Chocolate

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"Hey now, you say you're gonna quit it | but you're never gonna quit it | Gotta get it, gotta get it, gotta get it | gotta get it, Go!"

The 1975. Chocolate.




Luogo di lavoro di Amelia, Buchanan Street, Glasgow, 8 agosto

Ore 1:02 PM


Amelia si stava mordendo il labbro inferiore. Era così concentrata sulla linea che stava eseguendo con il tratto nero da non accorgersi che qualcuno si stava avvicinando alla cassa in cui lei era in servizio; inoltre non si trattava di una persona qualunque, ma del suo superiore, Susan McFarland.

La ragazza lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento piuttosto famoso a Glasgow e non era affatto contenta della cosa. Non era ciò per cui aveva studiato e se non avesse avuto delle spese nella sua vita, avrebbe abbandonato quel posto già da mesi. Non era neanche molto portata per i rapporti umani e lavorare a contatto con il pubblico la faceva spesso rientrare a casa con un senso di frustrazione e irritazione per niente irrilevante. Inoltre Susan era una donna maniacale, fissata con l'ordine e la puntualità, il tipo che quando aveva accettato di prendere Amelia come commessa aveva dato l'idea di star compiendo una grande opera di bene. La ragazza aveva imparato in gran fretta a destreggiarsi fra ordini e vendite, ma dopo mesi aveva capito di non poterne più di stare rinchiusa fra quelle quattro mura e sperava disperatamente, ogni giorno più del precedente, di riuscire a farcela e diventare una grafica come aveva sempre sognato di fare, così avrebbe potuto dire addio a quel lavoro e a molti altri simili.

«Amelia non ti pago per disegnare» la bacchettò Susan da sopra la sua spalla, facendola sussultare. La ragazza tentò invano di nascondere in gran fretta il disegno, una figura femminile intera con il volto nascosto da una maschera Kabuki.

«Mi scusi» rispose, piegando il disegno.

«Mi serve che ti occupi di queste. Fatti sostituire da Gwyneth» disse la donna, senza dare segno di aver accettato - o anche solo udito - le scuse di Amelia. Lasciò cadere accanto alla cassa un grosso plico di carta stampata, senza aggiungere nulla più del minimo indispensabile. «Entro un'ora» concluse, tornando a chiudersi nel suo ufficio.

La giovane sospirò, analizzando di cosa avrebbe dovuto occuparsi. Erano ordini d'acquisto e sembravano una montagna per quanti ce n'erano. Sapeva che avrebbe dovuto verificare che coincidessero con i precedenti e imprecò mentalmente: quel lavoro detestavano tutti doverlo fare. Afferrò il plico di carte, chiese alla collega di sostituirla e andò a chiudersi nel piccolo stanzino che avevano a disposizione i commessi, proprio dietro le casse.

Un'ora, soltanto un'ora per un lavoro del genere. La ragazza sarebbe stata proprio curiosa di sapere quanto tempo si sarebbe concessa Mrs. McFarland se avesse dovuto farlo lei. Fece un lungo respiro, dicendosi di calmarsi. Avrebbe preferito di gran lunga andare avanti con il suo disegno - ora appallottolato nella tasca della divisa - ma non poteva. Le rimanevano due ore prima di concludere il turno - che per sua fortuna, quel giorno, durava solo fino alle tre - quindi tanto valeva stringere i denti e concentrarsi sul lavoro. Iniziò a canticchiare mentalmente qualcosa e subito le venne alla mente una canzone degli Shards.

Si ritrovò a pensare a Ewan ancora una volta. Le sembrava passata un'eternità dalla notte che aveva trascorso insieme a lui, ma non era ancora riuscita a dimenticare la sfumatura scura dei suoi occhi, il suono della sua risata, né tantomeno il gesto naturale e fluido con cui si passava la mano fra i capelli. In quel mese aveva ripensato a tutto ciò di continuo, ma non era mai riuscita a trovare la forza di scrivergli. Aveva avviato decine di mail, ora per lo più bozze virtuali, senza però trovare il coraggio di premere il tasto invio a nessuna di esse. Quando le rileggeva le sembravano sempre prive di senso, superficiali, come scritte da una fan in cerca di attenzioni. Era vero, aveva trascorso una notte insieme a Ewan Cassian Hill in persona, ma chi le garantiva che lui avesse voglia di risentirla davvero, di avere una fan degli Shards fra i piedi, che gli scriveva mail a cui lui doveva rispondere? Probabilmente si era già dimenticato di lei, oppure si era pentito di averle lasciato il contatto mail cinque minuti dopo averla salutata. Il suo cervello le poneva sempre gli stessi dubbi ogni volta che tentava di scrivere al ragazzo e, alla fine, ci aveva rinunciato. Aveva archiviato quella serata come qualcosa di unico, bellissimo e indimenticabile, ma si era arresa alla consapevolezza che la cosa non avrebbe mai avuto un seguito. Non avrebbe più visto Ewan se non dall'alto di un palcoscenico e non avrebbe più sentito la sua voce se non negli auricolari, a cantare le sue canzoni preferite. Allontanò tutti quei pensieri, concentrandosi sul lavoro.

Amelia's scribbleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora