Capitolo 10 - Ultimo giorno dell'anno

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Era la notte di Capodanno, tutti pronti a fare festa e felici ma per loro era un giorno come un altro e non avevano nemmeno idea di quale fosse, se Lunedì o Mercoledì non gl'importava.

Quello che gli interessava maggiormente era solo trovare un pusher che gli vendesse l'eroina, il loro fidato era morto per overdose tempo prima e a parte lui i contatti in loro possesso erano pochi.

Quella sera faceva un freddo tremendo e non trovavano riparo da nessuna parte, cercavano quella luce in fondo al tunnel che potesse placare la loro cristi d'astinenza ma tutto sembrava così irraggiungibile da renderli ancor più deboli.

Il loro corpo la stava chiedendo e dovevano trovarla a tutti i costi prima che la situazione raggiungesse livelli estremi e insopportabili.

Il freddo diventava sempre più pungente e decisero di entrare in un centro commerciale, sarebbero stati sicuramente più caldi e fu in quel momento che entrambi pensarono la stessa cosa per guadagnarsi qualche soldo ed uscire da quella giostra infernale, non gli restava altro che rubare, il che era ormai all'ordine del giorno.

Ci andarono però troppo pesante, Diego prese un coltello nel reparto utensili da cucina e minacciò la cassiera di ucciderla qualora lei non gli avesse dato tutto il denaro presente in cassa, in tutto questo Beatrice faceva da palo ma vista la debolezza e poca concentrazione, non si accorse della guardia che man mano si avvinava a loro.

E fu quella la loro notte di Capodanno, in cella e letteralmente al fresco.

Beatrice si soffermò più volte a pensare a come avesse mai fatto a ridursi così, fisicamente un mostro e moralmente a terra, voleva solo farla finita una volta per tutte.

Entrambi totalmente persi da non rendersi conto di quanto effettivamente lo fossero non avevano ormai più via d'uscita alcuna, restava solo la disintossicazione ma la forza di volontà era assente, quindi rimanevano così, in balia degli eventi e della fortuna, senza prospettive future.

Diego era ridotto in maniera peggiore rispetto a lei siccome ne abusava da più tempo e poco gl'importava, l'unica cosa che maggiormente gli premeva, era avere almeno due buchi per la giornata.

Si svegliarono in quella cella sporca maleodorante e umida e la polizia li prese uno ad uno singolarmente per fa loro delle domande, la prima fu Beatrice.

« Piacere, il mio nome è Francesca. » Le disse la guardia carceraria.

Bea non poteva fare altro che guardarla con invidia ed anche tanto rimorso.

Ai suoi occhi era così bella, capelli neri come la pece lunghi fino al fondoschiena le incorniciavano un viso angelico, il suo sguardo, serio, deciso e concentrato spiccava su tutto, corpo perfetto, sicuramente faceva palestra ed infine un buon profumo di pulito, odore che ormai Bea aveva dimenticato come fosse.

Quella donna la faceva vergognare a tal punto che si mise a piangere, rivoleva la sua vita ma ormai tutto era perduto e la fossa era già stata scavata, non aveva più senso vivere.

« Piacere, Beatrice. » Le rispose soffocata dalle lacrime.

« Perché piangi?»

« Per le scelte che ho fatto, per come sono ora, per la mia vita, pe tutto, vorrei tanto non essere qui. » Replicò.

« Beh credo che nessuno lo vorrebbe.»

Restarono poi in quella stanza a parlare, Francesca le chiese il perché avesse buttato così la sua vita ma a quella domanda non riusciva a dare risposta perché in fondo nemmeno lei ne conosceva il motivo.

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