XLII: Soffioni

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Nives attendeva.

Era arrivata a Myrer solo da una decina di giorni, ma le risultava difficile non voltarsi di tanto in tanto a guardare verso la palude che aveva soffocato le antiche risaie, speranzosa di vedere Taron avanzare circondato dai suoi uomini. La notizia della caduta di Havnen aveva compiuto il giro di tutta la regione in poco tempo, generando sorpresa e sgomento, e lei si era rallegrata, sia per l'immaginaria espressione che doveva aver assunto Everett alla scoperta di tale avvenimento, sia per le voci che sussurravano quanto il bottino fosse enorme.

Eppure, nonostante la gioia e l'eccitazione, il ritardo dei mercenari la preoccupava.

Tentava di concentrarsi su altro, discutendo e pianificando le successive mosse in compagnia di Winloas e Lögi, giunto a Myrer pochi giorni dopo di lei. Di tanto in tanto si era permessa di passeggiare tra le rovine della città in compagnia di Magnus o Peeke, o addirittura da sola, ammaliata dai resti carbonizzati di una vita ormai morta. Il fuoco, infatti, aveva mangiato tutto. Della Cittadella, in gran parte costruita in legno, erano rimasti in piedi solo i muri della sede delle Guardiane, anneriti e pericolanti; le avevano dato la sensazione che avrebbero potuto seppellirla viva, tanto che dopo una prima e rapida esplorazione aveva deciso di non avvicinarsi più, malgrado la nostalgia pungente. La Città Vecchia, invece, aveva subito un trattamento migliore, nonostante le fiamme si fossero propagate all'interno delle mura: il palazzo del Governatore, di cui era rimasto solo lo scheletro, svettava sopra le macerie, pari a un gigantesco corvo sventrato, nero in contrasto col cielo limpido.

Si era avventurata in solitaria tra le mura proprio quella mattina, sfibrata sia dall'afa che dall'attesa. Aveva fatto scorrere le dita sulle bruciature che segnavano le pietre e, soffocata dai ricordi, non era stata in grado di trattenere le lacrime; in fondo, ogni volta che alzava lo sguardo sui resti della città non poteva fare a meno di pensare di essere stata lei la causa della sua morte e dei suoi abitanti – Regn, Rose, Leila... era soprattutto il sangue delle orfane a macchiarle le mani. Si era asciugata le guance, pentita dell'impulso malsano che l'aveva spinta a ripercorrere gli antichi corridoi del palazzo, ed era tornata ad aspettare.

Zaekr, raggomitolato sul prato poco lontano dall'accampamento, le aveva fatto da porto sicuro; si era seduta vicino a lui, accoccolandosi vicino all'ala destra, e gli aveva rivelato i suoi timori.

"Non dovresti incolparti" le disse il drago, aprendo un grande occhio dorato per guardarla. "Se non fossi scappata, ora sarebbe il tuo popolo a morire."

"Avrei potuto trovare una strada diversa" rispose lei. Fece scorrere lo sguardo sull'esplosione verde punteggiata dai primi caldi tocchi dell'autunno; la fine dell'estate era vicina, la percepiva nell'aria carica di un'umidità che solo le piogge della nuova stagione avrebbero portato con loro.

Zaekr mostrò le zanne. "Saresti andata a Feluss e il tiranno ti avrebbe uccisa. Non saresti mai riuscita a sfuggirgli, una volta nelle sue mani."

"Ma forse..."

"Sii realista" la rimbeccò il compagno, per poi chiudere gli occhi e tornare a sonnecchiare. "Sta arrivando il seccatore" aggiunse con un sospiro.

Nives si girò verso l'accampamento, animato da un brulicare di vita, e vide avanzare Lögi con lo sguardo puntato senza alcuna ombra di dubbio su di lei. La ragazza si sentì in imbarazzo. "Cosa ne pensi di ciò che ha detto il Consiglio?" chiese al drago in un sussurro, tenendo d'occhio l'uomo che si era fermato a osservare il volo di un airone. "Potrebbe essere la verità?"

Zaekr ringhiò e le fece brillare nella mente una serie di immagini in cui suo padre, in trono, discuteva con Verkað. "Ai tempi di Cymneat se s'era parlato a lungo" rispose, chiudendo nel mentre la porta dei ricordi. "Anche lui ha un drago come compagno, e ciò può significare un'unica cosa."

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