23. Amleto

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Tastai il comodino alla ricerca del telefono per staccare la sveglia. Avevo impostato Umbrella da anni ormai. Era l'unica canzone che riuscisse a darmi la dose minima necessaria di energia per alzarmi dal letto.

In realtà quella mattina, nonostante mi trascinassi la stanchezza di pochissime ore di sonno, mi sentivo particolarmente energica. Appena sveglia aveva sorriso come se avessi passato la notte sdraiato su un prato fiorito a fare tanti bei sogni, e la cosa aveva impressionato anche la mia voce della coscienza.

Mi recai in bagno, pensando già alla discussione avuta con Aiden due sere prima. Quel pensiero mi accompagnò fino a quando scesi a fare colazione. Aiden si era insinuato nella mia mente e si era costruito una casa. Succedeva che, o per rabbia o per gioia, finissi sempre a pensarlo. Tutto il suo comportamento, poi, non aveva fatto altro che confondermi ancora di più. Mi aveva dato buca e poi cercato di riallacciare i rapporti. Rapporti di cui non avevo definito la tipologia.

Prima solo due persone alla ricerca di un assassino, poi amici forse e ora due persone in lotta con loro stessi. Il suo atteggiamento mi aveva deluso così tanto da far crollare tutte le certezze che avevo su di lui.

Quando finii di prepararmi, scesi in cucina. I miei avevano già iniziato a fare colazione, come ogni mattina. I miei occhi furono immediatamente conquistati da un piatto stracolmo di pancakes.

Mi accomodai difronte mia madre, tirando un paio di pancakes nel mio piatto. I miei avevano improvvisamente smesso di parlare, ma me ne ero accorta solo in quel momento. Alzai gli occhi su di loro, sentendo la fronte riempirsi di rughe. Mia madre sembrava quasi impietosita e non era una bella sensazione trovarsi davanti quel tipo di sguardo. - Perché mi guardate? -.

Mia madre non aprì bocca. Posai il piatto di pancakes da dove l'avevo preso, iniziando a sentire la tensione nell'aria.

- Tu... tu e Aiden siete amici? - domandò mio padre.

Alzai le sopracciglia, completamente stravolta da quella domanda. - Sì, più o meno - risposi esitando. La mia voce era insicura, mista alla paura per quella domanda.

- Wendy, non mi piace quel ragazzo -. Mia madre aveva finalmente aperto bocca per dire la sua sentenza.

- Perché? Pensi anche tu che abbia ucciso Stephen? - mi agitai.

- Abbassa la voce. E no, non è per questo -.

- Aiden è un bravo ragazzo. Mi è più vicino di quanto non lo siate voi - li accusai, cercando di contenere la rabbia.

Mia madre restò senza parole. I suoi occhi mi guardarono vuoti per qualche secondo, poi si alzò per mettere il suo piatto in lavastoviglie.

- Tesoro, ascolta... - sospirò l'altro.

Mi voltai a guardarlo piena stizzita. Mi avevano offeso e deluso un'altra volta. Perché pensavano che Aiden non fosse una brava persona? Perché lo pensavano tutti? Perché a volte lo pensavo anch'io?

E perché a volte pensavo che fosse l'unico con cui poter essere me stessa?

- I genitori vanno sempre ascoltati -.

Scossi la testa, alzandomi da tavola. La sedia provocò il frastuono che desideravo.

Tornai in salotto a prendere lo zaino e raggiunsi la porta. - Dove stai andando? - urlò mia madre. Sembrava isterica.

Come la peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora