Capitolo 16

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*Due settimane dopo*

Tra un evento e l'altro il tempo era sembrato volare, tutti quei sentimenti, quelle emozioni, il perenne stato di confusione in cui si era trovata le avevano quasi fatto perdere la concezione della realtà. Per cui quella mattina, che era cominciata come tante altre, si era trasformata in uno dei giorni più importanti e cruciali della sua vita.
La sveglia era suonata allo stesso identico orario di sempre, le sette e mezza, e come di consuetudine non erano mancati gli insulti che Beca le aveva rivolto facendola tacere. La mora si era rotolata fra le lenzuola per un intero quarto d'ora prima di alzarsi e dare un'occhiata al cellulare posto sul comodino. Con gli occhi che ancora faticavano a stare aperti, aveva acceso lo schermo e lo aveva fissato per qualche secondo prima che lo sguardo si posasse sulla data: 12 luglio.
Beca scattò in piedi non appena lesse quelle due parole e si precipitò fuori dalla sua stanza per iniziare a prepararsi.
Aveva impiegato quasi due ore fra sospiri e imprecazioni pronunciate sottovoce e prima ancora che se ne rendesse conto era arrivata davanti alle porte del teatro.

«Buongiorno signorina Mitchell.» la salutò il ragazzo dietro la biglietteria. «Primo giorno di lavoro vero?» chiese osservandola da capo a piedi.
«Già.» la sua risposta fece trapelare quel nervosismo che la stava lentamente divorando.
«Bhe buona fortuna allora.» la congedò mentre lei apriva la porta che dava sulla sala.
Essa era quasi del tutto deserta, fatta eccezione per una decina di persone fra attori, produttori e truccatori. Beca rimase qualche minuto in fondo alla stanza, nella penombra ad osservare le poltrone di velluto e l'immenso palcoscenico che mai prima di allora le aveva fatto paura. Le tende che lo incorniciavano erano legate ai lati, in modo tale da lasciarlo completamente scoperto e il pavimento in legno scricchiolava appena ogni qualvolta che qualcuno ci fosse passato sopra, i fari che lo illuminavano e che normalmente invitavano la mora a salirvi adesso sembravano incuterle non poco timore.
«Beca!» qualcuno richiamò la sua attenzione poggiandole le mani sulle spalle facendole però prendere un colpo tanto era agitata.
«Oddio Tom, ti prego non farlo mai più.» disse voltandosi verso il ragazzo che era scoppiato in una risata.
«Siamo nervosi eh?»
«Bhe è il mio primo vero giorno di lavoro, credo sia normale no?» domandò con una vena di insicurezza.
«Certo che lo è. Devi solo ambientarti e poi sarà tutto più semplice.» la rassicurò con un sorriso. «Tuttavia credo che stare qui nella penombra non sia la scelta migliore.» aggiunse prendendole la mano e trascinandola fino al palco.

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«Così non va bene! Fermi. Beca hai sbagliato di nuovo la battuta.» esclamò il signor Brown, il produttore, esasperato dai continui errori commessi quel giorno.
«So che è la prima volta che fai una cosa del genere ma devi concentrarti, altrimenti staremo qui tutta la vita e noi abbiamo solo quattro mesi per preparare tutto.» disse avvicinandosi a lei guardandola con sguardo comprensivo. «Prenditi dieci minuti di pausa e poi ricominciamo.»
Nel momento in cui il signor Brown scese gli scalini per tornare alle poltrone, Tom la prese in disparte.
«Che succede?» chiese osservandola di traverso.
«Niente è solo che...ho paura. Una folle paura. Fino a qualche ora fa ero convinta di riuscire a recitare in un musical di questo livello ma adesso...mi chiedo se non avessi preteso troppo da me stessa.» spiegò lasciandosi cadere su una sedia.
Tom le rivolse un sorriso inginocchiandosi poi davanti a lei e cominciando a canticchiare qualcosa che Beca riconobbe all'istante.
«Maybe your heart's completely
swayed, but your head can't follow through
«Oddio Tom smettila.» disse debolmente nascondendo il volto fra le mani.
«But shouldn't I want the world to see
The brilliant girl who inspires me?
Don't you think that now's a good time to be the ambitious freak you are?» continuò lui ignorandola. «Say goodbye to wiping ashtrays at the bar!
Say hello to Cathy Hyatt, big-time star!» dovette fare del suo meglio per non ridere vedendo la reazione della ragazza, che aveva assunto lo stesso colore delle poltrone di velluto.
«Non è necessario calarti così tanto nella parte lo sai?» disse Beca rivolgendogli uno sguardo imbarazzato.
Tom fece una pausa prendendole poi le mani e stringendole fra le sue dicendo le ultime parole della canzone. «Take a breath. Take a step. Take a chance... take your time.»
Finì di cantare lasciandole un bacio sulla guancia e dicendole all'orecchio:«Andrà tutto alla grande, prenditi il tuo tempo, non avere fretta. Prendi me ad esempio, io ho conosciuto molte persone che si sono fermate quando non riuscivano a vedere il proprio obiettivo, che si sono paralizzate dalla paura e per questo hanno fallito. Ed io avrei potuto fare lo stesso, eppure eccomi qui, io continuo ad andare avanti e vedo il mio obiettivo sempre più vicino, non mi lascio abbattere da niente e da nessuno. Voglio che tu faccia lo stesso. Metti da parte le tue paure perché credimi, con il tuo talento arriverai molto lontano Rebeca Mitchell.»
Poi si alzò e facendole l'occhiolino la invitò ad alzarsi in piedi, giusto qualche secondo prima che il produttore gridasse:-«Ricominciamo!»

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Le pareti grigie del taxi dentro cui viaggiava la facevano sentire più agitata di quanto non lo fosse già. Non le erano mai piaciuti i posti troppo stretti, l'idea di doverci stare per tanto tempo le faceva mancare l'aria.
Provava tante emozioni diverse ma l'ansia per ciò che avrebbe fatto di lì a poco era al primo posto; la musica all'interno dell'abitacolo, un lento, non aiutava di certo il suo umore.
All'ennesimo sospiro il conducente, un uomo dalla barba grigia, quasi bianca, la guardò dallo specchietto retrovisore e le disse:-«Vuole che cambio stazione?»
Chloe si sistemò sul sedile, come se qualcosa l'avesse scossa all'improvviso e si affrettò a rispondere.
«Oh no. Non è necessario, non manca molto alla mia fermata.»
Il tassista fece un sorriso sghembo e schiacciò un pulsante sulla radio, che subito diffuse una leggera musica country.
«Questa va decisamente meglio non trova?»
Chloe mimò un grazie con le labbra per poi spostare lo sguardo sul finestrino alla sua destra, pensando a cosa avrebbe potuto dire nel giro di qualche minuto.

Quando l'uomo accostò l'auto all'ingresso di una stretta via, Chloe pagò e scese dal mezzo. La strada che si trovava davanti era deserta, non una persona, non un rumore, niente di niente, vi era così tanto silenzio che poteva sentire il debole fischio del vento di quella calda giornata.
Percorse lentamente il marciapiedi per qualche metro, mentre le fronde degli alberi la riparavano dal sole, fino a raggiungere un portone color legno. Si spostò una ciocca di capelli, che le era sfuggita dalla coda, dietro l'orecchio, si strinse la borsa sulla spalla destra e, preso un respiro, bussò.
Riuscì a sentire lo scatto della serratura e prima che potesse pensare a come iniziare il suo discorso se lo trovò davanti. Quel ragazzo di cui si era fidata sin dal primo momento e che ora la guardava con un espressione indecifrabile dipinta in volto.
«Chloe? Che ci fai qui?» disse passando una mano sul suo ciuffo biondo, più disordinato del solito.
Chloe non lo vedeva dalla festa che aveva organizzato per lei, per quelle due settimane aveva deciso di stargli lontano, per prendersi del tempo, per riflettere e decidersi sul da farsi.
«I-io devo parlarti.» balbettò senza neanche volerlo, era come se il suo cervello non volesse pronunciare davvero quelle parole.
Mark trasalì e si asciugò i palmi sudaticci sulla canotta bianca, prima di spostarsi per farla entrare in casa.
La prima cosa che Chloe notò entrando fu il forte odore di alcool che le invase subito le narici facendole venire la nausea.
«Ti sei divertito in quest'ultimo periodo vedo.» sussurrò sfiorando appena con le dita il tavolo da caffè pieno di bottiglie e lattine vuote.
«Ehm...sono venuti alcuni miei amici ieri sera e abbiamo fatto baldoria.»
Nel suo tono di voce traspariva della preoccupazione, e Chloe pensò che non gliela stessa raccontando giusta.
«Cosa volevi dirmi?» le domandò osservandola di sbieco mentre lei sembrava perquisire la stanza con lo sguardo.
Chloe si sentì la gola improvvisamente secca. Si fermò un attimo alzando gli occhi verso quelli di Mark e gli fece una semplice domanda.
«Cosa succederà d'ora in avanti? Voglio dire...cosa farò adesso?» decise di andare sul vago, non voleva arrivare direttamente al punto. Osservò la mascella di Mark contrarsi a causa della tensione.
«Bhe arriveranno altri spettacoli. Avrai un gran successo, ne sono sicuro.» affermò con un lieve sorriso.
Chloe annuì ricominciando a percorrere il perimetro del salone a passi lenti.
«L'Ensemble Theatre è stato il tuo trampolino di lancio. Ora comincia la vera sfida, inizierai a viaggiare per il mondo. Tutti conosceranno la tua musica.» continuò lui seguendola con gli occhi.
«E quanto guadagnerò?» chiese con un ghigno, iniziando pian piano a scoprire le sue carte.
«Oh parecchio.»
Per la seconda volta Chloe fermò il suo giro, parandosi davanti a lui per poi sedersi sul divano in pelle. Giunse le mani poggiando i pollici sul mento e chiese ancora:-«Credi che io abbia del talento?»
«Tu hai talento da vendere Chloe. Sei una pianista eccezionale.» rispose restando in piedi ad osservarla.
«Frutterò un bel po' di soldi quindi...»
Di fronte a quelle parole Mark sbiancò e fissò Chloe negli occhi, che sembravano essere diventati molto più bui.
«Di che parli?»
A quella domanda Chloe scoppiò a ridere.
«Tu e Ben avrete certamente bisogno di me. O sbaglio?»
Mark si lasciò cadere su una poltrona di fronte al divano e si passo le mani fra i capelli.
«Sarò anche una persona estremamente stupida e ingenua ma sono una perfetta macchina da soldi.» continuò lei girando il coltello nella piaga e osservando Mark che sembrava sprofondare nel tessuto scuro della poltrona.
«C-Chloe non è come pensi.» provò a ribattere senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Ci fu un attimo di silenzio prima che un rumore di tacchi fece capire a Mark che la ragazza si fosse alzata in piedi.
«Dove vai?» la seguì con lo sguardo fino al portone.
Chloe non si voltò e poggiata una mano sulla maniglia disse:-«Credo che tu debba trovare qualcun altro. Augura buona fortuna a Ben da parte mia.»
E si chiuse la porta alle spalle.


Everything has changed || BechloeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora