Piuma

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Dopo serate come questa mi sento rigenerata. Sento che tutto dentro di me si è riposizionato, che il puzzle si è ricomposto, e l'immagine si vede chiaramente.
È nitida: c'è un bel prato verdeggiante contornato da alberi maestosi. Riesco a sentirne il profumo: è travolgente.
Proprio questa sensazione di onnipotenza mi ha fatto mettere in discussione l'amore: l'immensa felicità che riuscivo a provare stando sola. La libertà di non frenare i miei pensieri, i miei desideri, le mie pulsioni. Volevo godermela sola questa felicità, riuscivo a raggiungerla unicamente sola.
Alcune volte mi sembrava quasi di volare, di fluttuare nel nulla tanto i miei pensieri mi portavano in alto, ero una figura senza peso in un mondo parallelo e sfumato senza contorni delineati. Mi sembrava di essere protagonista di un quadro di Chagall.
Esploravo i meandri della mia mente e raggiungevo vere e proprie rivelazioni. Rovistavo dentro alla mia sensibilità e venivano fuori frasi straordinarie, pensieri curiosi e stimolanti, ero creativa e propositiva, di una felicità estrema.

- I tuoi pensieri sono arte -

Mi è stato detto un giorno.
Oggi penso che non fosse del tutto sbagliato.
In quei momenti sentivo di poter tradurre in parole un suono, un colore, un gusto. Non parlo di banali definizioni predeterminate. Avrei descritto il rosso, l'azzurro, il viola, il giallo, ad un cieco. E sarei stata certa di essere stata capita.

L'amore, invece, mi spegneva come si spegne una candelina il giorno del compleanno. Rapidamente, con ferocia, senza darmi neanche il tempo di riaccendermi. Così ho rinunciato all'affetto, alla passione, alla compagnia, persino alle liti furibonde che costituivano pur sempre un'immensa liberazione di energia. E io vivo per liberare energia. Ho rinunciato a tutto, come avevo già fatto un anno prima e sono volata via.
Come quella volta in aeroporto: ti ho detto:

- Tu mi fai soffocare -

E ho attraversato la penisola in volo.
Tra una richiesta e l'altra, le miriadi di voci sovrapposte in aeroporto, la confusione, io ero lì. Completamente sola, con le occhiaie bluastre, due ore di sonno in corpo. E dopo aver bevuto un caffè somigliante più a brodo di pollo per la consistenza, ho tentato di chiedere informazioni ad un volto che sembrava non essermi ostile.

- Scusi, è questo il volo per Pisa? -

- Pizza? -

Non era italiano. Il nostro dialogo sembrava una barzelletta. Ho lasciato stare. Ho capito che non era giornata.
Sono salita dopo un'ora, in mezzo a persone delle quali immaginavo vite ed ipotetiche felicità. Poi sull'aereo mi sono sentita sola, che più sola non si può, quasi mi scendevano le lacrime. Pensavo a tutto ciò che avevo perso per stare con te, avevo sacrificato vite e sogni, per sentirmi abbandonata al mio destino su un aereo.
Tu che - Non mi volevi più vedere - dopo questo mio azzardo, io che soffrivo ma in cuor mio pensavo che mi avessi portata tu fino a quel punto.
Al punto di scappare. Impazzire. Odiavo i tuoi silenzi come ho odiato poche altre cose al mondo.
Mi facevano sentire invisibile.

In quel momento mi hai persa davvero.

Anche una chiediscusa come me può arrivare a fare cose terribili. Questo succede quando tarpi le ali ad un albatro.
E poi si sa, a me piacciono i finali drastici, melodrammatici. Nessuno sa cosa aspettarsi da Catherine.
Sono disposta a fare cose terribili, o meravigliose, pur di farmi ricordare.

Queste sere, però, mi sembra proprio di brillare.
Adesso, volo oltre i confini per fuggire dal dolore che mi hai cucito addosso, e quello che continui a farmi da lontano.

Ma ormai sono inarrivabile.

Prova ad afferrarmi, adesso.

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