~ 화재 ~

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~ Incendio ~

'La gente ama dire che il conflitto è tra il bene e il male. Il vero conflitto è tra la verità e le bugie.'
Don Miguel Ruiz.

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Era il solstizio d'autunno quando, i miei ideali, furono distrutti. Nessuno ti prepara a ricevere certe notizie, nessun manuale ti aiuterà a non cadere come piccoli intonaci di un prospetto ora mai andato. Rimani lì ad incassare il colpo, a sembrare di pietra, finto. Invece dentro tutto si distrugge, come un incendio che divampa e, carta da parati; muri; pareti; vengono giù come fossero carta pesta. Nessuno mi aveva preparato a ricevere quel pugno in pieno viso, a pulire la ferita da solo, a risanarla ma tanto sai che quella cicatrice resterà sempre aperta.

Cinque minuti scarsi e avrei chiuso il mio negozio di fiori. Cinque minuti in più che mi ero concesso visto il casino tre giorni prima del 24 di dicembre. Cinque minuti che, il destino, aveva scritto per me, perché doveva accadere. Nel laboratorio, intendo a finire l'ultimo ordine per domani, sentii il campanello della porta suonare; sospirai: - Arrivo subito. - dissi mentre mi avviai. - Jungkookie? -domandai sorpreso e felice allo stesso momento, quando il mio cliente si dimostrò essere il mio migliore amico. Quando sei stanco, certi particolari non li noti; quando hai piena fiducia, certe cose non te le aspetti.

Lui fu il primo a darmi quell'ipotetico pugno in faccia, e il dolore si fece sentire ma, mai niente avrebbe superato il dolore del secondo.
- Hyong ho bisogno di parlarti. - disse debole. Corrugai la fronte e, avvicinandomi, misi una mano sulla sua spalla. - Kookie è successo qualcosa? - chiesi seriamente preoccupato. Voltò il suo sguardo sul mio e, senza capirne il reale motivo, sentii un leggero pungere all'altezza del petto. - Hyong mi dispiace tanto, credimi, non avrei mai voluto che accadesse ma... - disse, stringendo talmente forte le sue mani da farle divenire bianche. Non dissi nulla, capii e non capii. - Io e Jimin siamo stati a letto insieme. È stato solo una volta e mi sono pentito. Hyongnim mi dispiace così tanto. - lui continuava a parlare mentre le mie orecchie avevano smesso di funzionare.

L'incendio di cui parlai poco fa, cominciò a propagarsi, dentro di me, a macchia d'olio. Piuttosto che ascoltare la voce triste del ragazzo che mi stava difronte, sentivo lo sfrigolio delle mie membra, bruciare lentamente. Non sentivo alcun dolore; certo, sarebbe arrivato nell'esatto momento in cui meno me l'aspettavo e, forse, fu quello che mi fece tornare lucido. - Yoongi. Yoongi di qualcosa, ti prego. - disse Kookie posando una mano sulla mia spalla. Mi scostai e sbattei le palpebre un paio di volte. Scossi la testa:
- Vattene Jungkook, vattene prima che rovini quel bel visino del cazzo che ti ritrovi. - dissi inespressivo. Sortì comunque il suo effetto. Aveva sgranato gli occhi, che per altro solo in quell'istante mi accorsi, erano ludici; stava piangendo. Che ironia, prima di trafiggono con un paletto al cuore e poi piangono pentendosi. Lentamente girò i tacchi e uscii dal mio negozio.

Tolsi il grembiule, posai il mazzo di fiori nel frigo, spensi le luci e uscendo, chiusi a chiave. Ogni giorno facevo le stesse cose, tornando a casa felice perché sapevo che ci sarebbe stato lui ad aspettarmi. Quel giorno non ci fu un sorriso da parte mia, una parola dolce, una carezza. Il nulla aveva preso possesso di me, rendendomi quasi apatico. Eravamo una bellissima coppia io e Jimin. Molti dei suoi amici, colleghi, gli dicevano spesso che lo invidiavano. Questo mi rendeva orgoglioso, perché amavo più di me stesso quel piccolo cucciolo quale era. La nostra storia durava delle superiore, lui più piccolo di me, aveva fatto il primo passo ed io caddi come una pera matura. Era difficile resistere a quel faccino, tondo e perfetto; o alla sua bocca, carnosa e morbida da assomigliare a dei cuscini di piume. Insomma, era perfetto, per me comunque.

Certo, con il senno di poi non diedi solo a lui la colpa, entrambi avevamo commesso degli errori; quando aprii il negozio di fiori, il mio tempo si era dimezzato, mentre lui lavorava e studiava danza. Tante furono le cose, eppure mai una volta mi sognai di ferirlo così profondamente. Piuttosto, mi sarei fatto uccidere per Jimin. Quando varcai la soglia di casa nostra, lui era seduto nel divano, con le mani sul viso e, quando sentì la porta, il suo sguardo raggiunse il mio. - Hyong. - disse con la voce spezzata. - Non hai avuto nemmeno le palle di dirmelo tu, hai mandato Jungkook a fare il lavoro sporco. - dissi uniforme. Non seppe rispondere ed io mi avviai in quella che era stata la nostra camera da letto. Guardai il letto, perfetto, in ordine. Quando lo sentii dietro di me: - Almeno hai avuto la decenza di non farlo nel nostro letto. - fui glaciale. Il Min Yoongi che odiavo era venuto fuori ed io, non avrei potuto farci nulla. - È l'unica cosa che t'importa? - urlò. Mi voltai a guardarlo, in quel momento non provai nulla per Jimin, ma lo sentivo, sarebbe arrivato tutto a tempo debito e avrebbe fatto male. - Sentiamo, di cosa dovrebbe importarmi? Che il ragazzo che amo ha scopato con un altro? Che la persona a cui ho dato tutto mi ha distrutto? - chiesi, la rabbia stava cominciando a farsi strada tra le macerie ancora in fiamme. - Dimmelo Jimin, che cosa dovrebbe importarmi davvero? - lui piangeva, lacrime copiose e false scendevano dal suo volto, ancora bello nonostante il gonfiore.

- È stata colpa tua! - disse. Risi, scossi la testa e continuai a ridere. - Se mi avessi prestato più attenzione non avrei accettato le avance di qualcun'altro. Sempre buttato al negozio, ti importa più dei tuoi fiori che di me! - disse ed io lo lasciai finire. Mi avvicinai a lui e lo vidi indietreggiare. - I miei fiori hanno permesso al tuo sogno di diventare realtà. Tutto quello che ho fatto Jimin, l'ho fatto per te, per noi! - soffiai, il suo volto troppo vicino al mio. - Cosa ti costava parlarmi, prendermi per i capelli e dirmi che volevi di più. Ogni sera sono tornato da te, anche quando non c'eri, aspettavo che varcavi quella porta e mi sorridessi. - dissi, non lasciando che i suoi occhi si spostassero dai miei. - È sempre facile dare la colpa Jimin, anche io potrei dirti tante cose. Eppure quello con cui volevo vivere eri tu, quello con cui volevo fare l'amore eri tu. - mi fermai, perché il dolore che prima era sopito, addormentato in chissà quale parte dentro di me, si manifestò in tutta la sua grandezza. Mi mancò il respiro, le lacrime che vidi in occhi di altri, giunsero anche nei miei. Mi allontanai e finii con il sedere sul letto, incapace di parlare o di reggere in piedi il mio corpo.

Non è mai facile dare man forte alla persona che ti ha ferito, soprattutto quando senti di amarlo ancora. Non è mai facile riuscire a sopportare il dolore che ne consegue, perché è l'essere umano fatto così. Per questo quando le sue braccia mi avvolsero non lo scostai. Lasciai che mi coccolasse, che mi accarezzasse e mi sussurrasse parole che, in verità, non sentii. Sapevo cosa stava accadendo, cercava di rassicurare il ragazzo che piangeva per lui. Sapevo anche, quello che stava accadendo dentro di me, i miei sentimenti rimasti per ultimo, avevano iniziato a bruciare.

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Smeraldo Flawer Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora