Dazira si era svegliata poco dopo l'ora di cena. Il suo sonno, esattamente come quello della notte precedente, era stato inquieto e, da qualche minuto, provava la stessa angosciante sensazione della sera precedente.
Forse stava sognando, forse aveva sempre sognato. Eppure, per tutta la giornata, nel castello, non si era fatto altro che parlare dell'assassino della notte. E la ragazza non riusciva a destarsi dal suo incubo.
Un uomo era morto. E lei era lì. Era stata lei.
I brividi le percorrevano le ossa: con tutta probabilità aveva la febbre.
Non riusciva a definire le immagini di quell'agghiacciante avvenimento, e quel terrore che qualcosa dentro di lei non fosse sotto il suo controllo rendeva ogni istante più insopportabile del precedente.
Ho ucciso un uomo. E se succedesse ancora? Sono un'assassina. Ho ucciso un uomo...
Si asciugò le lacrime che le avevano gonfiato gli occhi fino a farle sentire bruciore. Da quando era stata congedata, non si era mossa dalla sua stanza.
Ernik aveva bussato un paio di volte, ma Dazira l'aveva mandato via.
E se l'avesse ucciso? Se avesse ucciso un suo amico... o Ladon...
Doveva scoprire cosa era successo, doveva andare a fondo a quella storia e capire cos'era quel bruciore al petto e quella frenetica angoscia che sembrava salirle ogni ora di più.
Doveva uscire e prendere un po' d'aria. Forse era solo un brutto sogno.
Attraversò i corridoi in tutta fretta evitando i posti dove sapeva che avrebbe incrociato Ernik o, peggio, Kaspiro.
Detestava quel ragazzo spocchioso e irritante che la trattava con sufficienza e non perdeva occasione per farla arrabbiare di proposito. Non era mai corso buon sangue fra i due e, se prendevano posto allo stesso tavolo, era solo per la presenza di Ernik.
Voleva stare da sola, quindi si incamminò verso il muro sullo strapiombo e si sedette a pensare, lasciando che il rumore del mare le facesse dimenticare i suoi brutti sogni.
Non si rese nemmeno conto di quanto tempo avesse passato a fissare il vuoto quando si incamminò nuovamente verso l'interno del castello, più serena, ma con il suo nuovo, costante bruciore al petto a premerle dall'interno.
Attraversò la fila di alti cipressi dirigendosi verso il fianco del palazzo in pietra chiara. Dalle stalle, solo il rumore delle bestie. Doveva essere notte inoltrata, perché i rumori del castello si erano assopiti e l'aria fredda aveva iniziato a pungerle il corpo.
Indossava ancora l'abito grigio delle domestiche: da quando era stata congedata dalla principessa Pheanie non si era più preoccupata di ciò che indossava o di cosa avrebbe dovuto fare. Aveva un solo pensiero in testa e tutto il resto aveva perso importanza. Fino a quel momento, quando udì delle risate sommesse.
Non sapeva perché, ma il suo istinto le disse di nascondersi dietro la stalla e lei lo seguì. Non era mai stata così curiosa dei fatti altrui da mettersi a spiare le persone e di certo non aveva motivo di nascondersi, almeno ai possibili occhi altrui... eppure qualcosa quella sera la spinse a rannicchiarsi sotto al balcone tarlato della scuderia.
I passi si avvicinarono e i bisbigli si fecero più vicini a lei. Se le sue orecchie non la tradivano, dovevano trovarsi all'entrata della stalla.
Stavano ridendo e, in quel momento, lei riconobbe una voce: non l'aveva mai sentito parlare con quel tono suadente e, a sentirlo, quasi non pareva lui. Ma la risata era inconfondibile e, facendo particolare attenzione, lo era pure il suo timbro: Ernik.
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LA QUINTA LAMA (I) - L'assassino
Fantasy[COMPLETO] Dazira lavora a corte come domestica e trascorre le sue giornate in compagnia dell'amico Ernik a caccia di guai. Quando Ernik, una notte, non prende parte alla ricerca, Dazira si addentra da sola nei cupi passaggi segreti del castello. D...