Capitolo 6 - INCONTRI SPIACEVOLI

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-Ehi, Alison! Ehi, tipo strano che si fa chiamare Jim! Che ci fate lì? Chiacchierate? Ma che carini...-
Alison guardò dritto negli occhi Edward, il ragazzo più antipatico e arrogante di tutta la scuola... e che era proprio in classe con loro.
Giravano mormorii per l'istituto che qualche volta avesse anche picchiato degli alunni più piccoli e che si drogasse.
Se ciò era vero, la ragazza non faticava a crederci.
-Wow... allora lo schivo e sfortunato Jim si è trovato una fidanzata... ma guarda un po'...-Edward si avvicinava sempre di più a loro mentre sogghignava.
-Come ti permetti di parlare alle persone in questo modo? Lasciaci in pace!- Esclamò Alison con tutto il coraggio che aveva in corpo.
Jim, dal canto suo, si limitava ad osservarli. Sembrava che studiasse la situazione; i commenti dell'altro ragazzo non l'avevano neppure scalfito.
-Mi spiegate cosa fate a quest'ora ancora in giro? Non dovreste essere ognuno a casa propria? Questa cosa mi sorprende, credo proprio che qui ci sia un feeling...- Stava continuava a ridere di loro come se nulla fosse, anche se questo non sorprese Alison: conosceva bene Edward, ed era la classica persona che non aveva nulla da fare tutto il giorno e perciò si divertiva a inventarsi storie sulla gente o a prenderle in giro come stava facendo in quel momento con lei e Jim.
Il ragazzo continuò: - Che cosa c'è in quel sacchetto che, tu, gattara, stai tenendo in mano? Il mio istinto mi direbbe subito che si potrebbe trattare di un anello di fidanzamento per il tuo caro amico vicino a te, ma a giudicare dal sacchetto dovrei ripensarci, oppure hai appena comprato un nuovo giocattolino per i tuoi gatti idioti... non ti ho più chiesto poi come stanno... sono morti? -
-Adesso basta! Hai detto anche troppo! Non hai proprio niente da fare che stare qua...-
Lo sfogo di Alison venne bloccato dal suono della voce profonda di Jim che la invitava a stare calma. -Alison.-
-No! Lascia che gliene dico quattro!-
-Alison.- Jim era impassibile e i suoi occhi verdi fissavano un punto all'orizzonte.
Poi, si girò verso di lei. -Non risolverai niente così. Dobbiamo semplicemente andar via e lasciar perdere. Vieni.-
-Ma...-
Alison provò ad obbiettare, ma Jim posò l'indice sulla sua bocca, provocandole mille brividi.
-Shhh... stai calma. Ricordati che se continui a rispondergli, il suo gioco durerà all'infinito. - Nel pronunciare queste parole, il ragazzo la guardò dritta negli occhi una seconda volta, e lei si ritrovò ancora a vivere nell'oblio di poco tempo prima.
Jim ritirò il dito, anche se Alison continuò a sentire il suo tocco. Non si sarebbe mai più data nessun lucida labbra o cose simili. Per un attimo i loro visi erano stati vicini... si riscosse dai suoi pensieri non appena si ricordò in quale situazione erano.
Edward si era parato loro davanti, essendosi accorto che Jim aveva iniziato a fare i primi passi. -Dove pensate di andare? Voi non andrete proprio da nessuna parte finché io non avrò scoperto cosa c'è dentro a quel sacchetto!- Ridacchiò mentre allungava la mano per prenderlo, ma Alison fu più svelta a sottrarglielo.
La ragazza fece un bel respiro profondo. - Sandwich. Sono sandwich, va bene? Adesso ci lasci in pace? Nessun anello o cose varie dentro.-
Edward sgranò gli occhi. -Sandwich? Sei seria? State andando a un pranzo romantico e comprate... dei sandwich? Non capisco proprio le coppie di oggi...- Concluse scuotendo la testa.
-Non vedo allora perché dovresti insultarci se non condividi le nostre idee.- Ribatté Jim con calma.
Edward gli diede ragione inaspettatamente. -E va bene, in effetti ho già perso troppo tempo qui, ma, sappi, Alison, che il tuo Jim non potrà difenderti per sempre, e tornerò per chiederti qualcosa di molto importante. - La guardò dritta negli occhi. -Stai attenta. -
Si girò e da lì a poco scomparve.
-Alla fine non è neanche poi stato tanto difficile toglierselo dai piedi.- Disse soddisfatto Jim. -Ma c'è una cosa che non mi è chiara...-, aggiunse girandosi a guardare Alison -... cosa vuole da te? Cosa ti deve chiedere? Lo sai?-
-Purtroppo no. Me lo stavo chiedendo anch'io. - Rispose lei scuotendo la testa. -Non ho neanche una vaga idea...-
-Lasciamo perdere questo discorso. Piuttosto... dov'è casa tua?- Le sorrise.
Lei gli sorrise a sua volta, imbarazzatissima. - Ehm... non è molto lontana da qui, infatti io vengo a scuola a piedi di solito.-
Spero soltanto di non ricominciare a balbettare..., pensò preoccupata mentre cominciava a dirigere il ragazzo verso casa propria. Prima ero riuscita a comportarmi da persona normale...
Intanto pensò tutto il tempo a una scusa per i suoi genitori, ma non riusciva proprio a trovarne una che loro potessero credere. E se loro si fossero arrabbiati, il che era inevitabile, avrebbe fatto davvero una brutta figura con Jim.
Trascorsi circa sette minuti, si fermarono davanti a casa di Alison.
Sono pronta per l'inferno.
La ragazza prese un respiro profondo e aprí la porta.
Si aspettò di vedere sua madre guardare la TV, ma in casa non c'era nessuno.
Che strano.
Alison cominciò a sperare.
Mentre appoggiava il sacchetto con i panini sul tavolo, notò sul frigorifero, in bella vista, un foglietto giallo.
Lo lesse col cuore in gola.
Poi le venne voglia di esultare e a urlare fino a far uscire di casa tutto il vicinato.
Il biglietto era chiaro: "Siamo ancora al lavoro e arriveremo verso le cinque. Il pranzo dovrai prepararlo tu, ci dispiace. Magari compra qualcosa in giro." Firmato da sua madre.
Fantastico. Non avrebbe potuto desiderare di meglio.
Intanto Jim stava ispezionando la stanza. -E' davvero carina la tua casa. E poi, con tutte queste piante e questi disegni attaccati... invece mia zia odia questo genere di cosa. Con lei non si può avere una casa bella come la tua.-
Alison diventò più rossa di un pomodoro.
Fortunatamente, ad allentare la situazione, arrivò Ribes, che si mise a reclamare il suo cibo.
Intanto Diderot stava correndo a strusciarsi contro le gambe di Jim.
Diderot era un Sacro di Birmania bianco e grigio fumo; aveva degli stupendi occhi azzurri e il pelo molto lungo che Alison doveva spazzolare minimo due volte al giorno. Che seccatura.
-Ciao... e tu chi sei?- Jim si chinò e cominciò ad accarezzarlo.
Alison gli rispose cercando di guardare Ribes che stava mangiando felice e di non focalizzare la sua attenzione su Jim, altrimenti non sarebbe più riuscita a staccargli gli occhi di dosso.- È Diderot... uno dei miei gatti... e lui...-, continuò rivolgendosi al gatto bianco impettito che stava arrivando in quel momento, -... è Chopin. Sì, come il pianista.-
Jim le sorrise. -Sono due nomi molto importanti. Come mai questa scelta?-
-Beh... penso che mia madre abbia chiamato così Chopin perché quando dorme va a mettersi sempre sulla sedia del pianoforte...  e Diderot dovrebbe in teoria essere collegato ai libri, ma non è mai stato attratto dall'andare a dormire tra gli scaffali della nostra libreria...- Rise con solarità.
Jim rise a sua volta.
Chopin era andato a sedersi al centro della stanza. Era il fratellastro di Diderot, e, con l'aria regale che aveva, quando camminava teneva sempre la coda bella dritta. Era grigio con le zampe bianche e, come l'altro gatto, aveva anch'esso degli splendidi occhi azzurri.
Dato che era il suo gatto preferito, la madre di Alison gli aveva anche comprato un collare nero e ci aveva aggiunto un papillon sul davanti, in modo che secondo lei desse l'idea di un gatto regale, anche se Alison e suo padre continuavano a ritenere che, così conciato, sembrasse solo uno stupido peluche.
-Ma quanti gatti hai in tutto?- Le chiese Jim a un certo punto.
-Sedici...-
-Cosa? Ho sentito bene? -Lui ridacchiò mentre la guardava con gli occhi sgranati. - E li tieni tutti in casa?-
Lei scosse la testa. -No, ne ho alcuni nel giardino fuori... Chopin e Diderot devono stare in casa perché sono gatti di razza e, beh... Ribes è una privilegiata, in un certo senso... sta sia dentro sia fuori.-
-Ti dispiace se andiamo fuori un attimo? È solo che vorrei stare in un vero giardino, una volta nella vita...-
Alison acconsentì sorridendogli calorosamente.
Poteva capirlo. Di sicuro, pensò che non avesse il permesso di uscire di casa tanto spesso come lei, o, ancora di più, avere un giardino grande.
Lo condusse fuori. Lei cominciò a correre e Jim le andò dietro, con Ribes che li seguiva.
All'improvviso, Alison inciampò in una radice e cadde per terra. Per fortuna non si era fatta niente, ma Jim volle comunque assicurarsi delle sue condizioni. -Ti sei fatta male?-
-No, tranquillo...- Rispose lei facendo un risolino stupido. - Guarda, c'è Lea!-
Lea era una delle sue gatte. Era stata un'idea di Polly di darle quel nome stupido, appena l'aveva vista.
Aveva cambiato discorso perché non voleva dare l'impressione a Jim di essere come quelle bambine piccole e stupide che quando cadono si mettono a piangere, anche perché voleva fare una bella l'impressione al ragazzo di cui era innamorata.
Comunque, Lea c'era davvero. E, appena li vide, fuggí via sotto la siepe.
Non mi ricordavo che fosse così fifona..., si disse.
Comunque, la gatta non avrebbe mai dovuto farlo.
-No! Ma cosa le è saltato in mente? Non potrebbe andare sulla strada, è ancora piccola...-
-È stata colpa mia. - Disse Jim a quel punto. -È normale che alcuni gatti si comportino così con la gente che non conoscono. Te la vado a riprendere, se vuoi.- Guardò Alison.
-Oh... davvero lo faresti?- Chiese lei perdendosi nel suo sguardo.
-Non voglio che tu la perda. È già uscita altre volte?-
La ragazza scosse la testa. -No.-
-Vado e torno. -
Alison vide Jim aprire il cancello e guardare in giro.
La ragazza si chinò ad accarezzare Ribes. -Mi prometti che tu non fuggirai mai da questa casa meravigliosa?-
La gatta la guardò negli occhi, fissandola con il suo sguardo magnetico, e Alison provò quasi impotenza.
Se i gatti potessero parlare... e io potessi parlare con loro... sarebbe meraviglioso...
Sospirò.
Non appena si rialzò di nuovo in piedi, Jim era scomparso.
Spero tanto che riesca a prendere quella gatta pestifera.
Ti prego, Lea, non fare cose strane. Fatti prendere da Jim, cedi al suo fascino. Sei una gatta così stupida alcune volte...
E se Jim non fosse riuscito a trovarla?
E se, peggio, fosse stata schiacciata da un'auto?
Avrebbe aiutato Jim.
Senza esitazione, si lanciò sotto la siepe e attraversò il fosso che faceva da zona intermedia tra la siepe e la strada.
Appena arrivò dall'altra parte, si assicurò che non passasse nessun'auto, poi corse più veloce che poté dall'altro lato della strada.
Dopo tre minuti di ricerca, sentì una voce esclamare: - Ehi, gattina!-
Riconobbe la voce di Jim e subito dopo vide la gattina correre verso di lei, con il ragazzo al seguito.
Alison la prese per la collottola non appena fu abbastanza vicina.
La gatta si dimenava.
Jim raggiunse Alison e le sorrise. - Mi hai seguito.-
Lei annuí. -Ho pensato che ti servisse una mano.-
-Però... alla fine l'hai presa tu.- Disse lui ridendo, guardando la gatta. -Torniamo?- Gli occhi verdi gli brillavano.
-Certo.-
Jim si girò per avviarsi, ma Alison lo richiamò indietro. - Ah... Jim...-
Lui si girò a guardarla mentre le sorrideva ancora. -Sì?-
Alison bloccò Lea  che cercava di scappare dalle sue braccia. -... grazie.-
Jim le sorrise, sincero.
Alison non si era mai sentita meglio.

ANGOLO AUTRICE
Hey, guys!
Cosa ne pensate di questa continuazione?
Ditemi se è di vostro gradimento come sta procedendo la storia e, non temete, siamo solo all'inizio e molti altri misteri attendono Alison e Jim!
Se volete, lasciate una stellina e non esitate a scrivermi anche per eventuali suggerimenti, io sono sempre disponibile!
Vi dico però purtroppo che non potrò più pubblicare un capitolo al giorno come facevo prima perché adesso li sto facendo più lunghi e sarò un po' più impegnata...
Comunque, grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo e ci vediamo nel prossimo capitolo!😸😸😸😸😸😸😸😸😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😉😉😉😉😉

D. BLOND ❤️💕😽😽😽😽😽

Chronicles of the Guardians (#1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora