20.2

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Pheanie camminava a passo deciso lungo i corridoi. Le era stato detto che l'avrebbe trovato nella piccola armeria ad ovest del castello, dove, a quanto pareva, era solito allenarsi.

La guardia sembrava un po' sorpresa dalla sua domanda... ma lei aveva deciso che non le importava!

Era stanca di preoccuparsi quando pareva che nessuno avesse una vera preoccupazione nei suoi riguardi. A quanto emergeva dagli ultimi avvenimenti, nemmeno Arthis era così in pena per lei.

Quindi, al diavolo tutti!

Non bussò nemmeno alla porta, entrò decisa, tanto che alla sua vista, persino Therar, apparve sbigottito. Era solo. Perfetto.

«Principessa!» esclamò sorpreso mentre la ragazza si avvicinava a lui sempre di più trascinando un'ampia gonna rosa antico.

Era intento a lanciare dei coltelli contro un'asse di legno posta in verticale con un'eleganza ed una disinvoltura che Pheanie aveva imparato a riconoscere. Avrebbe voluto fermarsi a guardarlo mentre si allenava, ma sapeva che, se avesse avuto l'occasione di ripensarci, se ne sarebbe andata.

Mano a mano che lei avanzava nella sua direzione, lui abbassava le armi, fino a deporle sul tavolo dell'armeria.

A quanto pareva, la principessa era in vena di litigare, pensò Therar.

Ma quando lo raggiunse, fece qualcosa che Therar non si aspettava: non si fermò a debita distanza, come al solito, ma invase il suo spazio di privacy con una tale determinazione che il ragazzo non reagì.

Una volta avvicinatasi a poco più di venti centimetri dal suo volto, Therar capì cosa stava per fare, ma non si mosse. Questa volta, a quanto pareva, Pheanie sapeva benissimo cosa stava facendo.

La ragazza indugiò appena, poi posò delicatamente, ma con convinzione, le labbra sulle sue, lasciando sulla bocca di Therar un dolce sapore di fragole.

Dopo un lungo secondo, Pheanie si staccò e si allontanò appena, con gli occhi ardenti di rabbia mista ad un fuoco che Therar non le aveva mai visto addosso.

«Non permetto più a nessuno di decidere per me!» scoppiò la ragazza alzando la voce parola dopo parola. «Vuoi sapere se mi sono presa una cotta per te? Sì, è vero. Lo ammetto! Ora vallo a dire a mio fratello e ridacchiateci sopra insieme!» concluse tirandogli uno spintone carico di rabbia prima di voltarsi per andarsene.

Ma accadde qualcosa che la ragazza non si aspettava: un calore caldo che partiva dal fianco la frenò.

Therar la stava trattenendo delicatamente con una mano all'altezza della vita. Una mano calda e sicura, così estranea alla principessa da paralizzarla mentre un brivido caldo si irradiava dal fianco alla nuca.

«Pheanie...» mormorò lui fermandola. Pheanie. Non l'aveva mai chiamata così. Nessuno a parte i suoi familiari aveva mai avuto il diritto di chiamarla così.

Ed ora che lui lo stava facendo, non era qualcosa di scandaloso, ma qualcosa di dolce, di carezzevole.

Lentamente, la ragazza si voltò e, per un secondo, non si sentì più una principessa di Forterra, ma semplicemente una donna vulnerabile che aveva messo i propri sentimenti nelle mani di un uomo. In un solo gesto sembrava aver perso tutta la determinazione con la quale era entrata nell'armeria.

Lentamente, Therar si piegò verso di lei e lei lasciò che le labbra di lui cercassero le sue schiudendosi in un bacio dapprima dolce, poi più appassionato.

E, in un istante, Pheanie si dimenticò delle prese in giro, del volere di suo fratello e della precarietà del suo rapporto con Therar. Per quel lungo, dolce momento, Pheanie si lasciò andare e decise che quel bacio avrebbe valso la pena di qualsiasi conseguenza sarebbe giunta in seguito.

Aveva passato troppo tempo a ricamare, dipingere ed ascoltare la vita degli altri. In quel momento, Pheanie stava facendo esattamente quello che desiderava.

Stava vivendo.

LA QUINTA LAMA (I) - L'assassinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora