Capitolo 17

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Trevor's POV

Continuo a guidare guardandola di sottecchi.
È dannatamente bella.
Anche quando dorme, come in questo momento.

Dev'essere stato stancante per lei ricordare e riuscire a non crollare davanti a me.

Sono felice che abbia ricordato di noi, ma d'altro canto m'inquieta.
Se le rivelassi tutto non vorrá mai più passare una serata a mangiare hamburger con me.

Sospiro sconfitto riportando lo sguardo al di fuori del parabrezza dove la strada scorre veloce sotto di noi.

Arriviamo velocemente in città, decido di svegliarla prima di giungere alla sua abitazione.

"Amelia" dico in un sussurro udibile solo a lei.

Un mugolio infastidito per aver interrotto il suo sonno arriva dal lato del passeggero.

"Tesoro, siamo arrivati" le tolgo qualche ciocca di capelli dal viso.

Ad un tratto la portiera si spalanca e una donna trafelata in viso inizia ad urlarmi contro.

"Non saresti mai dovuto ritornare".

Il tono di voce della donna è abbastanza alto da far ridestare la mia piccola donna dal suo riposo.

"Mamma, che succede?" chiede tra uno sbadiglio e un altro.

"È da tutta la notte che ti chiamo Amelia, senza nessuna risposta" risponde irritata zittendomi ancor prima che io possa spiccicare parola.

"Avevo persino chiamato la polizia, immaginando il peggio"

Adesso scorgo nel suo sguardo un'ombra di terrore e capisco immediatamente dove stiano correndo i suoi pensieri.

"Signora Wilson non le farei mai del male, lo sa" cerco di farla ragionare ma invano.

"Anche allora dicesti cosí, lasciandola in balia di chissá quali mostri che l'hanno costretta a vivere in un letto d'osped..." s'interrompe di botto intercettando il mio sguardo ammonitore rivolto alla figlia.

Passa una mano frenetica tra i capelli e con passo svelto si appresta a raggiungere il suo salotto,  non prima di aver urlato alla figlia di entrare immediatamente.

"Cosa è appena successo?"

Gli occhi verdi di Amelia mi fissano pieni di domande e confusione.

"A cosa si riferiva?" Continua.

Colto alla sprovvista dall'improvvisa svolta della giornata decido di non dirle altro se non un semplice saluto.

"Forse sarebbe meglio rimandare quel pranzo"

La mia voce gelida giunge alle sue orecchie come una freccia appena scoccata. Estranea persino a me che sono il padrone di essa.

Si stringe le braccia attorno come a proteggersi dal freddo.

Con lo sguardo ancora fisso sul parabrezza sento la portiera sbattere e la giacca che le avevo offerto per darle calore afflosciarsi sul sedile ormai vuoto.
Così come le mie spalle, stanche di portare appresso tanti sensi di colpa da non aver spazio per pensare ad altro.

Stringo i denti e le nocche sul volante.
Una lacrima solca il mio viso indurito dagli avvenimenti passati.

Schiaccio con forza il piede sull'acceleratore per allontarmi da quella casa, ma soprattutto da lei.

L'ho nuovamente allontanata da me, perchè è questo che continua ad accadere nella mia vita, respingo chiunque possa scovare in me un germoglio di speranza.

Amelia's POV

"Cosa è appena successo?"

mi riscuoto dal mio sonno al sentire le urla di mia madre.

"A cosa si riferiva?" continuo imperterrita con le mie domande.

Attimi di silenzio s'intercorrono tra di noi.
Resto a fissarlo senza una risposta fino a quando non si decide a parlare.

Avrei preferito non lo facesse.

"Forse sarebbe meglio rimandare quel pranzo"

lo sguardo fisso sul parabrazza mentre dice in tono gelido quelle parole.

Stringo le braccia attorno a me come a scaldarmi.
Non riesco a spiegarmi un tale repentino cambio di umore.

Esco in fretta e furia dalla sua macchina buttando la sua giacca sul sedile e sbattendo lo sportello.

Con gli occhi velati di lacrime mi faccio spazio nel viottolo che conduce alla mia porta lasciata aperta da mia madre.
La richiudo dietro di me accasciandomici sopra nel sentire il rumore della sua auto ripartire.

Di fronte a me mia madre mi guarda con occhi carichi di apprensione ma il suo corpo trasuda rabbia.

"Come hai potuto farmi questo dopo tutto ció che abbiamo passato?"

Non riesco a capire a cosa si riferisca accigliandomi alla sua domanda.

Si avvicina a me con passi lenti respirando affannosamente.
Mi aspetto un ceffone da un momento all'altro ma invece ció che fece  di seguito mi lasció di stucco.

"Amelia tesoro mio" mi strinse tra le sue braccia sciogliendosi in calde lacrime.
"Ho temuto di poterti perdere nuovamente" continua tra un singhiozzo e un altro.

"Va tutto bene" le sussurro per rassicurarla "sono qui adesso, con te. Non ti lascerò mai".

Passa qualche altro minuto prima che lei si stacchi da me per poi ricomporsi.

"Mamma, cosa sta succedendo?" chiedo cauta.

"So che c'è qualcosa che dovrei sapere sul mio passato, ma se tu non mi aiuti a colmare i buchi che si sono creati non potrò mai vivere appieno la mia vita".

"Non sei pronta" sussura flebilmente.

"Pronta a cosa?" inizio ad innervosirmi pestando rumorosamente un piede sul pavimento.

"A sapere". I suoi occhi grigi scrutano i miei chiedendomi di non indagare oltre.

Sospiro pesantemente prima di dirigermi in camera.

Credevo che i pezzi di questo puzzle che è la mia vita si stessero rimettendo a posto, ma invece si andavano sgretolando sempre di più.









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