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Aiden imboccò la nostra via. Era buio pesto e in cielo non vi era neanche una stella. Erano le nove passate e mi aspettavo una sgridata dai miei genitori. Avevo ignorato le loro chiamate, troppo impegnata a discutere con Aiden. Avevamo trovato una Dunhill fumata a metà. Era la marca di sigarette forse meno diffusa nella zona, ma sarebbe comunque stato come cercare un ago in un pagliaio.

Inoltre, avevamo considerato l'idea che sarei dovuta andare da sola da Carrie Hamilton. Aiden era comunque considerato un sospettato dalla maggior parte dei cittadini, mentre io ero un innocua diciassettenne. La cosa avrebbe avuto più possibilità di funzionare.

- Oh, merda... - digrignò. Alzai lo sguardo dal cellulare, focalizzando immediatamente l'auto della polizia davanti la villetta degli Evans, subito dopo quella di mia madre.

Aiden parcheggiò, scendendo a razzo dal veicolo. Non vidi l'auto di suo padre, quindi mi prontai, nel caso avesse avuto bisogno di aiuto. - Vengo anch'io, ti avevo detto che ti avrei aiutato - dissi, seguendolo.

- No, vai a casa - mi bloccò. Rallentai il passo fino a fermarmi, confusa. Non si degnò nemmeno di voltarsi, correndo verso la porta.

- Cosa? Me lo hai chiesto tu - protestai, alzando le braccia.

Si fermò prima di entrare, voltandosi. - Sì, ma hanno ritirato la denuncia -. Detto questo entrò in casa, chiudendo la porta senza guardarmi.

Il cellulare squillò nella tasca dei miei jeans. Lo afferrai, rispondendo immediatamente. I miei dovevano essere al limite della sopportazione.

- Mamma, sono qui fuori, sto entrando - dissi, camminando verso il cancelletto.

- Wendy! La polizia ha portato Dylan in centrale -.

***

Mi ritrovavo ancora una volta al Tina's con i miei quattro amici. Avevo mandato un messaggio a mia madre, dicendole che ero rimasta a lavorare per qualche altra oretta, poi avevo gettato il telefono nello zaino, con me da quella mattina.

Presi un sorso dalla cannuccia, senza parlare. Dylan era proprio di fronte a me. Tutti sembravamo esserci trasformati in Josh. Silenziosi e discreti.

Non parlavo col giocatore di baseball da più di una settimana e, dopo quello che era successo, mi sentivo di doverlo fare. Sentii il suo sguardo posarsi su di me, così alzai gli occhi incerta.

- Mi dispiace - sussurrò, con un'espressione angosciata. - Potevi fare a meno di combinare tutto questo casino per una ragazza - ribattei acida. La polizia aveva rintracciato il suo numero e lo aveva interrogato all'istante.

- Lo so! - quasi urlò - Sono stato un coglione -.

- Hai agito da bambino, Dylan. Hai incolpato Aiden e hai fatto la figura del deficiente con la polizia - lo rimproverai. Ci aveva raccontato di aver confessato tutto alla polizia. Il motivo per cui aveva incolpato Aiden, quello per cui aveva ritirato la denuncia. I due poliziotti si erano pure messi a ridere, prima di dargli una bella strigliata. Aveva depistato la polizia per settimane, sebbene avessero capito che Aiden non poteva aver fatto tutto quello.

- Mi pare che ho già detto di essere stato un coglione -. Era pure irritato!

- Non credo che basti - lo canzonò Bryan, guadagnandosi un'occhiataccia.

- Una città intera crede che l'assassino sia dentro la casa degli Evans - sussurrai con tono accusatorio. Mi ero sporta in avanti senza accorgermene, con le dita strette attorno al legno del tavolo. Dio, che cosa ha combinato quel deficiente?!

- Comunque resta il fatto che Stephen sia morto subito dopo il loro arrivo - commentò la mia migliore amica, senza occuparsi di abbassare il tono della voce. - Sì, gridalo più forte - la schernì Josh, che se n'era rimasto in silenzio per tutto il tempo, anche quando Dylan aveva raccontato del suo interrogatorio.

Come la peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora