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Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.

Niente di tutto ciò, nel Lager, era conosciuto; o almeno, era noto unicamente a quei pochi eletti che entravano nel campo come uomini liberi: un miserabile numero di pochi fortunati.

O condannati, a seconda dei punti di vista.

Ad ogni modo, una domenica ogni due settimane si lavorava regolarmente, e nelle restanti, invece, i detenuti erano impegnati nella manutenzione del campo, nessuno escluso; persino Louis, che di solito era esentato dai lavori pesanti, durante quelle domeniche era costretto ad unirsi al resto dei prigionieri per quelle che erano, senza dubbio, lunghe ore di vera e propria schiavitù.

Era domenica: Harold non avrebbe visto il ragazzo che a sera inoltrata, quando sarebbe tornato al Block 28 per dormire; in una domenica come le altre, avrebbe sicuramente sentito la sua mancanza in modo terribile: avrebbe trascorso la giornata fumando, camminando avanti e indietro lungo il suo appartamento, avrebbe probabilmente contato i minuti intenti a passare con lentezza snervante e avrebbe fissato la finestra, nella trepidante attesa di vedervi comparire il volto stanco del suo detenuto.

Ma quella domenica no, non sarebbe stata come tutte le altre.

Per quella speciale domenica, i piani dell'ufficiale erano ben diversi.

Avrebbe finalmente preparato a Louis la sorpresa che, da settimane, stava pianificando.
L'aveva pensata in ogni suo minimo particolare, così che fosse sicura per entrambi, ma soprattutto perfetta per Louis.

Una volta tornato al dormitorio, lo avrebbe portato agli Uffici con la scusa di un controllo d'urgenza e a chi, vedendoli camminare per il campo più tardi dell'orario consentito, gli avesse chiesto spiegazioni, avrebbe risposto la stessa cosa: avrebbe pensato che si trattasse di un malato, o di un condannato, e li avrebbe lasciati passare.
Magari insultando il ragazzo, ma in tal caso ci sarebbe stato lui a dirgli di lasciar perdere e di non ascoltarlo.

Dentro gli Uffici, attraverso il giardino interno e poi da dietro i bagni, sarebbero arrivati agli alloggi delle SS; l'altro gli avrebbe chiesto cosa stessero facendo, perchè diavolo si stavano nascondendo dietro ad un cespuglio, ma lui si sarebbe limitato a baciarlo con dolcezza e a dirgli di aspettare, che presto avrebbe capito.

Ancora una volta, gli avrebbe sussurrato che lo amava.

Avrebbero approfittato del cambio delle sentinelle per intrufolarsi nel palazzo passando dal retro: allora avrebbe preso la sua piccola mano nella propria e avrebbe fatto intrecciare le loro dita, per stringerlo e sentire dentro al palmo quel contatto caldo, confortante, quel contatto che era diventata la sua meta, il suo porto sicuro.

Lui una nave, e Louis la sua bussola salvatrice.

Raggiunte le scale nascoste subito dopo l'entrata, sarebbero saliti fino all'ultimo piano, momentaneamente in disuso a causa di alcune perdite d'acqua e di un mal funzionamento del sistema di riscaldamento; qui, per motivi a lui del tutto sconosciuti, in una delle stanze vuote che nessuno si era preoccupato di chiudere a chiave, si trovava un pianoforte: un pianoforte vecchio, ma ancora funzionante.

Lo aveva scovato durante un'ispezione di protocollo, l'anno precedente, per poi dimenticarne completamente l'esistenza fino al giorno in cui il ragazzo gli aveva fatto la sua piccola confessione: l'idea della sorpresa gli era venuta la sera stessa.

Come rose nella neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora