Scommettiamo un bacio

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4. SCOMETTIAMO UN BACIO

Un mese dopo.
Ianira si sciolse in un sorriso quando Andy affondò la guancia nel cuscino. Da un mese dormiva quasi tutte le notti sul suo divano, rannicchiato contro lo schienale e sotto le coperte. Ottobre era ormai inoltrato e la frescura autunnale iniziava a farsi sentire. La loro amicizia si era evoluta, trascorrevano ogni momento libero insieme, pranzavano e cenavano insieme, facevano lunghe passeggiate durante le quali Damian stava avanti a loro in bicicletta, si recavano in spiaggia per ammirare il mare e mangiare un gelato, e si confidavano i propri pensieri e le proprie paure su quella panca sul balcone che aveva visto nascere il loro rapporto. Erano le sette e la luce del mattino che filtrava dalla finestra illuminava il viso spigoloso del ragazzo e il suo fisico asciutto, al che Ianira non poté resistere e lo disegnò sul suo album. Tracciò i ciuffi scuri davanti agli occhi, il profilo del naso, le labbra schiuse, il braccio destro piegato, e la porzione di addome muscoloso che la maglia sollevata lasciava intravedere.  Poi con il colore nero tratteggiò i tatuaggi cosparsi sulla pelle nivea, quelli sul collo, sulle braccia e sulle dita. Era talmente bello che Ianira si lasciò sfuggire un sospiro. Tanto bello quanto impossibile, si disse. Andy era il tipico bel ragazzo che in una come lei, non particolarmente attraente, vede solo un’amica. Non poteva negare di provare qualcosa per lui, le piaceva, però doveva rassegnarsi all’idea che non potesse accadere nulla di romantico tra di loro.
“Buongiorno, splendore.” Mormorò Andy con la voce assonnata, tenendo gli occhi coperti dal braccio. Ianira richiuse l’album e depose le matite nell’astuccio, poi sorrise per quel bizzarro nomignolo che le aveva affibbiato settimane fa.
“Buongiorno a te, Andrew.”
Il ragazzo si mise a sedere lentamente e si portò i capelli indietro con le dita, si guardò intorno e ridacchiò.
“Il fatto che sei la mia migliore amica non ti autorizza a chiamarmi col nome di battesimo.”
“Mmh, farò finta di averti dato ascolto. Parlando di questioni importanti, la colazione la prepari tu oggi. E’ il tuo turno. Io vado a svegliare Damian.”
“Tu adori proprio torturarmi.”
Ianira, in piedi al suo fianco, lo colpì giocosamente al petto.
“Oh, sì, non sai quanto. Ora muoviti, ho fame.”
“Ai suoi ordini!” disse lui, muovendosi verso la cucina. Mise la caffetteria sui fornelli, prese i biscotti dalla dispensa e li mescolò col latte in una tazza per Damian. Quella era diventata casa sua in quel mese, tornava nel suo appartamento solo per lavarsi e vestirsi, ma per il resto abitava con Ianira e Damian. Stare con loro lo aiutava a restare concentrato, a non bere e a mantenere uno stile di vita equilibrato riguardo al cibo e al sonno. Era tornato anche a comporre canzoni e il suo album stava pian piano prendendo forma, e tutto questo grazie a due persone che fino a due mesi prima erano estranei. Mentre si accingeva a scaldare i cornetti, il cellulare di Ianira prese a squillare. Sullo schermo comparve il titolo: P.M.
“Andy, rispondi tu, per favore!” gridò Ianira dalla cameretta, allora lui sbloccò il cellulare e accettò la chiamata.
“Pronto?”
“Salve. Questo è il numero di Ianira Lewis?”
“Sì, è il suo. Chi la cerca?”
“E’ una faccenda privata, vorrei discuterne solo con Ianira.”
In quel momento la ragazza entrò in cucina con Damian ancora intontito dal sonno e quindi accoccolato al petto della mamma. Le diede il cellulare e in cambio prese il piccolo in braccio.
"E’ per te.”
“Sono Ianira, chi parla?”
Di colpo l’espressione di Ianira si adombrò. Assicurandosi che Damian stesse mangiando, si allontanò in soggiorno. Andy si domandò chi fosse quell’uomo e ne fu quasi geloso perché aveva interrotto quella mattinata iniziata nel migliore dei modi. Origliando quanto più poté, avvertì la voce tesa e nervosa della ragazza, la vide camminare avanti e indietro e gesticolare animatamente. La chiamta si concluse un paio di minuti dopo. Ianira si sedette sul divano e si passò le mani sul viso.
“Che succede?” le domandò Andy preoccupato.
“Era Peter, il padre di Damian. E’ in città per un servizio fotografico e vuole incontrare Damian per portarlo a fare un giro allo zoo questo pomeriggio.”
“E tu che ne pensi?”
“Penso che sia troppo presto. Voglio dire, Damian non vede suo padre da più di un anno e lo ha sentito per telefono almeno sei mesi fa. Ci vuole una certa preparazione perché si abitui all’idea di incontrarlo, non può avvenire tutto all’improvviso. Ho provato a dirlo a Peter, ma lui ha già ottenuto il consenso degli assistenti sociali. Non ho altra scelta.”
Andy l’affiancò e le circondò le spalle con il braccio, lei premette la fronte contro il suo petto e gli strinse la maglietta.
“Andrà tutto bene, Ianira. Lo diremo insieme a Damian e vedrai che capirà, è un bambino intelligente e forte, se la caverà alla grande. Ci sono io con voi, non vi lascio.”
“Grazie.”


Alle quattro in punto terminò la riunione dei docenti e Ianira lasciò la scuola in fretta. Alle cinque aveva appuntamento con Peter al pontile della spiaggia, nei pressi del negozio di zio Fred. Damian tutto sommato aveva appreso la notizia con serenità, benché all’inizio avesse versato qualche lacrima. Andy gli aveva promesso che dopo lo zoo sarebbero andati a mangiare una pizza e il piccolo si era lasciato convincere. Però lei non era affatto contenta, anzi era di cattivo umore dopo quella telefonata. Peter aveva la pessima abitudine di ricordarsi raramente di essere un padre e sbucava dal nulla con tanto di pretese, che dovevano essere soddisfatte per evitare che la custodia del bambino andasse a lui. Raggiunse il parcheggio dell’asilo in una decina di minuti e scese dall’auto per attendere l’uscita di Damian con gli altri genitori. Quando il cellulare trillò, lo tirò fuori con il terrore che fosse ancora Peter.
Un messaggio ricevuto: ci vediamo alle cinque davanti allo zoo e poi aspettiamo Damian in spiaggia. Ci vediamo tra poco, splendore. (Andy)
Un messaggio inviato: adoro l’idea. A tra poco ;) (Ianira)
Un’orda di bambini si riversò all’ingresso e tra questi, rumorosi ed entusiasti, c’era Damian che camminava piano insieme a Bill, il suo amico con le gambe ingessate. Riconoscendo la sua mamma, salutò gli amichetti e corse da lei, che lo abbracciò forte.
“Ciao, mammina!”
“Ciao, pulce. Com’è andata oggi?”
“E’ andata bene. La maestra ci ha fatto disegnare la nostra famiglia e io ho disegnato me, te, Andy, zio Fred e zio Serge, nonna e Maddie. Guarda, guarda!”
Damian le sventolò il foglio sotto il naso e, quando lei lo scrutò, ne sorrise compiaciuto. Ianira intercettò una figura slanciata, vestita di nero, con le braccia segnate e gli occhi azzurri, e capì che era Andy. La sua figura stringeva quella di una donna vestita di rosa, con lunghi capelli marroni, una torta nella mano destra e un pennello della sinistra, e quella era lei.
“Perché io e Andy siamo mano nella mano?”
“Perché vi volete bene e ci si stringe la mano quando ci si vuole bene. Come facciamo noi due, vedi?” disse Damian, scuotendo le loro mani intrecciate con enfasi. Ianira pensò che il suo legame con Andy dovesse essere davvero forte se anche un bambino di quattro anni se ne rendeva conto. Scrollò la testa, aveva altro a cui pensare.
“Andiamo a preparaci per vedere papà, su.”
“E poi la pizza con Andy!” esclamò il piccolo, ignorando del tutto le parole della mamma tanto era preso dalla prospettiva della pizza con Andy.


L’insegna dello zoo si stagliava nella sua grandezza contro il grigiastro cielo pomeridiano di Santa Monica. Ianira e Damian si erano da poco seduti su una panchina per l’arrivo di Peter. Il bambino era un po’ agitato, giocava con il braccialetto al polso e si grattava spesso il collo, come faceva quando qualcosa non gli andava bene. Ianira, vedendolo così, aveva voglia di mettersi a piangere e portarlo via, ma sapeva bene di non poterlo fare. Doveva rassicurarlo e non preoccuparlo ancora di più.
“Hai messo tutto nello zainetto, pulce?”
“Sì. Un pacco di fazzoletti, le salviettine per le mani, una bottiglia d’acqua e qualche spicciolo.”
“Bravo. Sono sicura che ti divertirai.”
“Sì.
Mentre osservava i volti che sfilavano davanti a loro, Damian sgranò gli occhi quando vide Andy dirigersi verso di loro. Salì sulla panchina e si sbracciò per farsi notare. Anche Ianira individuò il ragazzo, pantaloni neri strappati alle ginocchia, t-shirt grigia e giacca di pelle. Quando fu vicino, il bambino gli saltò in braccio.
“Andy!”
“Ehi, campione! Allora, come va?” domandò a Ianira, che fece spallucce.
“Tutto nella norma.”
Nel frattempo Damian era tornato seduto e Andy si inginocchiò per arrivare alla sua altezza.
“Ho portato una cosa per te, la vuoi vedere?”
“Sì!”
Aprì la piccola mano e ricevette una spilla gialla di forma ovale con lo stemma di Batman disegnato sopra.
“Ho questa spilla da quando sono piccolo. La porto sempre con me perché mi dà coraggio e mi fa sentire protetto. Oggi la do a te. Se qualcosa non ti dovesse piacere, potrai pensare a me e alla mamma. D’accordo?”
“Spaziale! Grazie! Mamma, hai visto che bella?” disse Damian, mostrando la spilla alla mamma come fosse la coppa del mondo. Ianira sorrise e gli scompigliò i ricci. Gli fissò l’oggetto alla maglietta in modo da metterla in bella vista.
“E’ bellissima. E oggi è tutta tua, quindi trattala con cura.”
Andy si allontanò dal bambino per avere qualche momento da solo con lei.
“E’ meglio che io ti aspetti fuori dallo zoo, non voglio che il padre mi trovi qui e si faccia strane idee.”
“Sì, hai ragione. Ci vediamo fuori.”
“Campione, io adesso ti saluto. Fai il bravo. Più tardi io e mamma ti portiamo a mangiare la pizza come promesso.” Disse Andy a Damian, che annuì e gli strinse il collo con le braccia esili.
“Okay. Ciao, Andy.”


Ianira sussultò quando scorse Peter camminare nella loro direzione. Prese la mano di Damian e lo fece alzare, poi gli sistemò lo zainetto sulle spalle. Non era cambiato molto, i capelli ricci come quelli del figlio erano più lunghi, la barba mancava, e qualche ruga in più gli increspava la fronte. Appesa al collo, la sua immancabile macchina fotografica, la stessa che li aveva fatti lasciare.
“Ianira Lewis, che piacere rivederti.”
“Peter Morgan, sarebbe stato un piacere non rivederti. Damian, saluta papà.”
“Mmh, ciao.” Mormorò il bambino, intimidito com’era da quell’uomo quasi sconosciuto. Peter gli mise una mano sulla spalla e gli accarezzò la guancia con l’indice.
“Ciao, Damian. Sei pronto ad andare allo zoo?”
L’entusiasmo nella voce del padre non lo convinse per niente, anzi Damian si voltò per guardare l’ingresso da dove pochi minuti prima era uscito Andy.
“Mmh, sì.”
Ianira lasciò a Peter la mano del piccolo e si apprestò a dargli delle dritte.
“Nello zaino c’è tutto l’occorrente. Non comprargli nulla da mangiare e da bere, non comprargli palloncini e altri giochi, e non fargli toccare troppo gli animali, non farlo sudare e non lo scoprire se credi che abbia caldo. E’ un bambino autonomo e sa come deve comportarsi.”
Peter sembrò smarrito, ed era ovvio per uno che il genitore non lo sapeva fare.
“Ho capito. Sta tranquilla, te lo riporterò sano e salvo.”
Lei evitò di replicare a quella pessima battuta, non voleva dargli corda. Si mise sulle ginocchia e abbracciò Damian, che ricambiò prontamente il contatto.
“Ci vediamo dopo, amore mio. Divertiti e ogni tanto guarda la spilla. Ti voglio bene.”
“Anche io, mammina.”
Non appena li vide sparire oltre l’entrata dello zoo, Ianira si girò e camminò spedita con le lacrime che le inondavano gli occhi.


Andy stava consumando una sigaretta quando Ianira comparve a pochi metri da lui. Si accorse di quanto fosse stravolta, invano tentava di asciugarsi gli occhi. La ragazza gli si gettò tra le braccia e iniziò a singhiozzare contro il suo petto, al che lui se la premette contro con il braccio destro, mentre con la mano sinistra reggeva la sigaretta.
“Calmati, Ianira. Non è mica andato in guerra.”
“E’ con Peter, perciò è come fosse andato in guerra.” borbottò lei, avvolgendogli le braccia intorno ai fianchi magri. Essendo più alto di lei, Andy le baciò la fronte.
“E’ peggio se fai così. Peter in fondo è suo padre e troveranno il modo di stare bene insieme. Damian è intelligente e scaltro, starà alla grande.”
“Lo so, è solo che …”
“E’ il tuo bambino e vuoi difenderlo da tutto. Lo capisco, ma devi dargli anche i suoi spazi per crescere.”
Ianira si staccò da lui e si strofinò gli occhi per cancellare il pianto, sebbene il rossore ci avrebbe impiegato un po’ per sparire. Andy, ad una spanna da lei, continuava ad abbracciarla, con quel suo magnifico sorriso.
“Hai ragione.”
“Ovvio che ho ragione! Dai, andiamo a farci un giro. Ti porto in un posto, splendore.”


Arrivarono al Tongva Park in auto in venti minuti. Si tratta di un fiore all’occhiello di Santa Monica: il Tongva era un’immensa area verde, con sentieri, fontane, aree picnic e un anfiteatro. Ianira, che finalmente si era rilassata, sorrise e si portò una mano sul cuore. Aveva voglia di visitarlo da quando si era trasferita, ma tra Damian, il negozio e la scuola non ne aveva mai avuto l’occasione.
“Mi hai davvero portata qui? Andrew Dennis Biersack, io penso di amarti!”
Andy inarcò il sopracciglio e chiuse lo sportello.
“Anche io pensavo di amarti, poi mi hai chiamato con il nome di battesimo e l’amore è sfumato.”
La ragazza sollevò gli occhi al cielo e ridacchiò, era troppo permaloso circa il suo nome.
“Scusami, Andy. Entriamo adesso, non sto più nella pelle!”
Andy fu letteralmente trascinato da Ianira nel parco dopo che ebbero pagato il biglietto. Passeggiarono a braccetto per circa mezz’ora in silenzio, perdendosi nella bellezza della natura, con il sole che calava raggio dopo raggio. Decisero di accomodarsi su una gradinata dell’anfiteatro per riposarsi. Lei estrasse dalla borsa album e matita e iniziò a disegnare, mentre lui si distese con lo sguardo al cielo e con l’ennesima sigaretta in bocca. Ianira era particolarmente bella quando disegnava, si lasciava risucchiare dal foglio, si concentrava sulle linee da rappresentare, si mordeva le labbra e si imbrattava di colore le mani.
“Che cosa stai disegnando?”
“La fontana a forma di luna che abbiamo visto poco fa. Era meravigliosa con la scarsa luce solare ad un passo dallo svanire.”
Il sole svanisce perché ci sei tu ad illuminare il mondo, pensò Andy. Sospirò. Dopo due mesi era ormai ovvio che provasse più di una semplice amicizia per Ianira, ma temeva di essere respinto perché lui una donna incredibile come lei non se la meritava.
“Dopo me lo fai vedere?”
“Solo se tu mi fai ascoltare una tua canzone.”
“Questa è una minaccia!” disse il ragazzo, gettando il mozzicone a terra e drizzando la schiena. Ianira rise, impegnata com’era nel suo disegno.
“No, è uno scambio equo. Hai visto centinai di miei lavori ma io non ti ho mai sentito cantare.”
Fu a quel punto che lei mise da parte l’album e si voltò a guardarlo, incredibilmente bello e distante. La pelle chiara e gli occhi azzurri facevano a pugni con i capelli corvini e gli abiti neri, e Ianira pensò che in arte quel contrasto di chiaro-scuri fosse la massima perfezione.
“E se le mie canzoni non ti piacessero o se la mia voce fosse ripugnante?”
“Ti sento parlare tutti i giorni e la tua voce è talmente bella che resterei ad ascoltarti per ore, pertanto credo che tu sia eccezionale nel canto.”
Ecco. Erano quelle frasi professate con tanta naturalezza e sincerità che gli trivellavano l’anima e lo facevano sentire apprezzato come mai prima d’ora. Era la fiducia che lei riponeva in lui a dargli coraggio.
“Va bene. Ti canto una strofa che ho scritto ieri sera.”
“Ci sto!”
Lei si sistemò meglio sulla gradinata per rivolgergli tutta l’attenzione. Andy si schiarì la voce, prese un bel respiro e chiuse gli occhi.
We're always runnin' away! And we don't even stop to think about it. The world's in our hands... Yeah. They don't need to understand! We do it our own way! No matter what they try to say about it. We've got our own plans... Yeah. They don't need to understand!”
Fu quello l’esatto momento in cui Ianira seppe che il suo cuore non avrebbe potuto più fare a meno di lui. Con gli occhi lucidi e le emozioni in subbuglio, batté le mani energicamente.
Andy arrossì per l’imbarazzo di aver condiviso una parte di se stesso.
“Hai una voce meravigliosa e la strofa è bellissima. Tu sei un vero talento, Andy!”
“Non esagerare. Me la cavo, diciamo.”
“Diciamo che invece sei assolutamente strabiliante!” asserì Ianira, stringendogli le mani. Andy a sua volta afferrò le sue in una morsa calda e confortante. Una scintilla attraversò entrambi e fu chiaro quando si scambiarono un’occhiata colma di sentimento.
“Grazie, Ianira. Grazie per aver raccolto i pezzi di me quando ero andato in frantumi. Grazie per avermi accolto in casa tua e nella tua vita. Grazie per avermi invogliato a fare ancora musica.”
“E’ a questo che serve una migliore amica.”
Andy dovette ingoiare quelle due paroline, ‘migliore’ e ‘amica’, come stesse inghiottendo veleno.
“Già.”


Ianira non smetteva di far tremare la gamba e Andy non la sopportava più. Erano ritornati allo zoo all’orario stabilito da Peter e lei non vedeva l’ora che suo figlio uscisse da quel posto. Avevano trascorso un’intera ora a girovagare per il Tongva Park, avevano parlato, scherzato, si erano rincorsi intorno alle fontane e si erano schizzati, infine avevano scattato un paio di foto nelle quali facevano facce buffe. Andy, sulla strada del ritorno, aveva canticchiato ancora qualche canzone che aveva scritto e Ianira lo aveva ascoltato volentieri con un sorriso compiaciuto. Un paio di ragazzini slittò davanti al loro sullo skate e quello più alto lanciò una carta appallottolata nel cestino facendo centro.
“Lo saprei fare anche io.” Esordì Andy, le gambe incrociate sulla panchina e le braccia allungate sullo schienale. Ianira arricciò il naso.
“Nah, non credo proprio. Sei troppo vecchio per certe cose.”
“Hai solo un anno in meno di me!”
“Sei comunque nato prima di me, sei un po’ più vecchio.”
Andy sollevò il sopracciglio e le regalò un’occhiataccia.
“Vuoi scommettere che riesco a centrare il cestino?”
“Qual è la posta in gioco?” chiese lei, ghignando appena.
“Un bacio. Se vinco la scommessa, mi dai un bacio a stampo sulle labbra.”
L’espressione di Ianira da divertita si trasformò in confusa, non le piaceva quella proposta.
“No, non mi va.”
“Ma come, affronti otto ore di travaglio e hai paura di un bacetto? Ti faceva più coraggiosa, Lewis.”
“Mi stai sfidando, Andrew?”
“Ti sto sfidando, accetti?”
Ianira in risposta strappò un foglio dal suo album, lo accartocciò e glielo porse.
“Mostrami cosa sai fare.”
Andy si posizionò ad un metro dal cestino, si piegò sulle ginocchia e inclinò la mano verso l’alto. Lanciò il foglio. Un secondo dopo agitò le mani in alto in segno di vittoria: aveva fatto centro.
“E’ il momento della ricompensa. Avanti!”
Si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, lui tutto soddisfatto e lei tutta spaventata. Sapevano che quello che stavano per fare avrebbe sconvolto la loro amicizia.
“Lo faccio solo se mi prometti che lo dimenticheremo subito.”
“Promesso. Adesso dammi quel bacio.”
Ianira si accostò al suo viso con cautela, ma fu Andy, desideroso di quel contatto, a far scontrare le loro bocche in un semplice bacio a stampo. Lei si ritrasse immediatamente e indietreggiò di qualche passo. Malgrado fosse un innocuo sfiorarsi di labbra, avevano avvertito una scia di brividi. Forse era stato un errore scommettere. Forse avevano sbagliato tutto sin dall’inizio.
“Beh, bravo. Hai una vista ancora buona.” Disse Ianira, superato l’imbarazzo iniziale. Andy sorrise in modo forzato.
“Sì, non sono invecchiato del tutto.”


Damian aveva divorato la pizza senza dire una parola, era affamato dopo quel pomeriggio intenso. Peter aveva riferito che si era comportato bene e che si sarebbero rivisti nelle prossime settimane perché aveva una sorpresa in serbo per lui. Ianira non era d’accordo, ma non poteva opporsi altrimenti gli assistenti sociali si sarebbero intromessi. Si erano congedati con l’impegno di sentirsi al più presto, dopodiché Andy li aveva portati a mangiare in una pizzeria rustica sul litorale. Erano stati collocati sulla veranda che dava sul mare, ad un piccolo tavolo quadrato, con la sabbia ad uno scalino di distanza.
“Questo cibo era proprio spaziale!” disse Damian con una certa soddisfazione dipinta sul volto.Andy quasi si strozzò con la birra dalle risate per le parole del bambino e Ianira lo colpì sulla schiena per farlo riprendere, nonostante stesse ridendo anche lei a crepa pelle.
“Sì, pulce, era spaziale.” 
Una mano picchiettò sulla spalla di Ianira che, scoprendo la figura dietro di lei, sorrise. Era una bambina bionda con un palloncino tra le mani.
“Scusa, signora, ma tuo figlio può venire a giocare con noi? Ci serve un'altra persona per chiudere il cerchio.”
“Damian, ti va di andare a giocare?” domandò a suo figlio, che si pulì velocemente la bocca dalle briciole e balzò giù dalla sedia.
“Faccio il bravo, mammina.”
“Va bene. Andate a giocare, su.”
“Quella bambina ti ha chiamato ‘signora’.” Commentò Andy, mentre si scolava le ultime gocce di birra nel boccale. Lei gli diede un buffetto sulla mano e si morse le labbra per non ridere.
“Non gongolare troppo, Biersack.”
Andy portò gli occhi su di lei, seduta di fronte, e ne approfittò per guardarla. Era struccata, teneva i capelli in una coda di cavallo, e indossava un paio di jeans e una semplice maglietta grigia con un trench blu sulle spalle, eppure era la cosa più bella che avesse mai visto. Si ridestò quando Damian e la bambina piombarono al tavolo, accaldati e senza fiato.
“Mamma, noi abbiamo un unicorno?”
“No, non abbiamo un unicorno. Perché?
“Perché stiamo giocando a ‘quanti peluche hai’!” intervenne la bambina bionda, quella del palloncino.
“Io ho un unicorno.” Disse Andy, richiamando su di sé la curiosità dei presenti. Damian spalancò la bocca come se la luna fosse caduta dal cielo.
“Davvero? E com’è il tuo unicorno?”
“E’ grande. Molto grande.”
“Andy!” lo rimproverò Ianira, che aveva inteso il doppio senso del suo amico.
“Che c’è? Davvero a Cincinnati ho un unicorno, l’ho lasciato nella mia vecchia stanza.” ribatté Andy, anche se ormai stava ridendo senza contegno.
“Bambini, tornate alle vostre faccende, qui non abbiamo unicorni.” Disse lei ai due piccoli, che sgattaiolarono dai loro amichetti. Andy scartò il pacco di sigarette e ne scaldò la punta di una con l’accendino per accenderla. Ianira pensò che fosse sexy mentre compiva quei gesti, con un ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte e la mascella che si contraeva ad ogni tiro.
“Prima dicevo davvero, sai.”
La ragazza bevve un sorso d’acqua prima di affondare in un’altra conversazione.
“Su cosa?”
“Sul fatto che ce l’ho grande. L’unicorno, intendo.”
“Sta zitto, per favore.” Disse Ianira, scoppiando a ridere ancora. Andy poggiò la sigaretta all’angolo della bocca e prese a giocare con il ciondolo dell’aquila appeso al collo.
“Dici così solo perché muori dalla voglia di vederlo. L’unicorno, intendo, ovviamente.”
“Dico così solo perché sei un imbecille.”
“La tua è pura curiosità, Ianira.”
“E la tua è pura provocazione, Andy.”

Rincasarono verso le dieci di sera, quando fuori la brezza era diventata vento freddo e le stelle erano brillanti punti nel cielo. Non appena l’ascensore atterrò al loro piano, Ianira emise un gridolino di gioia. Accasciata sul pavimento, intenta a bere una Coca-Cola, c’era Maddie, la sua amica ostetrica. Le due donne si avvinghiarono in un abbraccio fatto di risate, baci, e lacrime di felicità. Damian, mezzo addormentato sulla spalla di Andy, si limitò a salutare la nuova arrivata con la mano.
“Che ci fai qui?” le chiese Ianira, ancora incollata alla sua amica.
"Settimana prossima ho un convegno e ho preso le ferie per stare un po’ di tempo con voi.”
“E’ importante che tu sia qui, Maddie.”
“Lo so, tesoro. E questo giovane manzo chi è?”
“Io sono Andy, piacere.” Disse il ragazzo, tendendo una mano a Maddie, che la strinse con vigore.
“Io sono Maddie, e il piacere è tutto dei miei occhi, credimi!”
“Va bene, direi che è ora di andare a dormire. Maddie, porta Damian a letto.”
L’ostetrica si caricò il piccolo tra le braccia e squadrò Andy e Ianira con fare malizioso, poi entrò.
“Deduco che dormirò a casa mia questa settimana.”
“Mi dispiace, il suo arrivo è improvviso.”
“No, tranquilla, mi fa piacere che sia venuta.”
“Grazie della bellissima giornata, Andy. Senza di te non ce l’avrei mai fatta.” Gli disse Ianira, baciandogli dolcemente la guancia. Andy sorrise e le baciò il dorso della mano.
“Grazie a te. Buonanotte, splendore.”
“Buonanotte.”


Salve a tutti! ^_^
Questo bacio ha sconvolto le cose e in futuro porterà fortuna.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

Lonely hearts || Andy Biersack Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora