Sguardi di salvataggio

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7.50 am

Alcuni giorni mi sveglio con la felicità a testa in giù. Non irascibile, non scontrosa, non di cattivo umore, solo con la felicità montata al contrario. Ho sempre stampato quel sorrisino composto da una serie di dentini tondi, però è malinconico, si nota. Così cerco di attutire il colpo con una gentilezza zuccherata, un tentativo di esternare amore che non ho, senza sapere da dove io attinga.

- Buondì. Vorrei chiederle un cappuccino. Grazie mille. -
- Certo. Subito! Desidera altro? -
- No, grazie davvero.
Scusi.. Sarebbe così gentile da porgermi un cucchiaino? Credo che nella fretta lo abbia dimenticato. Scusi davvero. -

Una serie di domande precedute e intervallate da impostazioni di cortesia quali "Per gentilezza" "Per piacere" "Cortesemente" "Scusi" "Grazie infinite" stonati e ripetitivi.
È il mio patetico modo di dispensare affetto.

Mi avvicina le bustine di zucchero alla tazza, faccio cenno di "no" col capo, ma la signorina è distratta, non lo nota. Non mi vede.
Rimango con questa bustina di zucchero in mano meditando sul cosa farne.
Inizio a pensare a quanto sia rilevante conoscere a fondo le abitudini di una persona: quali sono i suoi piatti preferiti, quale temperatura gradisce sotto la doccia, se beve due dita di vino a tavola, quanto zucchero mette nel caffè, se lo mette e perchè.
A me ad esempio il caffè piace con il latte, non zuccherato. Se le persone si conoscessero, questi inconvenienti non accadrebbero.
E quella bustina sarebbe salva. Destinata a chi realmente la desidera.
Poi ricordo con dolcezza chi nei lunghi inverni piovosi mi porgeva la tazzina di caffè con accanto un bricchetto di latte.
- So che a te piace così -
Sorridevo. E gradivo più quel gesto d'amore del caffè stesso.

- Grazie, davvero, non ne ho bisogno -

La rimetto a posto.
Pericolo scampato, la bustina non rimarrà orfana, sarà adottata da qualcun altro.
Mi sento triste, non mi ha neppure accennato un sorriso.

13. 40

In giornate come questa mi appello a qualunque cosa. Elemosino amore da qualunque sguardo, frase, parola, faccio caso persino all'intonazione. Ogni azione diventa un pretesto per smembrarla e ricercare affetto in ogni sillaba. Sono così fragile e bisognosa d'amore che potrei cadere a terra se solo mi soffiassero contro. Fortunatamente questi miei bisogni vengono recepiti, i miei occhi si dilatano fino ad occupare quasi tutto il viso, la vocina diventa sottile. Non riesco a fare di meglio, sono limpida.

Sono seduta a tavola. Il cameriere mi ha sorriso, più e più volte, il suo sorriso è come dell'acqua ossigenata sulla mia ferita, tamponata con batuffoli di cotone.
La mia felicità ha fatto una capriola ed è tornata al suo posto. Si è raddrizzata.
Oggi era una di quelle giornate in cui sembra che nessuno ti ami, che tu sia un puntino nero ed invisibile.
Ma il cameriere mi ha sorriso. Ho prelevato la mia dose di affetto vitale. Impiego un po' a sorridere per davvero, poi ne avverto i benefici ed è inevitabile. Torno dal mio pianeta di tristezza, il nostro è uno scambio di sorrisi bilaterale.
Non so quale sia il tuo nome, però grazie.

Che miracoli un sorriso in una giornata a testa in giù.

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