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Era mezzanotte passata quando Ernik salutò la giovane ancella di lady Foe, la moglie di lord Mohro.

La luna era alta nel cielo e rischiarava la parte alta degli arbusti ben curati nel cortile. L'avrebbe rivista l'indomani, la ragazza. Era carina, di media statura, dai capelli un po' lunghi e la pelle liscia di una ragazzina; perché questo era: poco più di una bambina. La ragazza doveva avere più o meno l'età di Dazira.

Ormai era nella sua trappola, Ernik lo sapeva. L'aveva lusingata a sufficienza e aveva scherzato con lei toccando gli argomenti giusti per incuriosirla.

Ernik sospirò. Stranamente, la nuova conquista non l'aveva reso soddisfatto. Non perché lui avesse sbagliato qualcosa o lei avesse qualcosa che non gli era gradito... semplicemente, il ragazzo sentiva di non essere al posto giusto, quella sera.

Senza accorgersi, si ritrovò a pensare a Dazira: erano parecchie lune che la vedeva molto più di rado. Forse si sentiva un po' cresciuto per andare a caccia di segreti in biblioteca, o far arrabbiare apposta Ladon così che si infuriasse e si mettesse a corrergli dietro con un volume in mano più pesante di lui... ma, il solo pensiero, gli strappò un sorriso.

Ernik adorava passare le ore con Dazira, ma, al tempo stesso, voleva di più. Sembrava non essergli più sufficiente girovagare per il palazzo con la sua amichetta del cuore a perdere il tempo che non passava lavorando.

Un po' si sentì in colpa al pensiero di come l'aveva lasciata lì da sola dopo che lei aveva espresso il desiderio di condividere con lui una nuova sfida... ma, in fondo, Ernik era certo che Dazira lo avrebbe capito, come sempre.

Così si diresse verso le sue stanze, nella speranza che, a quell'ora, fosse ancora sveglia.

Il corridoi del palazzo si stavano lentamente svuotando dal quotidiano via vai degli abitanti della corte. Le torce erano state accese ed emanavano un fastidioso calore in quell'asfissiante nottata estiva.

Ancora due svolte ed avrebbe raggiunto le stanze di Ladon, dove dormiva Dazira. Ad Ernik sarebbe bastato bussare sul muro alla sinistra della porta: se la ragazza fosse stata sveglia, gli avrebbe risposto e, magari, sarebbero andati insieme a cercare i passaggi segreti appuntati da Ladon.

Ernik fece per svoltare a destra, quando si ritrovò ad urtare qualcosa e, per il contraccolpo, urtò il muro con la schiena.

Doveva ancora capire cosa fosse successo, quando la sua voce lo precedette: «Cosa ci fai qui, idiota?» esclamò Dazira portandosi una mano al petto mentre sgranava gli occhi alla luce delle fiaccole. «Mi hai spaventata a morte!»

Ernik si staccò dal muro stropicciandosi gli occhi. «Ti cercavo» rispose semplicemente, in tono neutro.

«Beh, ora mi hai trovata!» La ragazza si lisciò nervosamente la casacca che portava sopra a dei pantaloni da uomo che solitamente indossava quando non era in servizio. «Cosa vuoi?»

«Sbaglio o ce l'hai con me?»

Dazira esitò per un secondo e, dopo uno sbuffo, appoggiò una mano sul fianco con fare da dura. «No... ho da fare!»

«A quest'ora della notte?» Al ragazzo venne un po' da ridere mentre osservava la sua amica che cercava di non cedere al suo tono accondiscendente. Il corridoio era deserto e, intorno a loro, solo lo sfrigolare delle torce mentre le fiamme si muovevano leggermente creando dei giochi di ombre.

«Sì» affermò la ragazza sostenendo il suo sguardo con dei grandi occhi azzurri che, alla luce delle torce, apparivano di un colore strano: in parte verdi, in parte viola. «Perché mi cercavi?»

«Dove stai andando?» ribatté invece Ernik nella speranza di ottenere un invito senza dover per forza chiederle scusa.

Dazira sbuffò e il suo alito caldo arrivò fino al volto di Ernik. «Ah, ora ti interessa?» sbottò la ragazza facendo un passo indietro e molleggiando nervosamente spostando il peso da un piede all'altro. «Beh, è un po' tardi... ci vado da sola!»

«Quindi è per questo che sei arrabbiata?»

«Mi vuoi dire che diavolo vuoi a quest'ora?» esplose Dazira sempre più nervosa.

Ernik sfoggiò il suo sorriso più conciliante e addolcì il tono. Non aveva alcuna intenzione di litigare con la sua migliore amica. «Voglio venire con te» spiegò semplicemente, sperando che la risposta fosse sufficiente.

«No, tu ti senti in colpa perché mi hai piantata in asso come al solito!» rispose secca la ragazza.

Okay, Dazira non era mai stata una stupida e lo conosceva come nessuno in quel castello. Ma, ovviamente, lui non poteva darle questa soddisfazione, anche perché era palese che il suo comportamento sarebbe apparso assai egoista. «Senti, è normale che un ragazzo della mia età cerchi la compagnia femminile...» provò a giustificarsi, ma immediatamente si rese conto della gaffe. In tutta risposta, la ragazza l'aveva guardato come se fosse stata prossima all'omicidio.

Dazira era una ragazza, era vero... ma, nonostante il suo viso aggraziato e il corpo esile, Ernik, quando pensava a lei, non la associava alle altre ancelle in gonna pronte a servire una nobile dama nella loro grazia ed eleganza. Per lui, Dazira era la ragazzina in casacca e vecchi pantaloni logori che si rifugiava in biblioteca e tirava i capelli a tutte le smorfiose del castello.

Il ragazzo provò, quindi, a correggersi: «Cioè, più femminile!»

Se avesse potuto, Dazira, con tutta probabilità, l'avrebbe incenerito all'istante.

Ernik si morse il labbro mortificato. «Insomma... hai capito cosa intendo!» balbettò mentre l'ambiente scuro nascondeva il suo rossore.

«Lascia stare» lo interruppe sbrigativa la ragazza agitando la mano infastidita. «Vai a dormire!»

Lo scudiero scosse la testa innervosendosi a sua volta per quell'aria di superiorità tenuta da quella ragazzina che lui credeva sarebbe stata in grado di capirlo. «Ti stai comportando proprio da mocciosa!» esclamò con una smorfia scocciata mentre corrucciava le sopracciglia.

La ragazza, in risposta, emise uno sbuffo che le uscì più simile ad un sibilo. «Tu invece dimostri grande maturità nel trascurare chi c'è sempre stato per alzare delle gonnelle!»

Per un attimo, calò il silenzio e la mente di Ernik fu invasa da un milione di pensieri. All'improvviso gli venne il dubbio che, forse, non aveva mai compreso appieno l'attaccamento della sua amica.

Decise, però, di reagire prendendola scherzosamente in giro; d'altronde, affrontare seriamente un discorso del genere con lei, sarebbe stato alquanto imbarazzante.

«Sei gelosa?» la punzecchiò allegramente.

«Ma sei scemo?» lo accusò la ragazza con un ringhio. Gli occhi erano diventati due fessure accusatorie e le mani si erano chiuse a pugno.

Era così buffa che Ernik stentò a trattenere un sorriso e nascose un accenno di risata fingendo di grattarsi la testa con la mano.

«No, non sono gelosa... puoi richiamare pure il tuo ego smisurato!» replicò la ragazza cercando di fingersi indifferente. Ma Dazira era il tipo di persona che non era in grado di nascondere nemmeno la più piccola emozione agli occhi di chi la conosceva bene.

Lei era furiosa, Ernik lo sapeva. E la cosa stava iniziando a divertirlo parecchio. «È inutile che arrossisci, zuccherino!» la provocò di nuovo.

Dazira digrignò i denti e, lanciata un'ultima occhiataccia, lo urtò con la spalla e se ne andò. «Va' al diavolo!» urlò senza voltarsi.

«Va' al diavolo tu... e portaci pure la tua gelosia!» Ma quella frase, rimasta lì per prenderla in giro, diede ad Ernik qualcosa a cui pensare quella notte.

Forse Dazira aveva davvero un debole per lui.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora