Giorno 2

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Alle 9 inizia la prima lezione e non posso assolutamente fare tardi.

Alle 7 io, Chiara e Giada ci alziamo, alle 8 andiamo a fare colazione e alle 9 arriviamo puntuali ognuna nella propria aula.

L'insegnante del primo periodo è sulla cinquantina, capelli neri e un sorriso un po' spento, dice di chiamarsi Julia e di fare l'attrice nel tempo libero.

La mia classe scopro essere formata da 18 ragazzi di cui: due francesi, una russa, tre georgiani e i restanti italiani provenienti principalmente da Roma, Napoli e Bari.

Gli unici del "nord" siamo io e i miei compagni di gruppo Francesco e Andrea che veniamo da Varese.

Julia ci spiega la prima attività: dobbiamo presentarci alla classe dicendo nome e nazionalità, dopodiché dobbiamo dire due cose che ci riguardano.

"Ragazzi ci sono volontari?" silenzio assoluto.

"Nessun volontario? Vi devo ricordare forse che siete la miglior classe di tutto il programma? Ok scelgo io" Non scegliere me ti prego, non me.

"Vieni tu con gli occhiali e i capelli lunghi castani", ci avrei scommesso.

Vado di fronte alla classe e inizio "Mi chiamo Cecilia e sono italiana", bene ora cosa gli racconto?

La maggior parte dei miei compagni mi stava fissando, a dire il vero mi stavano fissando tutti tranne un ragazzo dai capelli neri seduto in ultima fila che stava giocando con il cellulare credendo di non essere visto.

"Cecilia che cosa ci racconti di te?" insiste Julia.

Non sapendo cosa dire vado su un classico "E' la seconda volta che vengo negli Stati Uniti e gioco a basket". Alla parola basket il moretto dell'ultimo banco alza lo sguardo e mi guarda dritto negli occhi, poi ritorna al suo cellulare.

Intanto Julia "Giochi a basket seriamente?" "Sì" dico io, ancora non capisco cosa ci sia di tanto strano in una femmina che gioca a pallacanestro.

Torno al mio posto e ascolto la presentazione dei miei compagni Hugo, Andrea, Francesco, Melissa, Ana , fino al ragazzo del cellulare.

"Tu in ultima fila, vieni è il tuo turno" dice Julia.

"Mi chiamo David e vengo dalla Georgia", ecco scoperto il nome, "vorrei visitare il Giappone e gioco a basket", svelato anche il motivo della sua attenzione quando aveva sentito pronunciare la parola basket da me.

"David da che città vieni?" chiede Julia

"Tbilisi , la capitale" risponde lui.

Tbilisi, Markoshvili penso io, grandissimo giocatore di Eurolega che lo scorso anno ha militato in Italia.

Mia madre direbbe "Se tu conoscessi bene il latino come di giocatori di basket non avresti rischiato fino all'ultimo di avere il debito", ma cosa ne sa lei che non distingue un antisportivo da un tecnico, che non sa cosa sia l'infrazione di passi e che ad ogni partita che guardo mi chiede ogni due secondi perché l'arbitro ha fischiato.

La prof del secondo periodo dice di chiamarsi Maria e di parlare bene italiano poichè il padre era nato ad Ancona, lei domani ci porterà a fare un giro per il nostro isolato.

Alle 12.30 mi reco in mensa dove trovo Chiara e Giada che nonostante siano in classe da sole hanno già fatto amicizia con dei ragazzi di Perugia e Napoli.

Il pomeriggio andiamo al MOMA, alla fine della giornata non ho fatto in tempo farmi la doccia che le mie compagne erano già addormentate

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