XXVIII: Lacrime di rabbia

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Nives tamburellava con le dita sul bracciolo del trono.

Le era rimasto in mente il lento ritmo di una danza a cui aveva partecipato durante i festeggiamenti, accompagnata da uno dei tanti cavalieri che le aveva chiesto l'onore di concedergli un ballo; ricordava appena il volto dell'uomo, visto che aveva passato gran parte del tempo a lanciare rapidi sguardi al pavimento per evitare le pestasse i piedi già dolenti a causa delle scarpe scomode. In compenso, le si era impressa tra i pensieri la cadenza cupa delle note, al momento in perfetta armonia col suo animo.

L'occhiata stanca che le riservò Winloas la convinse a smettere, facendo calare un velo di silenzio nella sala del trono, così spoglia rispetto a pochi giorni prima; dall'incoronazione, infatti, erano rimaste solo le insegne della casata dei Bálit, un drago porpora dalle ali spalancate su campo bianco, e il lungo tappeto, non più candido a causa dello sporco depositato dai cavalieri e dai nobili giunti a porgerle omaggio.

"Come mai non sono ancora arrivati?" chiese, questa volta rivolgendosi a Peeke.

L'altro la squadrò, senza distogliere i grandi occhi grigi dai suoi. "Staranno valutando cosa dirvi, mia signora" rispose alla fine, per poi scrollare le spalle annoiato.

"Cancellerà mai una simile freddezza?" pensò Nives, storcendo le labbra.

Winloas, invece, si avvicinò a lei. "Abbi pazienza" le disse, incrociando le braccia. "Verkað avrà di certo dei buoni motivi per un simile ritardo."

"Sono ormai anni che riflettono." Nives allungò le gambe davanti a lei per sgranchirle, solleticata dal pensiero che il trono fosse più scomodo di quanto avesse mai immaginato. "Oltretutto, non ho ancora confermato o smentito alcuna voce."

"La smentireste mai?"

Nives non si girò nemmeno verso Peeke, certa che la stesse osservando con un sorriso impertinente, preferendo invece concentrarsi su Winloas che aveva ripreso parola. "Muovere guerra a Everett non è un'impresa da niente" le disse, invitandola a sedersi composta con un cenno del capo. "Forse stanno pensando a un modo per farti desistere."

"Non credo possano esistere tali parole."

Nives udì alzarsi netti dei sospiri da parte di entrambi gli uomini, ma non lasciò spazio a nessuna scintilla di dubbio. Neppure la figura di Winloas riuscì a metterla in allarme, nonostante ci fosse qualcosa di curioso nell'atteggiamento dell'uomo – era forse preoccupato per lei? Oppure era a conoscenza di cosa stesse facendo il Consiglio?

"Cosa vuoi dirmi?"

Non aveva la pazienza per sopportare anche la sua esitazione.

L'uomo si portò la mano tra i capelli e non osò guardarla negli occhi. "Credo..." tentennò. "Forse..."

"Ti prego." Nives lo interruppe, tornando a tamburellare con le dita in un gesto del tutto involontario. "Non perderti in balbettii nel tentativo di trovare formule delicate."

Peeke si lasciò sfuggire una risata amara. Sia il Consiglio che Winloas avevano stabilito che l'erede dei Treue facesse parte della cerchia dei più fidati e lei non aveva potuto far altro che piegarsi al loro volere; col passare del tempo, però, si era convinta l'avessero fatto solo per mettere a prova la sua pazienza, visto che l'altro mostrava il medesimo atteggiamento rivoltole nei primi giorni a Centrum Norr.

"E vorrebbero addirittura che lo sposassi!" pensò, lanciandogli una rapida occhiata. Non poteva negare che fosse avvenente, ma la sua arroganza sfiorava il limite del tollerabile.

"Forse il Consiglio non ha tutti i torti."

Nives si girò di scatto e Winloas la osservò di rimando con uno sguardo carico di sensi di colpa.

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