Capitolo 6

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Il sole stava sbucando all'orizzonte, mentre la luce filtrava dalla veneziana. Attraverso quei raggi si potevano vedere i granelli di polvere che volavano nella stanza, non abitata da troppo tempo. Ma non era in disordine. Ogni libro, ogni vestito, tutto era al suo posto, ma la sensazione di abbandono si percepiva ugualmente. A partite dalla polvere, che ricopriva ogni superficie.

Scott era ancora a letto. Nel suo letto. Erano settimane che non ci dormiva, ma in quel momento aveva bisogno di un posto familiare, caldo e confortevole. Per quanto quel bunker fosse ben organizzato non riusciva a sentirsi a suo agio come a casa sua. Ma la cosa più importante era che la sua casa era completamente deserta. Questo era il vero motivo per cui ci era andato.

Si girò in direzione opposta rispetto alla finestra, ma già sapeva che non avrebbe più chiuso occhio. Già era un miracolo che fosse riuscito a dormire quelle due ore scarse.

Il volto di Kira gli tornò improvvisamente davanti, come un fulmine a ciel sereno. Spalancò gli occhi, producendo un involontario ruggito sommesso. Non aveva pianto, non ci era riuscito, aveva gridato, aveva corso, si era sfogato in ogni modo possibile, ma le lacrime non accennavano ad arrivare. Si sentiva quasi in colpa a non averlo fatto, ma non poteva farci niente.

Si alzò velocemente dal letto, lanciando le coperte con violenza nella direzione opposta e andando in contro a brividi di freddo che lo svegliarono definitivamente. Aveva dormito vestito, ma indossava solo la maglietta. Recuperò la felpa, si mise le scarpe che aveva abbandonato in fianco al letto, non pensò nemmeno a mangiare ed uscì dalla casa. Si stava avviando al bunker. Gli altri si saranno preoccupati, pensò. Ma le sue gambe non collaboravano. Lo stavano portando nuovamente nel cuore della foresta, il più lontano possibile da tutti. La sua testa continuava a ripetergli di tornare indietro, che avevano del lavoro da fare. Dovevano trovare Bobby, dovevano uccidere l'Anuk-ite, e distruggere quel ridicolo club di cacciatori, ma ogni suo muscolo continuava imperterrito a trascinarlo lontano da tutto quello. Non era ancora pronto ad affrontare le sue responsabilità di capobranco, ad affrontare tutto quello che lo stava aspettando.

Stava camminando, cercando di distrarsi da quei pensieri, quando un rumore di passi lo fece per lui.

Si girò di scatto, tutti i sensi all'erta, mentre sentiva quella camminata tranquilla farsi sempre più vicina. No, non era tranquilla, era strascicata. I piedi si alzavano appena dal terreno, portando con loro foglie secche e ramoscelli. Scott si nascose, aspettando che l'uomo si avvicinasse. Rimase molto sorpreso quando vide avvicinarsi un ragazzo della sua scuola. Lo aveva visto in giro qualche volta, gli sembrava si chiamasse Aaron. Aveva la pelle scura, i capelli corti e corvini, il viso un po' paffuto. Generalmente il suo sguardo era simpatico e amichevole, in quel momento però sembrava glaciale. Ma non era quella la cosa che aveva sconvolto il lupo mannaro. Più il ragazzo si avvicinava, più una sensazione di puro terrore cresceva in lui. Si faceva sempre più piccolo, dietro alla roccia che usava come scudo per quella creatura. Tutti i suoi muscoli erano in tensione, il cuore aveva cominciato a battergli sempre più forte, tanto che il ragazzo aveva paura che l'altro potesse sentirlo. Cercò di calmarsi, facendo respiri profondi, e sperando con tutto sé stesso che l'altro si allontanasse. Si rese conto però che quella poteva essere la sua unica occasione per catturarlo. Mentre una piccola parte della sua mente stava pensando di attaccarlo alle spalle, tutto il resto di essa gli gridava a gran voce di scappare senza voltarsi indietro. Dovette recuperare tutta la forza di volontà che aveva in corpo per ignorare quel grido e uscire dal suo nascondiglio con le zanne ben visibili e gli occhi rossi fiammeggianti. Corse in direzione di quello che, ne era sicuro, era l'Anuk-ite, e gli si gettò addosso, conficcando gli artigli nella sua schiena, ruggendo ferocemente, più per far coraggio a sé stesso che per incutere timore. Il ragazzo emise un lamento soffocato, mentre si girava, cercando di colpire Scott, ma l'altro schivò il colpo, calciandolo allo stomaco e facendolo sbattere contro uno degli alberi dietro di lui.

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