★giace il freddo

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!premessa!
se amate il freddo, me ne farò una ragione; se la protagonista lo odia, fatevene una ragione.
vi lascio alla storia, grazie dell'attenzione;)

L'inverno non ti ha mai entusiasmato molto, su questo non hai troppi dubbi.
Non è che lo odi, ha i suoi lati positivi, però ora che sei alla fermata dell'autobus ad aspettare con le mani nelle tasche nel vano tentativo di scaldarle, non riesci a ricordarne nemmeno uno. In compenso, però, ti sei trovata più volte negli ultimi dieci minuti ad elencare quelli negativi, stringendo ogni tanto i denti per impedire al tuo corpo di cominciare a correre velocemente verso casa tua. Prima di tutto perché è parecchio lontana e ti stancheresti inutilmente, e poi perché non riesci nemmeno ad immaginare, ora come ora, di muovere anche di un solo millimetro i tuoi piedi; sono come ancorati al suolo, blocchi di solido ghiaccio che non si scioglieranno tanto facilmente. D'inverno, infatti, le estremità del tuo corpo non fanno altro che raggelare e rabbrividire, provocandoti spesso disagio.
Anche adesso senti il freddo pungente del lieve vento che sembra soffiarti contro per dispetto, come se ti augurasse di aspettare l'autobus in eterno, mentre sotto la tua pelle l'aria gelata abbassa la temperatura e ti crea delle piccole ma fastidiose fitte. Ti senti il ghiccio ed il freddo dentro, tra le viscere, nelle ossa; lo senti quasi scorrere nelle tue vene al posto del sangue.
Chiudi gli occhi ed ascolti il rumore delle macchine passare, i tuoi capelli seguono la direzione degli spostamenti d'aria da loro provocati, e senti di nuovo freddo. Ha raggiunto anche la testa, ne divora le tempie, accarezza il tuo scheletro. Respiri lentamente ed osservi il vapore che esce dalle tue labbra, come se ne avessi stretta in mezzo una sigaretta. Forse ti scalderebbe.
Dalla tasca della giacca, tiri fuori il cellulare e, senza accenderlo, lo fissi per un po'. Osservi quello schermo nero, forse aspettandoti che su di esso si formi immediatamente della brina o qualcosa di simile. Non succede, ovviamente.
Lo schermo è rotto; non avresti voluto far parte di questa bizzarra moda, eppure ci sei dentro anche tu ormai e la pigrizia ti spinge a rimanerci. Lo accendi, sono le cinque e ventitré del pomeriggio, tra poco farà buio e l'autobus non passa. Prima di bloccare lo schermo, noti un messaggio, un testo che non ti aspettavi.
È di Dario, ti aspetta a casa tua.
Non ti va di chiamarlo per dirgli che non hai idea di quando potrai mai tornare a casa, che questo dipende dal quel mezzo pubblico che avresti dovuto prendere almeno mezz'ora fa.
Non ti va di sentirgli dire "ti vengo a prendere", perché a te non piace dipendere dalle persone.
Adesso sono le cinque e venticinque. Conti le crepe sullo schermo nero.
Una, due, tre, quattro; sono nove.
Accendi di nuovo lo schermo, sono le cinque e ventisette e non ti senti più una mano, le dita sono quasi completamente bloccate ed il polso ruota a malapena.
Ci hai messo ben due minuti per contare solo nove crepe, qualcosa non va davvero.
Ridacchi, forse è un po' stupido non voler dipendere da una persona, ma accettare di dipendere da un mezzo pubblico. Forse il tuo corpo ti sta dicendo questo.
Accendi ancora il telefono e chiami Dario.
Solo nel brevissimo lasso di tempo che intercorre tra la fine dell'ultimo squillo e la voce del ragazzo che ti accarezza l'udito, ti accorgi che sei sempre stata sola, in quella desolata fermata dell'autobus. Ti viene addirittura il dubbio se questa sia o meno una vera e propria fermata, se magari tu non ti sia sbagliata e ti sia fermata semplicemente vedendo quella panchina vuota che il tuo corpo non ha neanche minimamente sfiorato: hai avuto troppa paura che fosse insostenibilmente gelida anche quella.
Ma no, questa è una fermata, sei perfettamente in grado di riconoscerle e, inoltre, non è neanche la prima volta che ti ci fermi. Il freddo comincia a giocarti brutti scherzi.

"t/n? Ma dove sei?" la voce di Dario sembra preoccupata, nonostante lui cerchi sempre di mascherarla e renderla ancora più profonda di quello che è, quando ti parla. È raro che la sua voce tradisca le sue emozioni, specialmente quando sono negative.
Questa cosa ti destabilizza un po'; vorresti sempre avere il controllo delle situazioni in cui ti trovi, poterle rigirare a tuo favore o comunque uscirne nel caso in cui tu non ti senta a tuo agio, e Dario, facendo in questo modo, te lo impedisce.
Non puoi mai prevedere cosa dirà o farà e spesso lo trovi fastidioso.
E poi vorresti semplicemente osservare il suo viso cambiare espressione sinceramente, vederlo attraversato da emozioni diverse, i piccoli cambiamenti delle labbra e degli occhi, i colori che cambiano. E vorresti che questo fosse solo per te.

Sorridendo appena, gli dici il punto esatto in cui ti trovi e le disavventure che stai vivendo al gelo dell'inverno. Subito, come da te predetto, si offre di venirti a prendere e tu accetti.
"Aspettami, arrivo subito." questo è quello che ti dice prima di attaccare.

-
Quando vedi la sua macchina spuntare da dietro una curva, cominci a pensare che, quando dovrai aprire la portiera, dovrai stare molto attenta a non perderti le dita per strada: sono infatti così ghiacciate che hai paura possano rompersi se sforzate.
Ma Dario, non sai come, ci ha già pensato. Lui sa sempre cosa pensi, cosa provi e cosa vuoi. Ed esaudisce ogni desiderio che non dici.

Quando l'auto si ferma, prima che tu possa avvicinarti, lui ti apre la portiera e ti guarda serio. Probabilmente sa che hai aspettato tanto prima di chiamarlo e chiedergli aiuto e non ne è contento, eppure sa anche che tu sei fatta così: non chiedi aiuto.

Siete proprio una bella coppia: tu non chiedi aiuto, lui non mostra le emozioni.

Ti siedi accanto a lui e richiudi in fretta la portiera.
All'interno, la macchina è calda, ma ancora non riesci a sentire dei veri cambiamenti di temperatura sulla tua pelle. Ma sai aspettare, sei paziente. Sai che il freddo sulla pelle è reversibile, il ghiaccio che hai dentro lo è di meno.
La tua mano è aperta sul sedile, non l'hai staccata mai, da quando ti sei seduta; le dita, fragili, pallide, sembrano vetro trasparente sulla pelle nera del sedile del passeggero.
Dario non dice niente, non mette in moto. Guarda avanti e posa la sua mano su quelle dita piccole e leggere. È strano avere le dita leggere, quando il resto è pesante.
Ma quando la sua pelle sfiora la tua, finalmente smetti di sentire freddo. Non lo senti più addosso, né dentro. Finalmente, in quell'inverno gelido che sembra durare secoli, uno spiraglio di luce ti illumina.
Lo guardi e gli sorridi: perché hai voluto aspettare così tanto, prima di chiamarlo? Non lo sai neanche te.

A malincuore, Dario sposta la mano sul cambio e, dopo i cinque minuti più lunghi della tua vita, la macchina parte.
-
"Perché non mi hai chiamato subito?" è una domanda strana per Dario; o meglio, è strano che Dario faccia questa domanda. Forse anche lui oggi si sente diverso dal solito; magari anche lui ha capito che così la vostra relazione non sta funzionando bene. Con te che cerchi di essere autonoma e lui che non vuole farti sapere come sta davvero.
Forse ha capito di voler cambiare le cose. E forse, oggi, lo senti anche te.

"Non lo so. Scusa." lanci la giacca gelata sul divano e ti giri a guardarlo, mentre lascia le chiavi della macchina sul tavolo. Quando lui leva la giacca, la appoggia delicatamente sull'attaccapanni vicino alla porta. Come dovresti fare anche tu.
Le tue scuse non si riferiscono solo a questo episodio, Dario lo capisce. Sono il risultato di ciò che provi ogni volta che ti comporti così con lui, che eviti di essere aiutata in qualsiasi modo. Quando stai male, soprattutto.

Lo sai che ha capito, lo vedi da come ti guarda, con quei suoi occhi scuri che ti scavano dentro. Capisce sempre quello che vuoi dire, per questo ti aveva colpito quando vi eravate conosciuti, mesi prima.
Ma adesso, stufi dell'altalenante andamento del vostro rapporto, entrambi smettete di scappare.

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