XXIII: Pericoli

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"Sai che fiori sono?"

Mistiss alzò lo sguardo su Taron, inarcando le sopracciglia, e poi inclinò la testa di lato, socchiudendo le labbra in un'espressione confusa. "No" rispose, perplessa. "Per quale motivo credi lo sappia?"

Il giovane scrollò le spalle. "Pensavo alle donne venissero sempre insegnate queste cose..." rispose, grattandosi il naso in imbarazzo. "Fiori, delicatezza... come alle orfane."

Mistiss alzò gli occhi al cielo e si trattenne dallo sbuffare solo perché l'ingenuità mostrata da Taron superava di gran lunga l'insinuazione di frivolezza che le aveva rivolto. "Non mi sono mai interessati. E mi sono stati dati ben altri insegnamenti."

L'altro borbottò un "Capisco" e tornò a camminare in silenzio, abbandonando l'inutile tentativo di fare conversazione. Non che Mistiss non volesse parlare, ma al momento aveva bisogno di respirare, e la tranquillità idilliaca della piana che stavano attraversando la invitava a soffermarsi su riflessioni lontane e meno vacue di quelle proposte da Taron. Come molte altre volte nel corso del viaggio in cui era stata trascinata, tornò a pensare alla nutrice e alle parole con cui aveva provato ad avvertirla su quanto ci fosse di marcio nel regno; si era pentita di averle scacciate, troppo intimorita dal padre e dal fratello maggiore per riflettere con la sua testa, così come trovava pessimo il comportamento che aveva mostrato nei confronti del compagno nei primi giorni – stolta, Rögnvar e Wilhelm l'avevano resta una stolta.

Con un delicato sospiro, si perse a osservare di nuovo l'ambiente circostante, puntellato di fiori blu e bianchi che disegnavano sotto il fruscio del vento onde di un mare capace di ingigantirle il cuore di speranza; il Laeiros era separato da loro solo dalla catena montuosa che spaccava l'orizzonte, ogni giorno più vicina, nonostante fosse sempre troppo lontana per i suoi gusti impazienti. Non amava procedere allo scoperto, lontana dalla protezione data dal mantello boscoso. Se qualcuno le avesse detto che avrebbe rimpianto il cammino accidentato sopportato nei giorni precedenti, costellato da felci, ghiaia, radici ed erba umida che le faceva slittare i piedi, avrebbe di certo riso e dato all'interlocutore dell'idiota, anche se solo nei suoi pensieri.

"Mistiss." Taron la richiamò con un sussurro. "Non trovi ci sia troppo silenzio?"

La ragazza drizzò le orecchie e, dopo un attimo di attenta valutazione, scosse la testa. "Non mi pare più fitto di quello del bosco. Non senti il ronzio delle api?"

Detto questo ne scacciò una che le volava intorno e continuò a camminare di buon passo. Infatti, nel momento in cui avevano iniziato ad attraversare la piana si era decisa ad abbandonare le scarpette, così da proseguire a piedi nudi sul manto erboso che le solleticava le piante dei piedi; forse, se solo si fosse convinta prima a dare ascolto al giovane, si sarebbero trovati più avanti di quanto fossero.

"È qualcosa di diverso" mormorò l'altro. "Sa di pericolo imminente."

Mistiss storse le labbra. "E cosa possiamo fare?" chiese, più retorica di quanto volesse apparire.

"Sali a cavallo."

La ragazza si girò a osservare Taron, che nel frattempo si era fermato e gettava sguardi preoccupati attorno a loro, col viso pallido e le labbra serrate. Ogni possibile commento le morì in gola, e si convinse a seguire il suo ordine quando lo vide recuperare lo stiletto dallo stivale, per poi lanciarle uno sguardo che aveva sia della supplica, sia dell'ordine perentorio.

Si diresse senza ulteriori commenti verso il cavallo, scacciando le api che le ronzavano intorno col cuore che le batteva potente nelle vene. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma il pizzicore che le bruciava la pelle non poteva significare nulla di buono; l'ultima volta che l'aveva avvertito, ormai anni fa, l'infanzia si era conclusa con un boato e la morte del suo cagnolino, nonché con una lunga cicatrice a segnare il petto di Wilhelm. Rabbrividì davanti all'improvviso ricordo e fece per aggrapparsi alla sella del cavallo, ma un urlo improvviso, da bestia ferita, le gelò il sangue e irrigidì i muscoli. Si riscosse con qualche attimo di ritardo, quando ormai l'animale era fuggito al galoppo.

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