5. Just a Fairytale.

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Liam uscì silenzioso da quella casa. Non salutò nessuno, non guardò nessuno, fissò con sguardo immobile e raggelato solamente il pavimento.

Non ebbe coraggio di far nulla: di dire qualcosa a sua mamma, di non mettere panico a Zayn e anzi, magari di rassicurarlo. Non sapeva nemmeno dare una spiegazione sensata a se stesso poiché per quanto avesse sempre detto a Zayn di rimanere forte, in realtà era lui quello più debole. Era lui quello che era nel nero più assoluto e non vedeva niente, neanche l'ombra di se stesso. Era una notte terribile, la più spaventosa mai vissuta. Tutte le ansie e paure e preoccupazioni gli si gettarono addosso non appena sua mamma pronunciò quelLiam in modo così tremolante e soffocato. Aveva provato ad auto convincersi che lui e Zayn avrebbero superato tutto, ma in fondo sapeva che sua mamma non avrebbe reagito bene. Insomma... esiste qualche genitore che la prenderebbe subito bene? Decisamente no.

Dunque Liam entrò in macchina, suo papà al volante e sua mamma accanto a quest'ultimo.

Per quanto la notte fosse già buia di suo, il cielo era violentemente più scuro del solito e cominciò a scendere la pioggia che mai come quella sera si era mai riflettuta nell'anima di Liam. Si sentiva un sasso nello stomaco, un tappo in gola. Voleva dire qualcosa ma non ci riusciva, voleva piangere ma non gli uscivano le lacrime.

Tutto il tragitto fatto in macchina fu vissuto nel silenzio più totale. Liam guardava fuori dal finestrino con sguardo serio, cercando il più possibile di nascondere le emozioni.

Il padre non osava battere ciglio o distogliere l'attenzione dalla strada, mentre era chiaro come Karen ogni tanto guardasse Liam per assicurarsi che stesse bene.

Arrivarono a casa, era l'una di notte passata, e il sonno era praticamente l'ultimo dei loro pensieri.

Geoff da uomo che era si mostrò estremamente determinato e serio, e non fiatando puntò il dito sulla sedia chiedendo a Liam di sedersi al tavolo.

Karen non era così arrabbiata come il marito poteva sembrare, era solo spaventata.

“Perché Liam? Perché?” esordì dunque quest'ultima, appoggiando le mani sul tavolo. Liam capì che quello sarebbe stato un interrogatorio e d'altronde non poteva succedere altrimenti.

Rimase zitto per degli istanti. Si concentrò sulle espressioni dei loro genitori. In quei pochi secondi realizzò che ormai era un uomo, e che non poteva fuggire più dai problemi e dagli ostacoli. Una volta nel labirinto devi trovare il modo di uscirci, e non c'è astuzia, né furbizia... solo senso dell'orientamento. Ed era quello che doveva avere nel procedere in quella imminente conversazione, per far sì che ogni cosa sarebbe stata chiara.

“E' grave?” rispose con una domanda perché non sapeva cosa dire. Perché cosa?

“Direi di sì. Tu non ti rendi conto di quello che hai fatto?” rispose dunque l'altra alzando lievemente il tono di voce.

“Io, mamma, ho fatto quello che voi mi avete insegnato ad essere.” rispose con molta determinazione, non perdendo mai il contatto visivo con la madre. Sapeva che guardarla negli occhi riusciva a farle capire quanto lui fosse sincero.

“Ah davvero? Ti abbiamo insegnato ad amare i... i ragazzi?” ecco ancora la voce strozzata, e anche leggermente schifata.

“Mi avete insegnato ad essere me stesso. Ed è quello che ho scelto di essere!” anche la sua di voce si alzò. Il tono era arrabbiato.

Karen era in preda a un'altra crisi di pianto. A questo punto intervenne suo padre, che con tono serrato rispose al figlio: “Liam, questa cosa non è normale. L'essere umano è stato creato per completarsi con un altro umano... diverso dal primo. E' una decisione che la natura ha imposto all'uomo. E tu... tu la stai distruggendo.”

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