XXXIV: Partita a carte

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Impotenza.

Taron non riusciva a provar altro mentre, in piedi al fianco di Cain, osservava Nives e i due cavalieri, separati da lui solo dalla scrivania. Non riusciva neppure a prestare ascolto alle parole che i regnanti si stavano scambiando, vuoti convenevoli lasciati ad aleggiare per la stanza e ultimo tentativo per studiare e comprendere l'avversario prima di calare le proprie carte. Nonostante sperasse in una vittoria di Nives, era certo avrebbe perso.

L'impotenza, alla fine, si annidava proprio in quello.

Sentiva in sé il desiderio bruciante di attraversare la simbolica linea di confine tracciata dalla scrivania per avvicinarsi alla sovrana e urlare a Cain che non aveva alcuna intenzione di seguire i suoi ordini, ma d'altro canto era obbligato a nascondere un simile fuoco sotto un'espressione impassibile, gelata dall'orrida consapevolezza che, se mai avesse osato, avrebbe perso di nuovo tutto. Non sarebbe mai più stato Mano Rossa, così come non avrebbe mai potuto vestire ancora una volta i panni di Taron degli Enkel – un titolo ormai smarrito nelle torbide acque del passato.

Non poteva far altro che rimanere in attesa, lasciando che i due contendenti si studiassero. Doveva pazientare il momento giusto per giocare l'ultima carta presente nel mazzo, in questo caso nascosta sotto la forma di un foglio di pergamena che gli premeva sul cuore.

Nives, nel frattempo, stava spiegando al sovrano che le sarebbe piaciuto conferire anche con Calypso, l'unica con la quale non aveva avuto ancora il piacere di conversare; c'era qualcosa di stucchevole nella voce, così come nelle labbra pallide inclinate in un sorriso fin troppo dolce e delicato. Infastidito, Taron storse il naso, rompendo l'immobilità del viso solo per qualche secondo mentre Cain si schiariva la gola.

"Non riesco a comprendere il motivo di tale richiesta."

A Taron non sfuggì la sfumatura seccata del tono del sovrano, nascosta sotto un velo di ironia che l'aveva portato ad appoggiarsi rilassato sulla sedia, il braccio sinistro piegato sul bracciolo in un gesto molle per sostenere la testa.

Nives sospirò. "Avevo compreso fosse una vostra fidata consigliera e, nella mia ingenuità, pensavo sarebbe stata presente" replicò, scandendo le parole con calma, per poi lanciargli un'occhiata fuggevole, pari a un battito di ciglia.

"Credete le interessi la proposta che volete avanzarmi?"

Sembrava non gli importasse affatto del colloquio, e ciò portava l'animo di Taron a scalpitare ancor di più e produrre idee di parole affilate da lanciare contro il sovrano. Eppure, doveva attendere. Per un attimo si sentì come sull'orlo di un'importante battaglia all'ultimo sangue, nonostante l'apparente calma sonnolenta che regnava nello studiolo.

"In parte" rispose Nives enigmatica, spostando il busto in avanti. "Ma temo sia meglio lasciar perdere tali futilità e dedicarci a ciò che è di maggior interesse."

"Concordo." Cain rimase immobile, per nulla turbato. "Sono curioso di udire la vostra proposta."

Nives lo guardò dritto negli occhi e alzò appena il mento con aria di sfida, per poi farsi porgere dal dragoniere dai capelli rossi una mappa che venne dispiegata sul tavolo. Cain, imitato da Taron, si sporse in avanti e osservò le delicate mani della sovrana muoversi sulla carta, indicando i vari territori col picchiettare dell'indice.

"Come avrete intuito, necessito del vostro aiuto per muovere guerra a Everett" iniziò, coprendo col dito l'icona di Feluss. "A conclusione di quest'ultima, ho intenzione di offrirvi dei territori in segno di gratitudine." L'indice tracciò immaginari confini che chiudevano in una morsa il golfo prossimo al Laeiros, comprendendo anche Lumien e parte del deserto. "Nonché un terzo del bottino" aggiunse infine, allontanandosi dalla carta.

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