II

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-Austin, chiudi le f1 dalla 1 alla 18, per favore.-

Austin percore il viale principale e iniziò dalla prima lettino: spolvera velocemente, ripiega lo schienale, metti di fianco all'ombrellone, poi la sdraio e infine la sedia; chiudi l'ombrellone, infila la copertura, passa al prossimo ombrellone.

Era passata da venti minuti l'ora di chiusura, e Austin non vedeva l'ora di andare a casa, farsi una doccia per levarsi il sudore di una giornata passata a chiudere e aprire ombrelloni fissando gente in vacanza che si tuffava nel mare e si rifnrescava, mentre lui doveva rimanere al caldo, sotto il sole cocente, a lavorare.

Raccolse un braccialetto e si fece un promemoria mentale: metter il braccialetto tra le cose perse e ritrovate nel gazebo.

Tanto se ne sarebbe dimenticato e l'avrebbe ritrovato l'indomani nella tasca del costume, ci avrebbe giurato.

Gli caddero gli occhiali da sole con le lenti blu a specchio, per cui tutti i suoi amici e colleghi lo prendevano in giro.

Li raccolse e si alzò per metterseli a posto, dopo esserseli alzati sui capelli si accorse che sul lettino dopo c'era ancora quella ragazzina che rimaneva sempre dopo orario di chiusura a guardare il mare, la ragione per cui lui da una settimana chiudeva i bagni per ultimo.

Non la vedeva come una scocciatura dover aspettare, anche perchè era nei suoi diritti andare da lei e farle presente che era orario di chiusura.

Non pensava nemmeno al fatto di dover accontentare e far felice la clientela, non era una tattica per non perdere bagnanti.

Semplicemente, gli piaceva stare lì a fissarla: a volte leggeva (ogni giorno si presentava con un libro diverso e lui si divertiva a guardare la copertina per scoprire che titolo si era portata appresso quel giorno: variava tra Stephen King, Nesbø, Pirandello e Ferrante, aveva gusti complicati e diversissimi tra loro), spesso cantava (aveva una voce angelica, fine e sottile, ma non acuta, il contrario, era bassa, ma flebile, come se bastasse un filo di vento per spezzarla), la maggior parte delle volte guardava il mare e stava in silenzio.

Per lui era sempre uno spettacolo.

E c'è anche da aggiungere che si vergognava, si vergognava da matti, e non avrebbe mai avuto il coraggio di mandarla via, avrebbe rischiato di fissarla troppo negli occhi e lui era fidanzato, certe cose non poteva permettersele, anche se a volte gli balenava in testa che fosse peggio che lui stesse a guardare una ragazza per cinquanta minuti rispetto a mandarla via.

Aveva paura, paura di cadere in quegli occhioni grossi, contornati di nero, e non poteva rischiare.

Però la guardava, la teneva sempre d'occhio.

Rimaneva sempre un'opera d'arte, sempre qualsiasi cosa facesse.

Quando faceva il bagno nuotava spesso fino alla scogliera dalla parte opposta, a circa quattrocento metri di distanza (appena lei si immergeva lui diceva a Mark, il bagnino di mare, di stare attento e non distrarsi, eppure, senza fidarsi, si appostava anche lui a fissarla, per essere sicuro che qualche innocuo pesce non osasse toccarla, o che le onde non si alzassero troppo), oppure stava con suo padre e suo fratello che la facevano saltare dalle spalle. A volte si esibiva in un tuffo di testa, a volte cadeva di bomba, ma lui avrebbe giurato che l'acqua non si increspava nemmeno, lei semplicemente scivolava dentro.

Il tempo che passava sul lettino era composto da ascoltare musica, leggere e dormire per abbronzarsi. In una sola settimana la sua pelle aveva assunto un bel colore caramellato, non troppo scura, giusto poco, e i suoi capelli erano sfociati in un mare castano e biondo, in cui chi ci si immergeva non ne usciva più. 

LovestoriesWhere stories live. Discover now