IX

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Freno a mano tirato un po' bruscamente, sporgo un po' in avanti in uno stato catatonico.

Non ci volevo venire a questa festa, poi ho saputo che c'era Luce e ciò ha cambiato tutto. La parte di me che voleva andarci per divertirsi ha capito che era una pessima idea, la parte di me che voleva stare a casa a riposarsi aveva capito che mi sarei potuto riposare benissimo il giorno dopo. Ho lasciato decidere all'istinto, quindi, ma era come chiedere a un leone di scegliere tra dormire e cacciare una gazzella. Peccato che nel mio caso la gazzella era già stata cacciata, raggiunta e persa nuovamente in una selva nera come la pece, irraggiungibile. E io, più che un leone, ero un gatto vagabondo, che una gazzella poteva solamente vederla nei momenti onirici più fortunati.

-Giulio, sveglia, la festa non si accende da sola.- La delicatezza nerboruta di Martino era ciò che più me lo rendeva apprezzabile.

Il fatto che io sappia che Luce è presente in questa casa, nello stesso spazio tempo in cui lo sono anche io, non rende meno spaventoso il momento in cui la vedrò, e non sicuramente casualmente; mi conosco abbastanza infatti per sapere che, da quando il primo filamento di tessuto di mia appartenenza varcherà quella soglia, i miei occhi saranno impegnati in una terrificante caccia al tesoro.

Salgo le scale piano piano, mentre con la mano frugo in tasca per trovare una sigaretta che mi calmi i nervi, o che almeno mi aggiunga un tocco di nonchalance e mi aiuti a rimanere apparentemente integro nel momento dell'apparizione.

Luce lo sa? Ne ha parlato con qualcuno? Chissà se oggi si è vestita meglio perchè sapeva che mi avrebbe rivisto oppure se ha alzato gli occhi al cielo ed è saltata a conclusioni affrettate ma dolorosamente vere.

Entro mentre armeggio con un accendino di vecchia data, la grafica è tristemente associabile a Luce in ogni suo contorno, o forse sono io che la vedo dappertutto come pulviscolo che mi impedisce le gesta usuali.

Abbasso gli occhi per far vedere che non sono alla ricerca di nemo, ma la tentazione di vederla e di rimanere abbagliati è forte, impetuosa e collide con qualsiasi buon intento, alzo gli occhi, li muovo a destra, sinistra, destra, faccio zoom, ma in tre secondi capisco che non è qui. L'avrei notato, avrei sentito la sua presenza.

Magari è in bagno preoccupata di come apparirà ai miei occhi, o forse è in camera al telefono, disinteressata dalla lista degli invitati.

Mi avvicino con Martino al tavolo su cui sono appoggiati le bevande responsabili e colpevoli di ogni mio futuro atto raccontato qui sotto. Non mi trovo amante degli alcolici, anche se qualcuno potrebbe obiettare, visto i miei vissuti, ma quel che intendo io è che non è il passato a definirci. Ecco, io potrei fino al lunedì dichiararmi portavoce del partito fascista, e poi il martedì svegliarmi e simpatizzare col partito socialista: ciò non mi renderebbe pazzo. Le opinioni cambiano, velocemente o lentamente che sia, perciò l'essere incoerente è una tendenza naturale dell'animo umano. Una cosa molto affascinante di Luce, per esempio, era che lei, questa tendenza, l'aveva fatta sua. Non poteva essere chiamata volgarmente "incoerente", ma con una cassaforte di idee talmente rigogliosa e ricca che ogni volta che contraddiceva parole dette poco prima, ne era talmente consapevole, da risultare in una crescita esponenziale, tale che mentalmente aveva circa 40 anni, non di più che poi risulterebbe un insulto. Invece l'istinto e l'animo avevano sedici anni. Il suo guardaroba non facilitava la comprensione dell'età che questa rarità aveva; a volte indossava tailleur e stivaletti eleganti, altre volte gonne verde smeraldo e giacchette gialle. Perciò vi aiuterò io: Luce era sulla soglia dei ventun'anni, ma scommetto che nessuno di voi avrebbe indovinato. Pur avendo io due anni in più, davanti alle sue riflessioni mi sembrava di essere un nipotino davanti al nonno, e pur avendo io solamente due anni di più, talvolta mi sembrava di avere a che fare con una bambina simile a mio cugino di undici anni.

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