~ 끝 ~

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~ Fine ~

'E non crediate di poter dirigere il corso dell'amore, perchè è l'amore, se vi trova degni, a dirigere il vostro corso.'
"Il Profeta"
Kahlil Gibran

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Ore prima

Il mio viaggio in Thailandia era giunto al termine, proprio come disse Seokjin, mi aveva fatto bene e mi era stato d'aiuto per capire molte cose. Conobbi tante persone, simpatiche e meno simpatiche. Visitai molti templi ma, fu uno su cui mi soffermai di più, colui che mi aveva dato ispirazione per il nome del mio negozio. Il tempio del Buddha di Smeraldo. Era uno dei più importanti e fu lì che conobbi il ragazzo che aveva deciso di partire con il mio stesso volo. Namjoon era un ragazzo di altri tempi, la sua gentilezza era una qualità che, oggi giorno, è raro trovare. Nel suo piccolo, anche lui mi aveva aiutato a riflettere. Dopo Jimin, fu il primo ragazzo con cui passai la notte. Fu diverso, non c'era amore ma era stato il sesso più dolce è liberatorio che avessi mai fatto. Fu propio questo quello che mi fece riflettere di più, anche se tanto innamorato di lui, io e Jimin non avevamo fatto più l'amore. Mi resi conto e, non ringrazierò mai Namjoon abbastanza, che Jimin mi scopava e basta, da un bel po ormai.

- Non hai riposato di niente? - sussurrò la voce profonda e delicata di Namjoon. Voltai lo sguardo verso il suo: - Miane, ti ho svegliato? - chiesi mortificato. Sorrise, mostrando due bellissime fossette morbide, lo seppi quella sera, tutto di lui era morbido; nei punti giusti. - Non sei stato tu, questo maledetto aereo. Sembra di essere nel far west. - disse ed io sorrisi. Se non avessi avuto il naso attaccato al finestrino, avrei creduto fossimo ancora sulla terra ferma. - Hai poi deciso cosa farai? - chiese, poggiando il viso sul mio poggiatesta. Sospirai e scossi la testa: - Probabilmente quello che avrei dovuto fare prima di partire. - risposi, fece si con la testa e non chiese più nulla. Namjoon mi piaceva anche per questo, sapeva quando chiedere e quando era il momento di stare in silenzio. Scesi dall'aereo, ci fermammo davanti l'entrata dell'aeroporto: - Non perdiamoci di vista hyong, ok? - mi disse, prendendomi la mano. Guardai prima loro e poi i suoi occhi:  - Non è ne miei piani! - risposi serio. Si avvicinò e posò un leggero bacio sulle mie labbra; divenni rosso in viso e ricambiai.

Quando il taxi mi lasciò davanti casa, rimasi forse cinque minuti, a contemplare il portone; deciso e non, sul da farsi. Mi presi di coraggio e salii. Non appena aprii la porta di casa, due braccia mi avvolsero e, un viso che avrei riconosciuto tra mille altri uguali, incastrarsi nell'incavo del mio collo. - Amore.- sussurrò. Ero disorientato, sembrava fosse tornato il vecchio Jimin di un tempo. - Hey. - disse con la stessa tonalità di voce e, nonostante tutto, avvolsi il suo corpo con le mie braccia. Ero sempre stato attratto da Jimin, lo guardavo nei corridori della scuola e mi soffermavo a chiedermi quanto morbide fossero state le sue labbra; come sarebbe stato averlo addosso e saziarmi di lui. Spesso i miei compagni mi prendevano in giro perché non avevo mai avuto il coraggio di avvicinarmi; quando venne a dichiararsi, rimasi spiazzato è affascinato allo stesso tempo. "Senti hyong mi piaci, e so che anche io ti piaccio! Vorresti uscire con me?" Furono queste le sue parole e, da quel momento in poi, niente e nessuno mi aveva separato da lui. Fin adesso. - Dimmi che non è finita. - sussurrò, eravamo ancora nella stessa posizione. Come fai a dire alla persona che ami, che non ti fidi più di lui? Che la sola sua presenza ti distrugge? Questo a scuola non te lo insegnano. Non c'è un manuale con le istruzioni. - Jimin. - dissi cercando di spostarlo. Fece un po' più pressione ma non si scostò: - Jimin dobbiamo parlare. - dissi serio, riuscendo finalmente a guardare i suoi occhi. Rossi, un po' gonfi e tristi; il mio cuore già precario, s'incrinò totalmente.

Seduti sul divano, uno di fronte l'altro, Jimin non riusciva a guardarmi in viso. - Parliamo. - disse infine. Sospirai e feci l'unica domanda che mi tormentava da un po'. - Da quando non facciamo l'amore? - alzò il suo sguardo posandolo sul mio. - Da prima che Jungkook. - rispose ma non terminò la frase. - Riformulo la domanda. Da quando tu, non fai l'amore con me? - domandai aspettando una sua reazione. Il coraggio di poco prima svanì. - Da qualche anno. - disse. Avevo cominciato a sgretolarmi a poco a poco. - Woah, vacci piano. - sussurrai annaspando. - Sai come lo capito? - chiesi dopo qualche minuto cercando di recuperare il fiato. Scosse la testa, torturando le sue mani.
- È successo in Thailandia. Una persona mi ha fatto capire che facevi così da un po'. - dissi e lui alzò lo sguardo sgranando gli occhi. - Sei andato con un altro? - il viso corrucciato, sguardo misto tra incredulità e sorpresa. - Eh si Jimin, nemmeno io mi credevo capace. - risposi amaro. Non mi pentivo di quello che era accaduto. Lo vidi avvicinarsi, prese la mia mano e sospirò: - Va bene, io l'ho fatto a te e tu l'hai fatto a me. Lo capisco e ti perdono. - sbattei un poi di volte le palpebre. - Sei impazzito Jimin? - chiesi, adesso quello sorpreso ero io.

Scosse la testa e si avvicinò ancor di più. Sentii il mio cuore cominciare a battere veloce, non per l'emozione, non volevo che accadesse nulla, non più. - Non possiamo lasciarci. - il tono di voce con cui lo disse, mi fece salire brividi lungo la schiena. Scostai piano la mia mano dalla sua e mi alzai: - Jimin, non mi ami da due anni, a detta tua, non ha senso continuare a stare insieme. - dissi. - Non sono più arrabbiato con te, lo capisco. Certo avrei voluto che non mi facessi così male ma va bene così. - continuai. Lui era immobile, il suo sguardo fisso sul mio. - Ti innamorerai di qualcun'altro e l'amerai, forse più di me. - dissi. Quelle parole mi ferivano ad ogni sillaba che pronunciavo. Eppure sapevo che era esattamente così che doveva andare. Volevo una persona che mi amasse come io amavo lui, non che si accontentasse perché abituato ad avermi tra i piedi. - Potrei innamorarmi di nuovo di te. - disse provando ad avvicinarsi. Per quello che mi parve un secondo interminabile, il mio cuore si era fermato. Quella frase aveva completato l'opera che Jimin aveva iniziato. - Adesso è tardi, domani vado via, la casa rimane a te. - e detto questo, con il tono più freddo che conoscevo, allontanai il mio corpo e lui si bloccò. Come se il male l'avessi fatto a lui, prese chiavi, qualcos'altro e, sbattendo la porta; andò via.

Andò via portandosi dietro anche il mio cuore. Avete presente quella sensazione di soffocamento, come se foste sott'acqua e non riusciste a risalire in superficie? Ecco, era così che mi sentivo! Mi accasciai a terra, toccando con la guancia il pavimento gelido; una sensazione di conforto in mezzo al dolore più assoluto. Nel silenzio assordante, quella frase si ripeteva all'infinito: "Potrei innamorarmi di nuovo di te."  Quei pochi pezzi che avevano cercato di resistere, si sgretolarono definitivamente. Mi sentii svuotato, non mi era rimasto nulla se non un dolore talmente forte da schiacciarmi a terra. Fissai il nulla, per ore, credo; fino a quando il telefono non prese a squillare.


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Smeraldo Flawer Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora