Capitolo 4: il tuo nome

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Cloe, 50 anni prima

Sono settimane che cammino freneticamente per le stanze di casa mia. La partenza per Parigi si avvicina in maniera esorbitante e ormai rimane solo un mese da trascorrere in questo piccolo angolo della Francia.

La mia routine non mi è mai stata più stretta, ho bisogno di nuove abitudini e spazi. L'eccitazione che mi pervade mi provoca costantemente mal di pancia e l'impulso di muovermi continuamente. In questi ultimi giorni ho camminato così tanto da poter dire di conoscere le campagne di lavanda a memoria. Tuttavia gli spazi aperti sono gli unici luoghi dove posso sentirmi completamente serena e tranquilla. 

Vedo il mio futuro perfettamente spianato e programmato di fronte a me. So che nulla potrebbe cambiare neppure minimamente i miei piani, mi sento totalmente indipendente e forte. Il mio sogno sembra quasi realizzabile.

La lettera di ammissione all'accademia di Jacques Lecoq è posizionata sulla mia scrivania da ormai troppo tempo. Il corso per attori che frequenterò prevede due anni di formazione e io fremo dalla voglia di stringere tra le mani il diploma di fine corso.

E' proprio durante uno delle mie lunghe passeggiate che incontro il ragazzo della baguette, tra un campo di lavanda e il piccolo torrente caratteristico del mio paesino. E' in sella a un baio, cavalca concentrato venendo verso di me; ho paura che non mi veda neanche; per quanto sia perso tra la terra che gli sfreccia sotto i piedi e la criniera che gli sferza il viso. Mi scanso sul ciglio del sentiero, ma quando mi passa vicino il mio vestito bianco si alza e sono costretta a tenermi il cappello di paglia ben fisso in testa usando entrambe le mani. Dopo pochi passi lo stallone inchioda e fa retromarcia fino ad arrivare circa alla mia altezza, il ragazzo si sporge lievemente verso di me sorridendo

-Ciao piccola panettiera- mi saluta ghignando

-Ho un nome sai?- non ho intenzione di stare ai suoi giochetti

-Ah sì? In ogni caso saperlo non è nelle mie priorità-

Faccio spallucce e riprendo a camminare nella mia direzione, neanche il tempo di fare tre passi che lui, girando il suo cavallo, mi raggiunge affiancandomi.

-Stavo scherzando: mi interessa sapere il tuo nome- continua cercando di catturare il mio sguardo, io lo ignoro sfacciatamente e continuo a camminare a testa alta

-Ok, visto che non hai intenzione di dirmelo proverò ad indovinare- il ragazzo non vuole demordere e sorridendo inizia ad elencare qualsiasi nome gli passi per l'anticamera del cervello. Io scuoto la testa a ciascuno di essi ridendo divertita.

-Ti prego mi puoi dare un piccolo aiuto? Solo l'iniziale, per favore- mi guarda con l'aria di chi ha appena ricevuto trentacinque bastonate e io esplodo in una risata sincera.

-Ok, va bene, inizia con la c- cedo alla fine, devo ammettere che ci sa fare

-Allora visto che mi hai detto l'iniziale potresti addirittura togliermi questa fatica e rivelarmi il tuo nome-

-Eh no caro! Non funziona così- esclamo divertita -le cose costano fatica-

-Pensa un po'- continua lui sogghignando

- Eh infatti si dice che io non sia una ragazza semplice-

-Ho notato- ribatte lui - ma le cose semplici non piacciono a nessuno, tantomeno a me-

Ora siamo fermi a guardarci negli occhi, uno di fronte all'altra, lui mi osserva dall'alto del suo cavallo e io dal basso mi perdo nei suoi occhi scuri che mi avvolgono come la corteccia circonda l'albero. Si protende verso di me e mi sposta un ciuffo di capelli dal viso, poi sussurra: -Allora facciamo così: ogni giorno io ti lascerò un bigliettino con un nome al di fuori della tua panetteria e quando indovinerò quello giusto tu dovrai venire sotto il campanile della chiesa alle dodici e trenta. Io sarò lì ad aspettarti ogni giorno, se non verrai saprò che dovrò scegliere un nuovo nome per il giorno seguente-

Dette queste parole gira il cavallo e parte al galoppo lasciando dietro di sé una scia di profumo di mare: mi fa sentire proprio così, disorientata, come se improvvisamente il mare avesse spazzato via la campagna.

Ritorno verso casa camminando lentamente, la mia mente ripercorre velocemente tutti i miei ricordi con lui e scivola sulle sensazioni che è in grado di farmi provare. Poggio una mano sulla mia fronte cercando di calmare i bollenti spiriti che mi percuotono, ma in fondo è estate ed il caldo non migliora affatto la situazione.

Ho il presentimento che, se questo ragazzo volesse, potrebbe essere in grado di cambiare la mia vita drasticamente: ed è decisamente una cosa che non posso permettergli di fare.

Entro in casa velocemente, l'odore della zuppa di funghi di mia madre mi pervade e la scorgo intenta nel rigirarla con un mestolo di legno. Ha i capelli legati in una crocchia e sta parlando nervosamente con le mie due sorelle strillando ordini su come apparecchiare la tavola.

-Ciao a tutti- saluto sorridendo.

-Oh ciao Cloe- mia mamma mi saluta alzando appena lo sguardo dai fornelli.

Le mie sorelle fanno un cenno col capo a modo di saluto e io corro su per le scale verso camera mia.

Appena entrata mi siedo sul letto con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, verso la campagna, due grandi occhi marroni e un sorriso divertito mi si parano davanti, istintivamente gli angoli della mia bocca si alzano.

Abbandono la mia testa sul cuscino. Sempre con lo sguardo rivolto al di là dei vetri osservo il pomeriggio farsi sera bagnandosi di quei colori rossastri che tanto amo. 



La foto del capitolo è la rappresentazione di come immagino Cloe. 

Ve la immaginavate diversamente?

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