giallognola e squamosa come quella di un rettile.  E le mani: nere. Come se fossero sporche di fuliggine.
Sul corpo, un pastrano nero con cappuccio, che le copriva i capelli.
Mio padre continuò a fissare il vuoto come se nulla fosse successo.
E poi, delle lunghe ombre iniziarono ad allungarsi da lei, afferrando alcuni Kaninch e sventrandoli.
Sembravano degli uomini. Ma appena la luce li investì, esplosero in cenere.  Altri corsero vero di noi. Anzi, sembravano scivolare sul pavimento, flessuosi , senza toccarlo. Rapidissimi. Erano ombre. Non avevano occhi o bocca. Li riconobbi subito come  Bayangan, creature ombra che si nutrono della vita delle persone. I kaninch colpiti erano diventati delle mummie.
La strega avanzava in mezzo a tutto quel putiferio. Le grida riempivano l'aria, molti Kaninch riuscivano a colpire quelle cose, ma erano tanti,troppi.
E lei avanzava, calma. Lo sguardo freddo puntato su di me, l'andatura sicura, i piedi che si intravedevano dalla veste, sporchi, come se fossero coperti di fuliggine.
E poi, eccolo. Persi un battito.
Un ombra si staccò dal suo corpo, e continuò a crescere, e crescere, e crescere. Raggiunse i trenta metri.
Un drago ombra, un Seselis. Il più feroce e pericoloso fra i draghi, ne emerse. La pelle squamosa come un serpente, nera e dorata, rilasciava del fumo leggero. Gli occhi dorati della creatura si posarono su di noi.  Erano opachi, come quelli di mio padre, e vitrei. Era sotto incantesimo, bisognava liberarlo o ci avrebbe uccisi tutti.
La strega sorrise, maligna.
Ormai era chiaro che il suo intento fosse di distruggerci. Sperai e pregai che  gli altri, al Regno della terra, stessero bene.
Però, quando gli occhi del Drago incrociarono i miei, l'essere si fermò.
E mi guardò. I suoi occhi si strinsero.
E poi, una fiammata nera nella mia direzione.
Una barriera lilla ci avvolse.
Le fiamme la colpirono.
Fu come se  l'acciaio avesse ricevuto un colpo di martello.
Luna era davanti,  e reggeva una gemma grande quanto un uovo dal colore lilla e dalla forma esagonale, che teneva alta sulla sua testa, il braccio destro alzato.
Vidi la strega digrignare i denti.
La rabbia luccicare metallica nei suoi occhi.
"Come osi?! Come osi usare il Crysil contro di me?! Quando proprio noi lo abbiamo creato?! Quella gemma è nostra!" Le disse Menandra, urlando.
"Per troppo tempo ci avete uccise, ci avete cacciate, ci avete vendute come se fossimo  oggetti, e ci avete trattate come schiave! Noi vogliamo la nostra libertà! Vogliamo essere ascoltate! Ma a voi non importa! Non vogliamo delle leggi formali! Vogliamo giustizia! E se non ce la date voi, ce la prendiamo da sole!" Disse, gli occhi di brace.
"Siete accecate dal rancore! Possiamo trovare una soluzione!" Propose Evan, facendosi avanti.
"Soluzione?! SOLUZIONE?! AH! Voglio proprio vedere! Ci metterete ancora al rogo?! E perchè?! Per questo schifo che abbiamo attaccato al viso?! Perchè siamo diverse?!" Disse, mentre le ombre ci attaccavano nuovamente.
Assumevano diverse forme: animali feroci, uomini o mostri.
Ma quel Crysil, qualunque cosa fosse, li teneva lontani.
Conoscevo le dicerie secondo le quali le streghe ombra sarebbero state vendute come schiave, un tempo. Ma erano passati troppi anni. Millenni. Ora erano solo odiate per la loro malvagità. Tutte le streghe ombra erano malvagie. La loro crudeltà era rinomata fra tutte le creature dei Quattro Grandi Regni.
Evan intervenne subito: bloccò la strega fra braccia di pietra, ma fu dura prenderla. Sciovalava via come fumo, e fu solo grazie all'intervento di quella gemma se le Braccia di Pietra, diventando lilla, furono in grado di afferrarla, frantumando una collana che aveva al collo, a forma di occhio.
Il drago sbattè le palpebre e diede un ruggito spaventoso, prima di sbattere le ali e volare via, abbattendo mezzo soffitto e facendo crollare diverse macerie. Mio padre cadde dal trono, e rimase steso a terra privo di sensi.
La preoccupazione per lui mi attanagliò, ma mantenni la calma.
Il suo sguardo si posò su di me.
Qualcosa, in quegli occhi azzurri e lattiginosi, senza pupilla, mi fece fremere di paura e disgusto, così come il suo viso, ciperto da una specie di pelle giallognola e squamosa. Mi sorrise in maniera orribile e mi studiò attentamente.
Come con Luna, il suo sguardo fu attraversato dalla comprensione.
"Ooooo ma guarda... la principessina è tornata a casa? L'odore del tuo sangue non mente. E io  che non mi sono accorta di cosa avevo fra le mani ... " mi disse, sogghignando; la sua voce era ruvida, poco  più che un sussurro.
Inclinò la testa da un lato, mentre le braccia di pietra la tenevano ferma, studiandomi.
Sorrise ancora. Un sorriso freddo e maligno. I suoi denti erano neri come la pece.
"Direi che non se ne sono accorti neanche loro... " aggiunse, canticchiando, lanciando occhiate a Jean e Erik, uno alla mia destra, e il fratello alla mia sinistra.
Gli occhi di Jean divennero due fessure.
"Cosa stai dicendo?" Le chiese, la voce indurita.
"Presto le mie sorelle ti troveranno, principessa. - disse, respirando affannosamente, il suo sguardo folle e pesante come quello di un rettile su di me-  e tu rimpiangerai di non essere morta oggi! Ma questo è un bene, per noi! Vedrai!" Disse, ridendo come una pazza.
"Vedrai! Ahahahhah vedrai, vedrai! Presto lo vedrete tutti! Cadrete come mosche!" Disse, scossa da risa isteriche, poco prima che Jean la decapitasse, e la sua testa rotolasse sul pavimento.
Mi sentii mancare; Erik mi sorresse con un braccio.
Il sangue della strega era nero e viscoso,  e copriva il pavimento di pietra.
Nascosi il viso nel collo di Erik: lo sguardo ormai velato della testa sul pavimento, e il fantasma del suo sorriso sulle labbra mi davano i brividi.
Un Kaninch robusto si avvicinò  a noi:
"La strega nel regno della Terra è morta, signori. I vostri fratelli stanno bene, e anche vostro padre." disse, rivolgendosi ai sei principi che erano con me.
Loro lo ringraziarono e poi, voltandosi verso i centinai di Kaninch che erano presenti, fu Jean a parlare: "IL REGNO DEL FUOCO È LIBERO! AVETE  COMBATTUTO CON ONORE, E CI AVETE AIUTATI NEL MOMENTO DEL BISOGNO! NON LO DIMENTICHEREMO! " disse, rivolgendosi alle creature lì presenti, che eruppero in grida di giubilio.

(1 ) Enchanted - MaledictisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora