-Capitolo trentadue-

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Eijiro cambiò espressione da un sorriso smagliante in una smorfia incredula. Un velo di paura gli attraversò le ossa e iniziò a tremare.
La luce nei suoi occhi si spense gelidi e inespressivi mentre le braccia cadevano lungo il corpo. Non sentiva più niente come se qualcuno avesse tolto il volume alla televisione. Vedeva delle immagini ma non riusciva a sentire niente. I suoi pensrieri erano più confusi che mai. Aveva voglia di urlare e gridare finché non fosse terminata l'aria nei polmoni ma non usciva neanche un respiro. Strinse forte i pugni sentendo pizzicare gli occhi così abbassò lo sguardo mettendosi le mani a coprire volto. Si sentì debole. L'unica cosa che voleva fare in quel momento era piangere. Sentiva un vuoto dentro che non poteva essere colmato.

Katsuki lo avvolse in un abbraccio caldo.
Eijiro si lasciò andare completamente non avendo più forza nelle gambe. Pianse sulla spalla del ragazzo che gli sussurrava parole rassicuranti e dolci anche se lui non riusciva a sentirle.
Si preparò in fretta e abbandonò il suo solito atteggiamento gentile. Uscì dalla casa senza neanche salutare e iniziò a correre sempre più veloce verso l'ospedale.

Arrivato lì Eijiro chiese confusamente informazioni e si diresse perdendo la pazienza nella stanza che gli aveva detto l'infermiera per poi bloccarsi proprio davanti alla porta  Aveva ancora i lati degli occhi pieni dei residui delle gocce salate.
Bussò piano pregando di essere in tempo.
Un macabro spettacolo si mostrò ai suoi occhi e lui sentì di nuovo le lacrime scendere lungo le sue guance.
I medici cercavano di fare il possibile ma alla vista di tutti qui tubi Eijiro cadde a terra in ginocchio. Sentì la voce rotta della madre che lo chiamava e chiedeva di avvicinarsi.
Con le poche forze rimaste Eijiro si avvicinò a quel letto mentre gridava più che poteva. Prese la mano del padre urlando che doveva vivere. Sentì una debole stretta ricambiare la sua.

"Eijiro, mi dispiace. Va tutto bene. Abbi cura di tua madre" sentì che la voce del genitore si stava facendo sempre più debole "Vi voglio bene. Siete il mio amore più grande. Io ti amo per come sei Eijiro" un sorriso si formò sulla bocca del padre in contrasto con gli occhi che sembravano vuoti "Sono certo che tu diventerai un grande eroe"

"Papà, anch'io ti voglio bene! Devi vivere finché non diventerò un eroe. Vivi ti prego!"

Eijiro non ricevette una risposta ma solo un piccolo sorriso su quel volto coperto di bande. Poi sentì un suono acuto e la stretta sulla mano svanire.

 Il vuoto. 

Vide i dottori correre da una parte all'altra della stanza. Due infermiere lo portarono fuori insieme a sua madre che piangeva disperata attaccata al suo braccio.

"Va tutto bene" disse alla donna abbracciandola anche lui con le lacrime che non volevano fermarsi. 

Eijiro si sedette insieme alla madre su una di quelle scomode sedie e aspettò.

Secondi che sembravano minuti. Minuti che sembravano ore. Ore che sembrano giorni.

Nessuna notizia.
Solo la madre era riuscita a rientrare in quella stanza e lui era rimasto lì. Fermo immobile.
Sentì chiamare il proprio nome più volte da Katsuki che lo aveva raggiunto con la sua famiglia.
Non alzò lo sguardo. Si sentì stringere la mano. Sentì delle domande. Sentì un peso sulle spalle.

"Sono qui, non ti lascio"

Eijiro si sentì soffocato e ricambiò la stretta del ragazzo.
Per qualche secondo sentì il peso sul cuore alleggerirsi di poco.

"Gli eroi non piangono mai" disse alzando lo sguardo.

"Gli eroi sono umani e hanno dei sentimenti come tutti. Gli eroi piangono ma ci sarà sempre qualcuno a sostenerli. Per questo continuano a sorridere. Gli eroi siamo noi, persone di tutti i giorni che inseguono un sogno e provano emozioni. Gli eroi piangono"

Eijiro iniziò a piangere e ringraziare il ragazzo al suo fianco.

"Non c'è bisogno che mi ringrazi. Io ci sarò per sempre per te in ogni momento. Sono qui per te"

Eijiro vide la porta aprirsi. Sperò, sperò con tutto se stesso di sbagliarsi. Ma era troppo tardi. Suo padre ormai non c'era più. Corse ad abbracciare la madre per asciugarle le gocce salate che le cadevano sulle guance.

"Ci sono io, mamma. Ci sono io con te" cercò di rassicurala stringendola più che poteva.

Eijiro versò molte lacrime quel giorno ma quelle erano più amare, più salate e più tristi di tutte. 

"Dobbiamo andare avanti" disse straziata la madre.

"Non c'è fretta" rispose il ragazzo "Il dolore non passa così velocemente. Dobbiamo viverlo"


Quel giorno Eijiro era vestito di nero come il cielo sopra di lui. Sembrava che anch'esso sapesse cosa stava succedendo. Amici e parenti si riunirono vicino a lui anche loro con sguardi tristi e cuore pesante. La madre portava dei fiori come ultimo saluto al marito ma non riuscì a fare più di qualche passo in avanti. Fu sorretta dal figlio che la aiutò a camminare e posò i fiori sulla tomba dell'uomo salutandolo un'ultima volta. Iniziò a piovere e tutti, tranne lui, tirarono fuori. Eijiro si girò la foto del padre che sorrideva. Alzò poi lo sguardo verso il cielo aiutando la madre a fare qualche passo indietro. Gli venne offerto un ombrello da Mitsuki che usò per coprire se stesso e la donna. Ringraziò tutti gli amici per essere venuti. Vide tante persone andare via. Alla fine rimase solo lui e pochi altri.

Katsuki gli mise una mano sulla spalla. Era giunto il momento di andare. Ma Eijiro non si mosse. Voleva stare lì ancora qualche minuto. Tutto così in fretta. Tutto correva troppo veloce. Era il passato ma il dolore era ancora forte. 

Ricordò le parole del padre e sorrise abbracciando Katsuki ancora una volta. Ringraziò per l'ultima volta il genitore e si incamminò con la madre verso casa.

Cosa provo per te? -Bakushima/Kiribaku- IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora