Capitolo 5

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Una settimana dopo

Una sera Chloe tornò a suonare in quel vecchio pub dove si era esibita giorni prima. A domandarglielo non era stato il titolare del locale bensì un cliente, lo stesso con cui Beca aveva parlato.
Frank Davis, questo era il nome dell'uomo, aveva incontrato Chloe per strada una mattina, che andava chissà dove senza staccare gli occhi dallo schermo del cellulare e impiegò svariati minuti per farle complimenti su complimenti per il suo modo di suonare.

E così come quasi due settimane fa, Chloe si ritrovò all'ingresso del pub. Il titolare la salutò con un sorriso e lo stesso fece Frank, invitandola a prendere posto e offrendole un Martini. Chloe non capì appieno perché si comportassero in quel modo dandole così tante attenzioni ma preferì non indagare.
Raggiunse l'altra estremità della stanza, dove il pianoforte e il suo drink la aspettavano, e prese posto sullo sgabello in legno, si rimboccò le maniche della camicia bianca e appoggiò le dita sulla tastiera senza però farle emettere alcun suono.
Diede un'occhiata in giro, apparentemente osservava la gente presente impegnata nelle solite chiacchierate ma sotto sotto cercava una persona specifica, anche se non voleva ammetterlo neanche a se stessa. Ad un tratto incrociò lo sguardo di un cliente con un grosso paio di baffi e i capelli brizzolati, seduto al tavolo di fianco a lei che con un cenno la incoraggiò ad iniziare. Chloe scosse la testa trasferendo tutta la sua attenzione sulla musica. Lentamente le sue mani cominciarono a fare avanti e indietro sui tasti, premendo ognuno di loro con la massima delicatezza e creando una dolce melodia, un po' insolita per un pub ma che comunque attirò parecchie persone. Chloe chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, non era un brano inventato sul momento, in pubblico preferiva non rischiare facendo magari qualche nota stonata, era un brano composto da lei tempo fa e che spesso suonava a casa per rilassarsi. Lo aveva suonato talmente tante di quelle volte che ormai le sue dita andavano in automatico sui tasti giusti.

«Visto? Avevo ragione, concludere con una lenta scala rende tutto più magico.» disse una voce a lei familiare non appena finì di suonare.
«Mark! Che ci fai qui?» esclamò rivolta al ragazzo biondo che le aveva rivolto la parola.
«Ero di passaggio. Ho saputo che suoni qui così ho deciso di farci un salto.» spiegò sorseggiando una bottiglia di birra.
«Io...io non suono qui abitualmente. Sono ancora un'artista ambulante.» lo corresse.
Mark per tutta risposta sorrise scoprendo i denti bianchissimi. «Bhe questo posto non è affatto male. Potresti suonare sempre qui. Certo dovresti cambiare repertorio però...» rispose guardandosi intorno.
«Perché mai dovrei cambiare repertorio?» sfiorava ancora con entrambe le mani la tastiera e lo smalto blu scuro risaltava grazie alla luce dei lampadari.
«Perché quella che suoni tu è una musica un po' troppo sentimentale per un pub.» disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Questo è il mio stile. Non cambio il mio modo di suonare solo per farmi assumere in un locale. Se mai verrò assunta sarà per suonare questo tipo di musica fine della storia.» affermò con una nota di disappunto. «E poi ai clienti piace ciò che suono. Mi è stato chiesto da uno di loro di tornare qui.» aggiunse soddisfatta.
«Chloe, Chloe sei davvero così ingenua?» Mark poggiò entrambe le braccia sul tavolo e guardò la ragazza così intensamente che sembrava avrebbe potuto trafiggerla da un momento all'altro. «Andiamo...sappiamo entrambi che non è la musica che interessa a quei vecchi balordi. Sei una bella ragazza, questo ti dice niente?» chiese alzando un sopracciglio.
«Non dire sciocchezze!» esclamò Chloe a voce un po' troppo alta. «Mi stupisco di come tu possa pensare una cosa simile.»
Si alzò dallo sgabello e raccolse le sue cose prima di raggiungere l'uscita.
«Signorina Beale.»
Fu il titolare, un uomo dai capelli grigi e un accenno di barba, a chiamarla, probabilmente perché aveva notato il rossore che le stava tingendo le guance.
«Io ho finito per stasera signor Lynch.» disse spingendo la maniglia della porta.
«Vorrei parlarle.»disse asciugando un bicchiere.
Quelle parole fecero fermare Chloe di botto e i suoi battiti aumentarono. Si voltò e guardò il signor Lynch che intanto le rivolgeva un caloroso sorriso.
«Se non le dispiace potremmo andare sul retro.» aggiunse l'uomo grattandosi la nuca con fare nervoso.
Chloe annuì incuriosita, era una delle poche volte in cui il titolare le rivolgeva la parola e le sue parole riuscirono ad impedirle di andar via.
Uscirono dal locale e raggiunsero la parte posteriore dell'edificio, dove vi erano accumulate pile e pile di scatoloni.
«Dunque...questa è la seconda volta che lei suona qui, giusto?» cominciò appoggiandosi al muro di mattoni.
«Sì esatto.»
«Innanzitutto ci terrei a farle i miei più sinceri complimenti per la sua musica, la trovo meravigliosa. Ed è proprio per questo che vorrei farle una proposta.»
Chloe lo guardò torva, aveva già un'idea ma non voleva lasciare che la sua mente corresse troppo.
«Da quando suona qui, anche se è successo solo un paio di volte, la nostra clientela è aumentata notevolmente. Mi sono permesso di fare una specie di sondaggio, chiedendo ai miei clienti se gradivano la musica che lei suonava e sono entusiasti, amano il suo modo di suonare e amano tornare al locale per sentirla. Per cui vorrei chiederle...le andrebbe di lavorare al pub per qualche tempo?» concluse il suo discorso con un sorriso simile a quello di qualche minuto fa.
Chloe impiegò qualche secondo per essere sicura di aver capito il messaggio. Certo il suo sogno non era quello di lavorare in un locale ma lo trovava un buon punto di partenza, specialmente se, al contrario di quanto pensasse Mark, la gente adorava quel genere così sentimentale e calmo.
«Mi farebbe piacere signor Lynch.» disse semplicemente.
«Perfetto. Può cominciare domani sera stesso allora.»
Si strinsero la mano, come per saldare un affare, e Chloe si avviò verso casa con un sorriso.

Lungo il tragitto continuò a ripetersi che quella era senza dubbio l'opzione migliore per dare uno slancio alla sua carriera ma quando arrivò davanti al portone di casa il suo sorriso svanì.
«Papà?!»
Il padre la stava aspettando, in piedi sugli scalini con le braccia incrociate e un'espressione molto seria stampata in volto.
«Dove sei stata? Ti ho chiamata mille volte.» parlò a denti stretti.
«Ero a lavoro, al pub. Lavoro lì te l'ho detto l'altra sera a cena.» nonostante stesse dicendo la verità la sua voce tremò notevolmente.
«Al pub? Non accetto che mia figlia lavori in un posto del genere.»
«Ma papà, i clienti apprezzano la mia musica. Tornano per sentirmi suonare.» si giustificò.
«È un posto da barbari. La gente va lì per ubriacarsi non certo per ascoltare la tua musica.»
«Non è così, ti sbagli. Vieni a trovarmi qualche volta e te ne renderai conto tu stesso.»
«Chloe adesso basta, questa storia deve finire. Dovrai cercare un lavoro vero, tu non passerai un singolo giorno in più in quel lurido posto.» insistette. «Andrò personalmente in quel pub e mi occuperò della faccenda.» aggiunse sistemandosi il colletto della camicia azzurra.
«No papà! Non puoi farlo!»
Chloe capì al volo le sue intenzioni e sapeva bene che protestare contro il signor Beale era praticamente impossibile.
«Avresti dovuto pensarci prima.» la salutò con un cenno e se ne andò.

Everything has changed || BechloeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora