L'insulsaggine dei Sabati sera

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Avevo un'aria malinconica. E si sa, quando ho un'aria malinconia bisogna lasciarmi marcire nella mia malinconia. Poi mi risveglio e prendo coscienza. Ma ci sono istanti di dramma che necessitano di vivere, il dramma deve palesarsi dentro di me, venirmi a trovare e raschiarmi l'anima, affinché maturi e diventi una verità, una rivelazione.
La mia esistenza mi massacrava. Le mie azioni mi sembravano stereotipate ed ossessive, come quella volta che mi sono fermata a pensare:

- Che cosa sto facendo? A quale scopo? -

Ho rovistato, ho denocciolato la vita e non l'ho trovato, e ho semplicemente smesso di vivere. Di alzarmi al mattino, indossare involucri di tessuto, annerire le mie ciglia. Per qualche mese ho smesso di vivere, idealizzando la mia esistenza. Non ricordavo nemmeno più il bagliore ed il calore della luce del sole. Maledetta me e chi me lo ha permesso.


Disperazione.


Se ripenso a quel periodo vedo solo il buio, le tapparelle che impediscono alla luce di filtrare, la mia anima cupa, le occhiaie, le grida.

Sono passati quattro anni.

Adesso lavoro come cameriera in un locale, notturna e sottopagata. A volte lavoro così tanto in così tanti contesti differenti che prima di uscire di casa ho dei momenti di sconforto. A tratti piango. Poi metto la divisa ed esco, pronta per la mia guerra. Sono triste, mi sembra di dover combattere perennemente. Alcune volte sono stanca di fare la superdonna, da quando sono sola ho imparato a tirare fuori gli artigli e una forza di volontà inaudita, ma alcune volte non ce la faccio più, mi sento stanca, mi sento un soldato in marcia. Non ce la faccio più a recitare la parte dell'eroina. Mi aggrappo al fumo di cinque sigarette per sentirmi meno vuota e togliermi il sapore di nulla dalle labbra.

Quando mi rispondono perchè fumo porto alla luce la citazione di "Cercando Alaska". Cercandomi.

- Voialtri fumate per il gusto, io fumo per morire. -

Immediatamente si gela il sangue di chiunque mi sia accanto. Poi sorrido e allento la tensione. Allora diviene uno scherzo, nessuno coglie la vera essenza di quella frase.

Quelle sere dove sento la pesantezza della mia vita addosso arrivo a lavoro spossata e priva di lucidità, quasi alienata. Fare qualcosa di concreto mi aiuta, mi risveglia da questa condizione. Poi il cuoco quando mi vede vittima di quella tristezza incomunicabile mi prende il viso tra le mani e mi dice:

- Agisci meccanicamente: richiesta; azione. Se vuoi distrarti un po' entra in cucina con me con la mia musica stramba e canta un po', ti sentirai più leggera. Ti vedo provata. -

Inutile dire quanto mi aiutino i suoi consigli e le sue docce di verità fredde. Penso di provare un grande affetto nei suoi confronti. È il sano "bene" che vuoi ad una persona. Non me lo spiego in altri modi. I sentimenti non me li so spiegare, ma questo sì. È genuino. L'altra sera gli ho fatto leggere una poesia di Gio Evan su un lavapiatti. È uno dei miei romantici modi di parafrasare la vita.
La poesia recita:

"Ero alla fermata del 21
e accanto a me un lavapiatti
aspettava lo stesso tram
aveva ancora il grembiule sporco
fumava pueblo
era a pezzi, si vedeva
certo che il lavapiatti è un lavoro duro
gli ho detto
e lui ha detto sì
è un lavoro che non gratifica
mi ha detto che non ha meriti
ha solo ramanzine
mi ha detto che ogni settimana
viene una ragazza che sul bicchiere
lascia le impronte di una bocca rossa
deve essere un rossetto forte
costoso, resistente
perchè mica va via con la lavastoviglie
quello no
quello è l'unico bicchiere
che ogni volta
deve lavare a mano.
E ci si è affezionato
dice lui
anche se a me sembra più di uno
che è solo affezionato
dice che non l'ha mai vista
che il capo non vuole che s'affacci
perchè la cucina non si deve far vedere
dice il capo
e non la può vedere
ma conosce la sua bocca a memoria
ogni settimana lava via le sue labbra
dal cristallo
per lui però non è un bicchiere da lavare
per lui è un bacio
un bacio di quelli che hanno
il sentimento
arriva il tram, ci sediamo
parliamo di rossetti
e di quanto basti poco
per innamorarsi.
Poi lui scende
io rimango dentro
e penso
che la vita è così
che se tu provi a dividere due amanti
la vita
trova un altro modo
per arrivare
al bacio."

La legge, sorride. È snervante la vita di un lavapiatti, lo assicuro. Ci scambiamo un sorriso solidale. D'ora in poi in quel gesto ci sarà un po' di poesia.

Ma l'altra sera non è bastato.

Mentre sciacquavo bicchieri contenenti ghiaccio e menta, rimasugli di cocktail e bicchieri colmi di cenere, di sigarette spente, mi sono chiesta:

- Perchè. Che gusto c'è. Questi bicchieri sono vite. Conversazioni. Ore perse. -

Quale persona sarebbe tanto triste da provare piacere in una serata seduta ad un tavolino di legno, bruciandosi i polmoni e consumando alcool. Un inutile spreco di acqua, detersivo, per un consumo che non procura gioia, giovamento, è un vizio del tutto superfluo e per nulla appagante. È insulso, sopravvalutato e convenzionalmente accettato. Ma non è esistenza, è consuetudine.

Anche io ho vissuto di serate così. Questa consapevolezza mi intristisce. Ero povera di esperienze. Erano azioni a dare valore alle mie serate.
Sigarette. Alcool. Musica. Cibo. Vizi.

La lavastoviglie ha un odore che mi piace, detersivo al limone, lava via questi pensieri drastici. L'acidità del limone incontra l'aspro dei miei pensieri, scorrono uno dentro l'altro e mi lasciano l'anima candida e brillante.

Mi sto risvegliando.

Ma la mia vita mi sembra comunque insulsa se lavoro giorno e notte per guadagnare denaro e poi mi prosciuga le energie e mi esaurisce il tempo.

La Filosofia mi viene in aiuto. Dialettica hegeliana del servo e del padrone, il servo si nobilita e diviene autosufficiente attraverso lavori umili. È la metafora della mia vita. Tutto serve, tutto ciò che studi. Anche la Filosofia soprattutto la Filosofia.

Purificherà ed eleverà la mia anima.

Diverrò libera.

Mi riarmo del mio sorriso. Mi torna in aiuto uno dei miei libri preferiti adagiati sul comodino:

- Sono forte. Sono quasi invulnerabile e non mi manca niente. -

Non mi manca niente, non mi manca niente. Vado avanti così. Da ogni esperienza riuscirò a trarre qualcosa, assimilerò emozioni, accumulerò lezioni di vita. Non tornerò a casa scalza e spogliata della mia anima.
Sarò solo stanca.

D'improvviso mi metto a canticchiare qualche canzone felice alla radio. Sono improvvisamente ilare e i miei movimenti sono più armoniosi. Ho ripreso contatto con il mio corpo, sono consapevole della mia posizione nello spazio. Quasi ballo tra un tavolo e un altro. Mi sento perfettamente sincronizzata.

Andrà meglio.

Sarà qualcosa di spettacolare con la mia voglia di vivere.
Devo solo mantenerla accesa.

Canticchio una canzone poco nota.

"E gallerie d'arte, lacrime calde.
- Non è niente, lo sai sono scoppiata ultimamente. Non è niente, sono solo stanca. Sono solo stanca. -

Solo stanca.

Ma forte e viva.

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