VII

6 1 0
                                    


Rey. Rey. Rey. Rey. Rey.

Oddio!

Non aveva un attimo di pace.

-Solaris! Sveglia!- Sua madre le scostò le tende con violenza e fece entrare i primi raggi caldi del sole spagnolo. Venviano i rumori dalla strada: stavano montando il mercato del pesce oggi, Solaris lo adorava. Tutte le strade del quartiere prendevano vita, la gente era sempre sorridente a Madrid, c'era sempre il sole in strada, pure quando pioveva, i colori accesi catturavano i raggi di luce e li emettevano quando le nuvole facevano capolino.

Viveva a Madrid da due anni ormai, si era ben mimetizzata con quella città, sebbene avesse vissuto quattordici anni a Bilbao, città, a suo parere, completamente diversa: molto più industriale e concentrata sull'economia, mentre Madrid era una città vera, con gente abbronzata e felice, con vestiti comprati al mercatino e qualche dente mancante nel sorriso smagliante, non con gente sempre di fretta, in giacca e cravatta, con i denti inutilmente perfetti e bianchi, sempre chiusi dietro le labbra, come se mostrarli fosse tabù.

Non era solo la città e la gente ad averle reso più dolce il trasloco, ma una buona percentuale era data da Rey, il classico ragazzo popolare a scuola a cui Solaris sbavava timidamente dietro. 

Era un'idiota, e lo sapeva bene. Nei due anni da cui lei era lì, le erano giunte voci di come trattava le ragazze con cui stava, lasciandole senza spiegazioni, senza salutarle, passando giorni senza scriversi. Non era il ragazzo di cui lei aveva bisogno, però mamma mia, era così bello che lei rimaneva sempre senza parole quando lo vedeva.

Aveva due occhi grandi grandi, a mandorla, con ciglia lunghissime, poi aveva dei denti bellissimi e, oddio, sorrideva sempre. Si toccava sempre, in ogni momento, i capelli scuri corti, che Solaris era convinta fossero morbidissimi. C'era un'ombra di barbetta sugli zigomi, ma lui si radeva tutte le mattine e lasciava le guance perfettamente lisce. 

Aveva una piccola cicatrice sullo zigomo di destra e sul sopracciglio sinistro, che delimitava una piccola spaccatura della peluria: segni di lotta, faceva kung fu, infatti. Non era particolarmente forte, anzi, delle compagne di Solaris che facevano kung fu con lui le avevano detto che era scarsissimo e che non riusciva a rimanere dieci minuti in piedi in un combattimento, ma ciò non cambiava minimamente l'opinione della ragazza.

Indossò velocemente i vestiti e uscì di casa alle 7:43, l'orario esatto, calcolato con il cronometro, per incontrare Rey all'entrata.

Lo incontrò, ma lui non la vide nemmeno.


Un'informazione importante che aveva ricevuto da suo padre era che, in realtà, i loro genitori erano soci: i genitori di Rey erano una delle cause del trasloco, e questo portava Solaris a pensare che fossero destinati a stare insieme.

Un'informazione, invece, oserei dire "scioccante", fu che quel venerdì sera i genitori di Rey e figlio sarebbero andati a mangiare dai genitori di Solaris e figlia.

-Dobbiamo assolutamente festeggiare questo contratto, Sol! Perchè avevi impegni?- Aveva avuto il coraggio di chiederle suo padre.

-No papà, ma incontrare Rey è una cosa che mi prende quattro giorni lavorativi di preparazione, non puoi dirmelo tre ore prima!- Urlò lei di rimando, nel panico.

-Chi sarebbe questo Rey?-

-E' il figlio dei tuoi importanti soci! Vedo quanto sono importanti, se manco sai come si chiama il loro figlio!-

-Ma sei bellissima, a cosa ti servono quattro giorni, quando ti bastano cinque minuti?-

Solaris gli mandò uno sguardo infuocato: non era il momento di consolarla con frasi fatte.

LovestoriesWhere stories live. Discover now