Capitolo 6: Lezione

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Non era servito a nulla. Quell'intera giornata passata a pensare a come avrebbe potuto iniziare a scalfire il cuore di pietra di Amy, si era rivelata tempo sprecato. Proprio mentre credeva che la cena insieme a Mello e Matt stesse procedendo bene, la piccola solitaria aveva iniziato a blaterare, per poi alzarsi e correre via. Blanca l'aveva seguita, ma la sua compagna di stanza le era parsa una vera e propria scheggia, mentre si precipitava verso la loro camera, per poi fiondarvisi, chiudendo la porta alle sue spalle – seppur non a chiave; l'altra, rimasta nel corridoio, aveva chiaramente udito le molle di un materasso smuoversi, accogliendo un piccolo corpo sopra di esse, con il lenzuolo a fare da intermediario. Non era riuscita ad entrare nella stanza. Era rimasta in piedi di fronte all'uscio, con la mente piena di domande a far capolino da ogni dove, e le promesse di trovare le risposte con l'aiuto del tempo faticavano a reggersi; si voltò, vedendo arrivare i due compagni di cena, e si lasciò sopraffare dallo sconforto.





Dopo esattamente tredici ore dalla cena, Blanca si ritrovò nuovamente nella sala da pranzo, seduta al tavolo utilizzato da lei la sera precedente, per fare colazione. Si guardava attorno, incuriosita dal repentino via vai degli altri abitanti dell'orfanotrofio, molti dei quali non sostavano ad un tavolo per consumare il cibo, piuttosto afferrava della pancetta o dei pancakes dal banco di distribuzione e correvano via, in un luogo a lei sconosciuto, seguiti da due o tre compari con altrettanta fretta. E dov'era la sua, di compare? Lei era rimasta in camera, appollaiata sul davanzale interno della finestra, abbracciando un orsetto di peluche bianco, con un nastro rosso scarlatto a circondargli il collo morbido e a decorarlo con un dolce fiocco, gli occhietti neri dell'animale di pezza tristi almeno quanto la proprietaria; le aveva detto che aveva già fatto colazione, ma Blanca non le aveva creduto, evitando tuttavia di accusarla di essere una bugiarda. Quest'ultima portò un boccone di uova strapazzate alla bocca, venendo subito dopo invasa dal sapore della portata; non era un piatto fuori dall'ordinario, né tantomeno era cucinato alla perfezione, ma era in grado di farle tornare in mente le abilità culinarie di sua madre. Sentiva molto la sua mancanza, eppure non aveva pianto quando aveva realizzato di averla persa; che diritto aveva di disperarsi per la perdita della sua genitrice, quando era stata lei stessa ad averla uccisa?

Furono due teste a destarla dai suoi pensieri malinconici, una bionda e una rossa, dirette verso una cuoca che diede loro delle merendine commerciali; impiegò una frazione di secondo per riconoscere i due orfani, e li chiamò a gran voce, speranzosa di poter passare con loro la mattinata. A raggiungerla, tuttavia, fu solo Matt, seppur Mello non se ne fosse andato, attendendo il ritorno dell'amico vicino all'ingresso della sala, senza tuttavia intralciare il flusso di bambini e giovani ragazzi che andavano e venivano.

«Ciao, Matt.»

«Buongiorno, Blanca. Scusaci, ma non possiamo proprio fare colazione con te oggi.»

La bambina chiese, masticando, dove si stessero dirigendo tutti gli altri orfani.

«Be', oggi ci sono le lezioni. Dovresti venire anche tu, sono corsi molto utili per superare i test mensili.»

«Test mensili?»

«Sì, e poi i risultati vengono pubblicati nella grande bacheca nell'atrio. Lì si vedono le graduatorie ed L si fa un'idea su chi è più predisposto ad essere il Successore.» Matt afferrò la bambina per un polso, costringendola a farla alzare dalla sedia di legno; Blanca non si oppose.

«Ma la mia colazione?»

«Tranquilla, se ne occuperà la persona addetta alle pulizie sorteggiata. Per fortuna che il turno mio e di Mello è stato la settimana scorsa.»

«No, non capisco» rispose la bambina seguendo il rosso a passo svelto.

«Si vede che sei una novellina» rise lui. «Da sempre, uno di noi viene scelto per aiutare le cuoche ad occuparsi della cucina e le domestiche a pulire i corridoi per tre giorni, e quando ha finito tocca ad un altro. È vero, è una scocciatura, specialmente perché dobbiamo studiare molto e passare tre giorni a svolgere altre attività ci fa perdere del tempo prezioso, però siamo in tanti e quindi è giusto così.»

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